CAPITOLO 20

In Gv 20,1-10 si parla esplicitamente di risurrezione solo una volta; al contrario si parla piuttosto di sepolcro (7 volte in 8 versetti) e sepolcro vuoto; e una tomba vuota non dice che Gesù è risorto, ma soltanto che non c’è più. Infatti la conclusione a cui arriva Maria Maddalena non è che Gesù è risorto, ma che: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo  dove l’hanno posto!».

I racconti sulla “risurrezione” rispecchiano:

Þ     la lenta presa di coscienza da parte dei discepoli del fatto che la Croce, per Gesù, non è stata una fine, ma il ritorno al Padre.

Þ     i diversi stadi del “cammino del credere” presenti in una comunità e come il Signore aiuta a superare lo choc della Croce e la “nuova presenza” di Gesù. 

Þ     la situazione di una comunità dispersa. In Gv 16, 32 Gesù aveva detto: «Ecco l’ora in cui vi disperderete e mi lascerete solo». Infatti Maria corre e va da Simon Pietro e dall’altro discepolo. A loro Maria anziché dire :«hanno tolto la pietra», dice: «hanno tolto il Signore». E poi dice: «non sappiamo dove l’hanno posto». Qui l’evangelista mette in bocca a Maria un soggetto plurale: «non sappiamo»: tutta la comunità è nella tenebra.

Þ     la situazione di una comunità dispersa che torna ad essere radunata: ai piedi della croce (discepolo, Maria la madre), nella sepoltura (Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo), attorno al sepolcro vuoto (Maria e i due discepoli), nella casa liturgica, sul mare del lavoro e all’aperto sulla spiaggia.

 

ALCUNE PREMESSE.

1) Attenzione alle annotazioni di  tempo:

vv. 1-18: episodi legati al mattino di Pasqua, “nel giorno dopo il sabato”;

vv.19-23: l'apparizione di Gesù agli undici, si annota: "la sera di quello stesso giorno";

vv.26-29 l'apparizione presente Tommaso, si dice: "otto giorni dopo".

Questa annotazione temporale potrebbe avere due significati:

a) Valorizzazione del GIORNO DOPO IL SABATO che all’epoca della stesura dell’Evangelo è già diventato il Giorno del Signore, Dominica dies, cuore pulsante che dà ritmo alla comunità.

b) La CREAZIONE e la storia dell’ALLEANZA ricominciano da capo. Anche in altre parti dell’Evangelo, Giovanni fa teologia e catechesi conteggiando i giorni della settimana. Il riferimento ci rimanda allo schema temporale della creazione del mondo in sette giorni (Genesi) e alla Pasqua (Esodo) che ritmerà l’Alleanza. Nella settimana inaugurale dell’attività di Gesù gli eventi sono scanditi con meticolosa precisione[1]. Anche in 19,42 si dice che la sepoltura avviene nel giorno di Parasceve, cioè la vigilia del settimo giorno, la Pasqua. Dunque il giorno dopo il sabato, per Giovanni, è il NUOVO GIORNO della creazione e della Alleanza. Ma è anche il GIORNO CHE NON C’E’, IL GIORNO CHE SARÀ, l’OTTAVO GIORNO.

2) Attenzione agli “interessi” di Giovanni.

Gli episodi raccontati da Giovanni fanno parte di materiale tradizionale presente anche in Mt, Mc, Lc. Però questi materiali tradizionali sono intercalati con materiali propri di GV. che non si trovano negli altri Evangelisti. Potremmo confrontare con Mc 16,1-8:

§         Le donne: in Marco sono tre; in Giovanni è una sola.

§         Gli angeli: in Marco è uno solo; in Giovanni sono due.

§         L’incarico: in Marco "va a dire ai discepoli che li precedo in Galilea", in Giovanni "va a dire ai discepoli: ascendo al padre mio e Padre vostro" .

Probabilmente GV. ha radunato qui due tradizioni diverse e ripensa questi materiali collocandoli in un quadro diverso e originale; così scopriamo ciò che sta a cuore all’evangelista.

Identifichiamo quattro interessi particolari di questo Evangelista:

1) Interesse liturgico.  Tutti gli episodi sono collocati nel giorno del Signore, la Pasqua o otto giorni dopo. Non dimentichiamo che quando GV.  scrive, il giorno del Signore è già riconosciuto e celebrato dalle comunità cristiane come memoria delle risurrezione e giorno della chiesa.

2) Interesse apologetico. GV. è attento ad offrire argomenti contro opinioni errate, per esempio contro chi pensava ad un trafugamento del cadavere (un ladro non avrebbe piegato lenzuola e sudario!) , ad una allucinazione dei discepoli, oppure a chi sosteneva che non si trattasse di una vera risurrezione del corpo.  Ci tiene inoltre a dire che non solo alcune donne hanno constatato, ma anche i discepoli.

3) Interesse cristologico. Per Giovanni il Gesù risorto ha una vera continuità con il  Gesù terreno crocifisso e una vera diversità. Gli restano le STIGMATE DA CROCIFISSO, contro ogni deviazione spiritualista. Il VERBO SI E’ FATTO - ed è rimasto - CARNE.

4) Interesse ecclesiale. GV. è interessato alla risurrezione di Gesù: se è risorto, come è risorto. Ma pare contemporaneamente anche molto interessato all’itinerario di fede dei discepoli e cioè: come comprendere la risurrezione di Gesù? Cosa significa credere nel Cristo risorto? Come accettare la risurrezione nella fede? Quali ostacoli superare? Cosa significa che Cristo è risorto? Cosa significa per la mia salvezza? Che rapporto devo instaurare adesso con Lui, dove Lo incontro, come si fa a scorgerlo, a incontrarLo? Non è escluso che dietro questa domanda ci fosse tutto l'interrogativo della comunità dei primi cristiani i quali forse pensavano: fortunati i primi discepoli che hanno visto Gesù risorto. Giovanni risponde: «Beati quelli che pur non avendo visto crederanno». Beati quelli che credendo vedranno.

I QUATTRO EPISODI.

La Chiesa ricerca i segni del Risorto in quattro episodi.

 

1) I PRIMI DUE SI SVOLGONO PRESSO E  DENTRO LA TOMBA VUOTA

a)      PRIMO EPISODIO. MARIA E I DUE DISCEPOLI

b)      SECONDO EPISODIO. MARIA E GESU’

2) IL TERZO E IL QUARTO SI SVOLGONO IN CASA

c)      TERZO EPISODIO. GESU’ E I DISCEPOLI

d)     QUARTO EPISODIO. GESU’ E TOMMASO

 

Osservando questi quattro episodi ci si accorge che  c'è come un filo rosso che li lega costituito dalle parole “vedere” e “credere” e dal rapporto dinamico tra loro. La prima scena, quando i due discepoli vanno al sepolcro, termina con una constatazione che si riferisce al discepolo prediletto: "vide e credette". Non è ancora una fede del tutto perfetta fondata sull’aver visto. L'ultima scena: quella presente Tommaso (v.29): "vide e credette", ma anche la fede di Tommaso, fede positiva, è in qualche modo rimproverata: "beati quelli che crederanno senza aver veduto". Nel rapporto tra vedere e credere si insinua che c’è un altro modo di credere che è ancora più perfetto: credere senza vedere, credere per vedere. Il motivo del vedere il Signore ritorna anche nelle due scene centrali (2a e 3a) dove la Maddalena  e i discepoli “vedono” il Signore.

 

1) PRESSO E  DENTRO LA TOMBA VUOTA.

A) PRIMO EPISODIO (v. 1-10): Maria e i due discepoli.

[1] Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide (blépei) che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. [2] Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». [3] Uscì allora Simon Pietro insieme all’altro discepolo, e si recarono al sepolcro. [4] Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. [5] Chinatosi, vide (blépei) le bende per terra, ma non entrò. [6] Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide (theôreí) le bende per terra, [7] e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. [8] Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide (eíden) e credette (epísteusen). [9] Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti. [10] I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa.

 

MARIA.

Þ     Ambientazione: «Nel giorno dopo il sabato [...] quand’era ancora buio»;

Þ     Arrivo di Maria presso il sepolcro;

Þ     Ciò che essa vede: (cf. blépei) «la pietra ribaltata»;

Þ     Il suo ritorno da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, per comunicare la sua impressione (o annuncio): «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto».

I DUE DISCEPOLI.

Þ     Avvio presso il sepolcro di «Pietro insieme all’altro discepolo»;

Þ     Ciò che il discepolo più veloce vede: «le bende in terra»;

Þ     Ciò che il discepolo più lento vede: «le bende in terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non in terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte»;

Þ     Infine si ha il dato conclusivo, riguardante «l'altro discepolo» di cui si dice che «credette»;

Þ     La scena si chiude con una osservazione catechistica dell'evangelista: «Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti»;

Þ     Ritorno a “casa”: l’annotazione «I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa», serve all'evangelista per mettere fuori scena i due discepoli e per compiere il passaggio dalla loro scena a quella successiva dell'incontro tra Gesù e la Maddalena (vv.11-18).

 

Alcune riflessioni in margine all’articolazione delle due scene:

 a) LA PASQUA CREA MOVIMENTO.

Balza all’occhio che la scena è ritmata da frequenti verbi di movimento: si recò… corse… andò… uscì… si recarono… correvano… corse… giunse… giunse… lo seguiva… entrò… entrò… era giunto per primo… se ne tornarono. Anche Gesù “venne” (20,19; 26). Chi cerca? Chi è cercato? Sono i discepoli che lo cercano o Lui cerca loro? Questa scenografia movimentata è stata voluta dall’evangelista per fare teologia pasquale anche attraverso un espediente narrativo? La risposta non può che rimanere nel dubbio; tuttavia resta questo dato narrativo attraverso cui lo Spirito potrebbe dire qualcosa a noi. La Pasqua crea movimento nella chiesa?

 b) IL GIOCO DELLE PRECEDENZE E  DEI CARISMI.

Si nota uno strano “gioco narrativo. Maria torna indietro, avverte i discepoli, partono di corsa Pietro e il discepolo amato il quale arriva prima, però non entra, aspetta Pietro. Pietro entra per primo, però quando l’evangelista dice: "vide e credette" lo riferisce solo al discepolo amato. Quindi sotto un certo punto di vista sembra privilegiare il discepolo amato, ma da un altro punto di vista si afferma quasi la superiorità di Pietro; il discepolo amato non entra e aspetta Pietro. Questo gioco di precedenze lo si trova anche al cap.21, nell'episodio della pesca miracolosa: il primo che riconosce Gesù è il discepolo amato. però quello che si butta per raggiungere Gesù è Pietro. Sembra che il discepolo amato sia più chiaroveggente; ma  Pietro è più rispettato. Non è facilissimo interpretare questo simbolismo. Generalmente si dice che dietro la figura di Pietro e del discepolo prediletto si voglia simboleggiare le due forme che sono e che devono continuare ad essere presenti nella Chiesa: l'autorità (l'istituzione) e la profezia. Secondo GV. l'autorità ha un posto centrale, però la profezia è più chiaroveggente, arriva prima anche se ha bisogno dell'autorità e viceversa.

Il Card. Martini commenta: «Tutti siamo continuamente in ricerca di questi segni, che si manifestano nella nostra vita, nella presenza del Cristo nella nostra vita. Ciascuno di noi va a questi segni con temperamento e mentalità diversi. Abbiamo gli affettivi, come Maddalena, che cercano con ansietà; gli intuitivi, come Giovanni, che vedono immediatamente; i più lenti ma più solidi, come Pietro per essere poi di appoggio agli altri. Occorre contemplare con riconoscenza l'integrazione dei diversi doni nella Chiesa; noi tutti abbiamo diversi doni anche spirituali, che talora ci contrappongono, perchè alcuni sono più veloci, altri non hanno ancora visto, altri vanno in forma affettiva, altri in forma ragionativa, altri vogliono piuttosto le opere esteriori, altri sentono più le cose della contemplazione. L'essenziale è che ci unisca l’ansia di cercare i segni della presenza di Dio e di comunicarceli nella diversità, per arricchirci a vicenda. C'è chi accentua più l'aspetto sociale, chi più l'aspetto contemplativo, chi più la mortificazione, chi la gioia delle cose del mondo. Chi vede prima aiuta chi è più lento, chi è più esuberante dà forza a chi sarebbe più tardo, il quale d'altra parte ha più solidità e offre più fiducia».

c) LE TAPPE DEL CREDERE.

1) AVVICINARSIeCHINARSIeENTRARE. Maria Maddalena, Pietro e l'altro discepolo vanno al sepolcro e il loro movimento è progressivo: si va dal solo avvicinarsi di Maria Maddalena alla pietra rimossa, al chinarsi verso il sepolcro e ad entrarvi, prima da parte di Pietro e poi dell'altro discepolo.

 

2) COSA VEDONO: PIETRA RIMOSSAe BENDE A TERRAe SUDARIO PIEGATO. Anche il loro vedere “qualcosa” è crescente: Maria Maddalena vede solo la pietra rimossa; il discepolo arrivato per prima vede solo le bende; Pietro vede oltre alle bende per terra, anche il sudario disposto in maniera particolare (notare la strana insistenza narrativa dei particolari: «le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte»); infine l'altro discepolo vede anche lui il tutto e si dice che «credette».

 

 

3) VEDERE. Questo sviluppo crescente non è evidenziato solo dall'oggetto che viene visto, ma anche dai verbi "vedere";  l'evangelista ne usa tre (ci sarà pure una ragione!): blepô, theôreô e horaô.

·     Blepô è usato per designare una semplice visione materiale: è riferito sia a Maria che si ferma a vedere solo la pietra del sepolcro, sia al discepolo che era corso velocemente e aveva visto solo le bende;

·     theôreô indica un vedere materiale però attento, scrutatore: è applicato a Pietro che osserva attentamente le bende e il sudario piegato;

·     horaô indica una visione approfondita che esprime un atteggiamento di chi si apre alle visioni della fede: è il verbo usato dall'evangelista per il discepolo che Gesù amava, del quale alla fine si dice: «vide e credette».

 

4) GLI ESITI. L'atteggiamento finale dei tre discepoli rivela gli stadi in crescendo della maturazione del credere:

·         Maria Maddalena lascia il sepolcro pensando che Gesù sia stato portato via; rappresenta la fase di ricerca nel dubbio. Avrà bisogno di un …supplemento.

·         Pietro non si dice che cosa pensi dopo aver visto le bende e il sudario: semplicemente torna a casa; ma può aiutarci Lc 24,12: «Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l'accaduto»; rappresenta la fase di silenziosa rielaborazione interiore.

·         l'altro discepolo «vide[2] e credette»; rappresenta la fase di arrivo germinale della fede, ma occorrerà giungere alla beatitudine finale del “credere senza aver visto” o del “credere per poter vedere”.

 

5) IL PERCHE’ DI QUESTI ESITI. Infine è da rilevare come all'affermazione fatta all'inizio: «era ancora buio» (v. 1) corrisponda nel finale l'affermazione: «Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura» (v. 9): l'indicazione cronologica (buio) sembra essere anche teologica, nel senso che la mancanza di luce materiale esprime la mancanza di luce interiore di Maria e di Pietro che non comprendono che quella assenza di Gesù nel sepolcro è segno della Sua risurrezione di cui le Scritture avevano già parlato. Si pensi per esempio a Os 6,2: “dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo giorno ci farà rialzare e noi vivremo alla sua presenza”; o Gn 2,1-2.11: “il Signore dispose che un grosso pesce inghiottisse Giona; Giona restò nel ventre del pesce tre giorni e tre notti. Dal ventre del pesce Giona pregò il Signore suo Dio [...] e il Signore comandò al pesce ed esso rigettò Giona sull’asciutto”. O il Salmo 15 (16): «[9]Di questo gioisce il mio cuore, esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro, [10]perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la corruzione».  L’evangelista (2,22) in occasione delle nozze di Cana aveva già fatto notare: «quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù» (Gv 2,22); forse non basta credere alla Scrittura una volta per tutte.

 

B) SECONDO EPISODIO (v. 11-18): Maria e Gesù.

[11]Maria invece stava all'esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro [12]e vide (cf. theôreô) due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. [13]Ed essi le dissero:  «Donna, perché piangi?».  Rispose loro:  «Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto».  [14]Detto questo, si voltò indietro e vide (cf. theôreô)Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. [15]Le disse Gesù:  «Donna, perché piangi? Chi cerchi?».  Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse:  «Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo».  [16]Gesù le disse:  «Maria!».  Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico:  «Rabbunì!»,  che significa: Maestro mio! [17]Gesù le disse:  «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma và dai miei fratelli e dì loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro».  [18]Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli:  «Ho visto (cf. horaô)  il Signore»  e anche ciò che le aveva detto.

 

Il secondo episodio riguarda l’incontro di Maria Maddalena con Gesù (vv.11-18): sono due personalità di fronte. Il Signore (i due angeli) prende l’inziativa del dialogo-catechesi "Perché piangi?Chi cerchi?". Gesù comincia spesso con domande. Anche  ai discepoli di Emmaus aveva chiesto: "Di che cosa parlate?"; e ai primi due discepoli del Battista che lo seguono chiede: "Che cosa cercate?". E alle truppe che tentano di arrestarlo chiede «Chi cercate?». Cioè Gesù parte dalla situazione concreta in cui ci troviamo.

 

a) LA PERSONALITA’ E IL CAMMINO DELLA DISCEPOLA MARIA.

1) Maria Maddalena andava a cercare tra i morti colui che era già il Vivente. Era spinta da una grande amore per Gesù ma “era ancora buio”, come buia era la sua fede.  Giovanni ci presenta Maria come la più accanita nella sua ricerca amante ed è la prima a cui il Signore viene incontro. Se il cuore è tumultuoso vorrà dire che il Signore già lo sta attirando?

            2) Tuttavia anche per lei è necessario un “itinerario del credere”: piange, si china verso il sepolcro, vede (cf. theôreô) gli angeli, vede (cf. horaô) lo stesso Gesù. L’amore e la sofferenza l'aiuteranno a compiere un passaggio dall'esterno-all'interno-all’esterno del sepolcro (cf. v. 11). Un vero BATTESIMO.

3) L’evangelista per circa 40 volte ci presenta, in tutto l’evangelo, il mistero del «DOVE»: Maria, la nuova comunità, CERCANO Gesù DOVE NON E’. Maria, la madre, per l’evangelista è la donna che ha creduto senza avere visto e quindi non va alla tomba. Maria di Magdala, invece, va a questo sepolcro, ma come la sposa del Cantico, non trova il suo amato. Maria Maddalena cerca lontano ciò che è vicino, chiede con ansia e quasi con rimprovero ad una persona dove ha messo Gesù, mentre quella persona è Gesù. La situazione, raccontata con un filo di ironia, è esattamente la situazione dei due di Emmaus, la nostra situazione, tutte le volte che noi diciamo: «Ma, se le cose fossero diverse; se io fossi migliore di come sono; se avessi più intelligenza, più tempo; se avessi un carattere più adatto alle cose che devo fare; se la Chiesa fosse diversa, se la mia comunità fosse un'altra…». Ora, il messaggio dell’evangelista è: Apri gli occhi e vedi che, in questa situazione che tu stai vivendo, il Signore ti si manifesta e puoi renderlo presente con la tua carità, il tuo servizio, la tua fede.

 

b) LA DISCEPOLA MARIA E IL “CANTICO DEI CANTICI”.

L’evangelista dando tanta importanza alla figura di Maria di Magdala pare ispirarsi al Cantico dei Cantici. Tutta una serie di espressioni ci riportano al linguaggio e all’atmosfera del Cantico.

Dice Enzo Bianchi: «Nell'A-T. è Dio lo sposo fedele. Ricordiamo Osea, Geremia, il Cantico dei Cantici. Si diceva che il Messia sarebbe stato lo sposo. Quando Giovanni scrive, ha coscienza che nella tradizione paolina Gesù è chiamato sposo: Gesù sposo - la Chiesa sposa. Giovanni applica a Gesù la teologia di Dio-sposo. La comunità è sposa del Signore. E Origene scrive: «Ecco l'atteggiamento di chi ha nella chiesa una responsabilità: condurre la sposa allo sposo, favorire l'incontro e poi ritirarsi. Questo perché le persone - la sposa - sono dello sposo».

L’evangelista aveva, forse, già fatto ricorso al tema nuziale in occasione della sepoltura di Gesù con riferimento ai profumi aromatici con cui Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo vanno al sepolcro per imbalsamare il corpo di Gesù. Portano cento libbre (una quantità smisurata: 32 Kg.) di profumi usati tradizionalmente per i riti funerari, ma la precisione di Giovanni nell’elencarli (mirra e aloe) rivela forse un’intenzione teologica e catechistica; sono anche profumi sponsali. La mirra e l’aloe sono profumi per il letto matrimoniale (In Proverbi 7,17-19 una donna dice al proprio amante: «ho profumato il mio letto di mirra, di aloè e di cinnamòmo. Vieni, inebriamoci d'amore fino al mattino»); sono profumi per i vestiti del re sposo (Salmo 44,9 «Le tue vesti profumano tutte di mirra, aloè e cassia»); sono profumi ricorrenti sempre in contesti nuziali (Cantico dei Cantici 3,6; 4,6.14; 5, 1. 13).

L’evangelista aveva, forse, già fatto ricorso al tema nuziale con riferimento alle bende (in greco: othonìois) con cui Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo avvolgono il corpo di Gesù; sono le stesse lenzuola matrimoniali a cui accenna il profeta Osea (2, 7.11) o vesti matrimoniali a cui fa cenno il Libro dei Giudici (14,13) in occasione del banchetto di matrimonio di Sansone. Il termine greco usato in tutti questi testi è sempre in greco othònia = lenzuolo o veste matrimoniale. Dunque, mentre Giovanni pare descrivere un particolare di cronaca di fatto sembra fare teologia e catechesi: Gesù è lo sposo rivestito di vesti sponsali e la tomba diventa la stanza e il letto matrimoniale. La descrizione della tomba con le bende e il sudario piegato corrisponde a molti testi dove si parla della stanza da nozze, il talamo[3]. Nella stanza da nozze c’erano sempre le lenzuola da una parte e un panno piegato dall’altra. Era il panno con cui poi si constatava che la sposa era arrivata vergine al matrimonio. Giovanni insiste su questi particolari per dire che siamo in un clima nuziale dove il sepolcro è diventato la camera nuziale.

In Ct 3, 1 abbiamo il dramma della sposa che di notte va a cercare lo sposo e non lo trova: nella notte ho cercato l’amato del mio cuore; l’ho cercato e non l’ho trovato.  La risposta di Maria per giustificare il pianto («Hanno tolto il mio Signore e non so dove l’hanno posto») può trovare un parallelo dal Ct. 3, 2 : Mi alzerò, farò il giro della città, voglio cercare l’amato del mio cuore. L’ho cercato e non l’ho trovato….Mi hanno incontrato i custodi della città che fanno la ronda: Avete visto l’amato del mio cuore? ….Avevo appena oltrepassato i custodi, che ho incontrato l’amato del mio cuore. L’ho abbracciato e non lo lascerò mai più finchè non lo porterò nella mia casa. La sposa del Cantico trova, dopo avere oltrepassato i custodi della città, l’amato del suo cuore. Maria sente pronunciare il proprio nome: Maria! Ella, voltandosi, le dice : Rabbuni - in ebraico - che significa mio maestro! La risveglia la voce dello sposo. Geremia 33, 11 per indicare i tempi messianici scrive: «Grida di gioia e grida di allegria, la voce dello sposo e la voce della sposa».  Gesù in Gv 10, 3 aveva detto «le mie pecore conoscono la mia voce». Il pastore dà un nome ad ogni pecora e le chiama ciascuna per nome e queste riconoscono la voce del pastore: ecco l’incontro, ecco le nozze messianiche. Rabbuni è anche il termine che viene dato dalla sposa al marito. Ad esempio Sara chiama Abramo, quando lo incontra: mio Signore, mio maestro.

Ha detto Karl Rahner: «Nel futuro il Cristianesimo sarà mistico o sparirà». Quello di Gv è il vangelo della fede che rimane, della fede matura. In questo senso, allora, è il vangelo di chi non si accontenta di una fede “efficientistica”, fatta di decisione, di conoscenza, di testimonianza: la fede ha bisogno anche della dimensione mistica, che mette dimora là dove Gesù ha la sua dimora.

 

2) IN CASA.

C) TERZO EPISODIO (20,19-23): Gesù e i discepoli.

Il terzo episodio riguarda la manifestazione di Gesù ai suoi.

19 La sera di quello stesso  giorno, che  era  il primo della settimana (letteralmente dal testo greco: uno dei sabati), mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, Gesù venne e si presentò in mezzo a loro, e disse: «Pace a voi» 20 E, detto questo, mostrò loro le mani e il costato {pleura}. I discepoli dunque , veduto {horaô} il Signore, si rallegrarono {chairô}. 21 Allora Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi. Come il Padre mi ha mandato {apostellô}, anch'io mando {pempô} voi».22 Detto questo, soffiò su di loro e disse: «Accogliete {lambanô}  Spirito Santo. 23 A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati; a chi li riterrete, saranno ritenuti ».

 

1)I discepoli pur avendo visto la tomba vuota e avendo sentito la notizia della risurrezione da parte di Maria di Magdala, non avevano ancora incontrato Gesù risorto. Occorre arrivare a incontrarlo personalmente. I segni e i testimoni sono necessari, come tappe di avvicinamento, ma mi viene chiesto di arrivare ad incontrare Lui.

 La scena che si apre è speculare all’ingresso nel sepolcro da parte dei discepoli: qui è Gesù che entra nel sepolcro della comunità, sepolcro ancora chiuso dalla pietra della paura e dell’incredulità non ancora ribaltata. Maria di Magdala lo cerca e Lui si fa trovare; qui i discepoli non lo cercano e Lui si offre (venne) prendendo l’iniziativa. Il fatto ci richiama quanto abbiamo letto nella 3° dom. di quaresima A: Esodo 17, 3-5[4]. Il Signore garantisce la sua presenza anche in mezzo a un popolo mormoratore che si chiede: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?».

 

2) Bisognerebbe leggere questa scena dopo aver letto i discorsi d'addio nel cap. 16, dove Gesù dice: "vi darò il mio Spirito", ecco che dà lo Spirito; dice " vi darò la mia pace" ed ecco la pace; dice "ritornerò a voi" ecco  che è ritornato; dice "avrete la gioia" ecco la gioia. Secondo GV. il Cristo non aspetta ad offrirci nell’altra vita i beni promessi, ma già ora. anche se evidentemente non in pienezza.

 

3)Il racconto narra una solenne cristofania, manifestazione, nel giorno del Signore e mentre la chiesa è riunita sebbene per paura.  La si potrebbe chiamare "La Pentecoste". Per Giovanni avviene tutto all'interno di poche ore: morte, glorificazione, costituzione della Chiesa, dono dello Spirito. Non c'è bisogno di 50 giorni. La sua non è una apparizione estemporanea, e Gv non vuole narrare che Gesù si rende visibile per un momento e poi torna invisibile, ma è l’inaugurazione di un modo stabile di presenza d’ora in avanti.

 

1.                  Gesù fa un'azione simbolica: dopo aver detto "pace voi" alita su di loro. Quel gesto dell'alito è di particolare suggestione. Il verbo che usa Gv. {emfusaô} ricorre due volte nell’AT: una quando crea l’uomo e gli soffia nelle narici l’alito di vita (Gen. 2,7) e l’altra in Ezechiele 37 dove lo spirito plana su una valle di cadaveri e di ossa. Ci dà un “cuore nuovo” (Ger. 31,33)[5].

 

2.                  «mostrò loro le mani e il costato». Gesù risorto ma con le stigmate da crocifisso.

Le mani che mostra sono quelle stesse che ha lavato i piedi ai discepoli, quelle inchiodate per sempre ad un amore crocifisso, quelle dalle quali nessuno può rapirci (Gv 10, 28).

Il fianco (pleura= la stessa parola che usa Genesi per il costato di Adamo da cui fu tratta Eva) che mostra è la roccia percossa da Mosè e da cui scaturisce acqua per i nostri aridi deserti (Esodo 17,3-5«In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua…Allora Mosè invocò l’aiuto del Signore…Il Signore disse a Mosè: «… Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo… tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». .. Si chiamò quel luogo Massa e Meriba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?>>), è il lato destro del tempio da cui scaturisce un fiume di acqua viva che svelena  e feconda come aveva promesso il profeta Ezechiele 47, 1-12: «Mi condusse poi all'ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua sotto il lato destro del tempio…Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il fiume, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché quelle acque dove giungono, risanano e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Sulle sue rive vi saranno pescatori, vi sarà una distesa di reti. I pesci saranno abbondanti. Lungo il fiume, su una riva e sull'altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto…I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina». Queste ferite aperte sono l’Eucaristia domenicale, tema sviluppato successivamente nel cap. 21.

 

3.                  Gesù dice «Accogliete (prendete) Spirito Santo». E’ una supplica più che un ordine: si riceve se si accoglie. Già sulla croce lo Spirito era stato donato; ora si tratta di accogliere quel dono. E siccome Spirito Santo è amore, eccone le conseguenze: «A chi rimetterete i peccati saranno rimessi».  Il perdono è “iper-dono”, super-amore. «Noi sappiamo di essere passati da morte a vita se amiamo i fratelli» (1 Giov. 3, 14). Secondo Giovanni, il risorto lo incontro la dove c'è il perdono inteso non solo come sacramento amministrato da pochi apostoli, ma come riconciliazione esercitata da tutti i discepoli. Perdonare: il Padre ha mandato il Figlio per salvare il mondo non per giudicarlo e condannarlo. La comunità da una parte deve presentare una parola che mette l'uomo con le spalle al muro, non lo lascia quieto, e dall'altra deve far prevalere più la pazienza di Dio che l’impazienza efficientista ed escludente.

 

4.                  "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". Gesù consegna la missione. La presenza di Gesù apre una direzione verso l’esterno. In Mt e Lc il discorso è più ampio. GV se la cava con una frase, però che contiene tutto. La missione del Cristo è l'origine ed il modello (“come…”) della missione del discepolo.

Possiamo ricordare altri passi dell’evangelo di Gv dove Gesù ci dà l’indicazione del COME: Gv. 13, 15 quando lava i piedi: «Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi»; Gv. 13,34: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato».

 

5.                  C’è un passaggio dalla “paura” alla “gioia” dove però la “gioia” non si intende solo “il sorriso del devoto beota” ma la franchezza inossidabile della testimonianza.

 

Il tema della paura è presente altre tre volte nell’Evangelo Giovanni:

-          Gv.7,13, dove si  dice che la folla aveva paura delle autorità a prendere posizione in pubblico in favore di Gesù.

-          Gv.9,22: i genitori del cieco nato avevano paura di essere scomunicati dalla sinagoga.

-          Gv.12,22: alcuni altolocati erano dalla parte di Gesù, ma avevano paura a dichiararsi perché non volevano rimetterci la loro posizione.

C’è una parola creata proprio dal quarto evangelista che testimonia la grande paura: apo-synagogòs (cioè “scacciato/scomunicato dalla sinagoga”).

-          Gv. 9,34: il cieco nato confessa Gesù e viene cacciato fuori dalla sinagoga;

-          Gv 12,42: si ricorda la decisione dei farisei di scacciare chi confessa Gesù come “Cristo”;

-          Gv 16,2: Gesù predice: «Vi cacceranno dalle sinagoghe».

Il vangelo di Gv scaturisce da una fede sofferta, che necessita una confessione costosa, a caro prezzo, poiché richiede di dividersi da qualche cosa che appartiene alle proprie origini. Il vangelo di Gv è orientato a sostenere una fede “adulta”, ossia una fede matura, piena. Si tratta, cioè, di una fede che giunge non soltanto ad accogliere la testimonianza, ma a riprodurla. La fede piena non è quella che si pensa nel proprio intimo, che Dio solo vede, ed in ragione della quale Egli sicuramente salverà. Se da un lato tale fede è sì sufficiente alla salvezza, dall’altro la fede piena, come la intende Gv, va dall’accoglienza intima alla testimonianza pubblica, esplicita e consapevole del Verbo. La fede - secondo Gv - non è soltanto conoscenza, ma anche testimonianza: credere che «Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio» è fare della fede una proclamazione pubblica.

Ad esempio, Nicodèmo è un uomo che arriverà a fare la sua professione non a parole, ma con un gesto: insieme a Giuseppe di Arimatèa andrà ad accogliere Gesù calandolo dalla croce, ricevendo proprio la sua salma, con un’azione che lo escluderà addirittura dalla Pasqua giudaica. Infatti il libro dei Numeri legifera che chi tocca un cadavere si contamina e quindi non può celebrare la Pasqua (Nm 19,11-13). Quando Gesù muore, la Pasqua sta per essere celebrata ed è necessario togliere subito i cadaveri dalle croci; con la loro scelta, Nicodèmo e Giuseppe di Arimatèa preferiscono la Pasqua di Gesù alla Pasqua ebraica.

 

D) QUARTO EPISODIO (v. 24-29): Gesù e Tommaso.

[24]Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Gemello, non era accanto a loro quando venne Gesù. [25]Gli dissero allora gli altri discepoli:  «Abbiamo visto {horaô}  il Signore!».  Ma egli disse loro:  «Se non vedo {horaô} nelle sue mani il sigillo {tupos}  dei chiodi e non metto il dito nell’impronta {tupos} dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò».  [26]Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era accanto a  loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse:  «Pace a voi!».  [27]Poi disse a Tommaso:  «Metti qua il tuo dito e guarda {horaô} le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo{apistos} ma credente{pistos}!».  [28]Rispose Tommaso:  «Mio Signore e mio Dio!».  [29]Gesù gli disse:  «Perché mi hai veduto{horaô}, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto{horaô}  crederanno!».  [30]Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. [31]Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

 

L'ultimo episodio riguarda l’incontro tra Gesù e Tommaso, il discepolo che elabora il proprio cammino di fede dentro una comunità, in giorno di domenica.

 

In Gv il termine “dodici” ricorre qui e altre due volte dopo il dono del pane (Gv 6,70-71) dove l’espressione “uno dei dodici” è riservata al traditore. Strano accostamento di Giovanni. In genere Gv usa il termine “discepoli” nel significato più ampio del termine.

 Solo Giovanni associa al nome di Tommaso il soprannome di “gemello”. Forse è anche gemello, in senso figurato: gemello di Giuda con cui condivide il rischio della incredulità; gemello nostro e della nostra incredulità; gemello di Gesù nel senso che gli dice “di essere disposto a morire a suo fianco” (Gv. 11, 16).

Non solo non era “insieme”, ma neppure “vicino”. Abbiamo già trovato questa espressione quando in Gv. 18, 26 Pietro, identificato come uno di quelli che “erano accanto a Gesù” (met' aÙtoà), nega. Qui Gv intende valorizzare la comunità come laboratorio e utero per la germinazione della fede. Infatti tra poco finalmente sarà “accanto a loro”.

 

Mettere le dita nel sigillo (impronta=tupos)  dei chiodi: sono il sigillo dell’identità di Gesù. Tommaso non vuole che le ferite siano rimarginate e chiuse, ma restino aperte anche per lui e quelli come lui.

C’è un tocco di Tommaso che lo porta alla soglia della fede. Ma “Beati quelli che crederanno senza aver visto” non significa andare verso una fede spiritualizzata. Gesù risorto resta con le stimmate della carne e della crocifissione. Lo stesso Giovanni nella sua prima lettera al cap. 4, 14: «Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi». L'incontro con Cristo è pasquale, ma è anche materialissimo, perchè è nelle nostre relazioni, è nell'incontro con gli altri, è dentro la comunità, nei nuovi rapporti che si instaurano anche col mondo.

 

 



[1] 1° giorno: il profeta Giovanni battezza ; 2° giorno al v.29 “Il giorno dopo”: il Battezzatore incontra Gesù;  3° giorno al v.35 “Il giorno dopo”:  i suoi discepoli incontrano Gesù; 4° giorno al v. 43 “Il giorno dopo”: Gesù incontra Filippo e Natanaele; poi in 2,1 le nozze di Cana avvengono “tre giorni dopo”; e siamo così al settimo giorno.

[2] L’evangelista usa il verbo horaô con il tempo “aoristo” (in greco lo si usa per indicare un’azione totalmente compiuta), per indicare appunto una fede che giunge a un suo vertice e non ha più bisogno di progredire perché è già perfetta. Che la fede di Giovanni sia perfetta lo si deduce dal parallelismo con la fede che più avanti Gesù chiede, e cioè la fede di chi crede senza vedere, espressa anch’essa all’aoristo e con lo stesso verbo (v. 29: «Beati coloro che non hanno visto e hanno creduto»). Il tempo all’aoristo, per esempio, non lo si usa per esprimere la fede di Tommaso (l’evangelista usa il tempo piuccheperfetto) fede grande tanto da dire “Mio Signore e mio Dio”, ma non ancora  perfetta perché cresce solo quando vede e tocca Gesù.

[3] A riguardo della risurrezione di Lazzaro, Giovanni usa particolari narrativi diversi e non si trova il temine othonìois per indicare il lenzuolo( 11:4) Il morto uscì, con i  piedi e le mani avvolti da fasce {dedemšnoj}, e  il  viso  coperto  da un sudario {soudarion}. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare».

[4] «In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua…Allora Mosè invocò l’aiuto del Signore…Il Signore disse a Mosè: «… Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo… tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». .. Si chiamò quel luogo Massa e Meriba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?>>

[5] «Questa sarà l'alleanza che io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore: Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo».