In Gv 20,1-10 si parla esplicitamente di risurrezione solo una volta; al
contrario si parla piuttosto di sepolcro
(7 volte in 8 versetti) e sepolcro vuoto;
e una tomba vuota non dice che Gesù è risorto, ma soltanto che non c’è più.
Infatti la conclusione a cui arriva Maria Maddalena non è che Gesù è risorto,
ma che: «Hanno portato via il Signore dal
sepolcro e non sappiamo dove l’hanno
posto!».
I racconti sulla “risurrezione” rispecchiano:
Þ la lenta presa di coscienza
da parte dei discepoli del fatto che la Croce, per Gesù, non è stata una fine, ma il ritorno al Padre.
Þ i diversi stadi del
“cammino del credere” presenti in una comunità e come il Signore aiuta a
superare lo choc della Croce e la “nuova presenza” di Gesù.
Þ la situazione di una comunità
dispersa. In Gv 16, 32 Gesù aveva detto: «Ecco
l’ora in cui vi disperderete e mi lascerete solo». Infatti Maria corre e va
da Simon Pietro e dall’altro discepolo. A loro Maria anziché dire :«hanno tolto
la pietra», dice: «hanno tolto il Signore».
E poi dice: «non sappiamo dove l’hanno
posto». Qui l’evangelista mette in bocca a Maria un soggetto plurale: «non sappiamo»: tutta la comunità è
nella tenebra.
Þ la situazione di una
comunità dispersa che torna ad essere radunata: ai piedi della croce (discepolo,
Maria la madre), nella sepoltura (Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo), attorno al
sepolcro vuoto (Maria e i due discepoli), nella casa liturgica, sul mare del
lavoro e all’aperto sulla spiaggia.
1) Attenzione alle annotazioni di tempo:
vv. 1-18: episodi legati al mattino di
Pasqua, “nel giorno dopo il sabato”;
vv.19-23: l'apparizione di Gesù agli
undici, si annota: "la sera di
quello stesso giorno";
vv.26-
Questa
annotazione temporale potrebbe avere due significati:
a) Valorizzazione del GIORNO DOPO IL
SABATO che all’epoca della stesura dell’Evangelo è già diventato il Giorno del Signore, Dominica dies, cuore pulsante che dà
ritmo alla comunità.
b) La CREAZIONE e la storia
dell’ALLEANZA ricominciano da capo. Anche in altre parti dell’Evangelo,
Giovanni fa teologia e catechesi conteggiando i giorni della settimana. Il
riferimento ci rimanda allo schema temporale della creazione del mondo in sette
giorni (Genesi) e alla Pasqua (Esodo) che ritmerà l’Alleanza. Nella settimana
inaugurale dell’attività di Gesù gli eventi sono scanditi con meticolosa
precisione[1].
Anche in 19,42 si dice che la sepoltura avviene nel giorno di Parasceve, cioè
la vigilia del settimo giorno,
2) Attenzione agli “interessi” di Giovanni.
Gli
episodi raccontati da Giovanni fanno parte di materiale tradizionale presente
anche in Mt, Mc, Lc. Però questi materiali tradizionali sono intercalati con
materiali propri di GV. che non si trovano negli altri Evangelisti. Potremmo
confrontare con Mc 16,1-8:
§
Le donne:
in Marco sono tre; in Giovanni è una sola.
§
Gli angeli:
in Marco è uno solo; in Giovanni sono due.
§
L’incarico:
in Marco "va a dire ai discepoli che
li precedo in Galilea", in Giovanni "va a dire ai discepoli: ascendo al padre mio e Padre vostro" .
Probabilmente
GV. ha radunato qui due tradizioni diverse e ripensa questi materiali
collocandoli in un quadro diverso e originale; così scopriamo ciò che sta a
cuore all’evangelista.
Identifichiamo
quattro interessi particolari di questo Evangelista:
1) Interesse liturgico. Tutti gli episodi
sono collocati nel giorno del Signore, la Pasqua o otto giorni dopo. Non
dimentichiamo che quando GV. scrive, il
giorno del Signore è già riconosciuto e celebrato dalle comunità cristiane come
memoria delle risurrezione e giorno della chiesa.
2) Interesse apologetico. GV. è attento ad offrire argomenti contro opinioni
errate, per esempio contro chi pensava ad un trafugamento del cadavere (un
ladro non avrebbe piegato lenzuola e sudario!) , ad una allucinazione dei
discepoli, oppure a chi sosteneva che non si trattasse di una vera risurrezione
del corpo. Ci tiene inoltre a dire che
non solo alcune donne hanno constatato, ma anche i discepoli.
3) Interesse cristologico. Per Giovanni il Gesù risorto ha una vera continuità
con il Gesù terreno crocifisso e una
vera diversità. Gli restano le STIGMATE DA CROCIFISSO, contro ogni deviazione
spiritualista. Il VERBO SI E’ FATTO - ed è rimasto - CARNE.
4) Interesse ecclesiale. GV. è interessato alla risurrezione di Gesù: se è risorto, come è risorto. Ma pare
contemporaneamente anche molto interessato all’itinerario
di fede dei discepoli e cioè: come comprendere la risurrezione di Gesù?
Cosa significa credere nel Cristo risorto? Come accettare la risurrezione nella
fede? Quali ostacoli superare? Cosa significa che Cristo è risorto? Cosa
significa per la mia salvezza? Che rapporto devo instaurare adesso con Lui,
dove Lo incontro, come si fa a scorgerlo, a incontrarLo? Non è escluso che
dietro questa domanda ci fosse tutto l'interrogativo della comunità dei primi
cristiani i quali forse pensavano: fortunati i primi discepoli che hanno visto
Gesù risorto. Giovanni risponde: «Beati
quelli che pur non avendo visto crederanno». Beati quelli che credendo
vedranno.
La Chiesa ricerca i segni del Risorto in quattro
episodi.
1) I PRIMI
DUE SI SVOLGONO PRESSO E DENTRO
a)
PRIMO EPISODIO. MARIA E I
DUE DISCEPOLI
b)
SECONDO EPISODIO. MARIA E
GESU’
2) IL TERZO E
IL QUARTO SI SVOLGONO IN CASA
c)
TERZO EPISODIO. GESU’ E I DISCEPOLI
d)
QUARTO EPISODIO. GESU’ E TOMMASO
Osservando questi quattro episodi ci si accorge
che c'è come un filo rosso che li lega
costituito dalle parole “vedere” e “credere” e dal rapporto dinamico tra loro. La
prima scena, quando i due discepoli vanno al sepolcro, termina con una
constatazione che si riferisce al discepolo prediletto: "vide e
credette". Non è ancora una fede del tutto perfetta fondata sull’aver
visto. L'ultima scena: quella presente Tommaso (v.29): "vide e
credette", ma anche la fede di Tommaso, fede positiva, è in qualche
modo rimproverata: "beati quelli che crederanno senza aver veduto". Nel
rapporto tra vedere e credere si insinua che c’è un altro modo di credere che è
ancora più perfetto: credere senza vedere, credere per vedere. Il motivo
del vedere il Signore ritorna anche
nelle due scene centrali (2a e 3a) dove la Maddalena e i discepoli “vedono” il Signore.
[1] Nel
giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino,
quand’era ancora buio, e vide (blépei) che la pietra era stata ribaltata
dal sepolcro. [2] Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo,
quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro
e non sappiamo dove l’hanno posto!». [3] Uscì allora Simon Pietro insieme
all’altro discepolo, e si recarono al sepolcro. [4] Correvano insieme tutti e
due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al
sepolcro. [5] Chinatosi, vide (blépei) le bende per terra, ma non entrò. [6] Giunse intanto anche Simon
Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide (theôreí) le bende per terra, [7] e il sudario, che gli era stato posto sul
capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. [8] Allora
entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide
(eíden) e credette (epísteusen). [9] Non avevano infatti ancora compreso
la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti. [10] I discepoli
intanto se ne tornarono di nuovo a casa.
MARIA.
Þ Ambientazione: «Nel giorno dopo il sabato [...] quand’era
ancora buio»;
Þ Arrivo di Maria presso il
sepolcro;
Þ Ciò che essa vede:
(cf. blépei) «la pietra ribaltata»;
Þ Il suo ritorno da Simon
Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, per comunicare la sua
impressione (o annuncio): «Hanno portato
via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto».
I DUE DISCEPOLI.
Þ Avvio presso il sepolcro di
«Pietro insieme all’altro discepolo»;
Þ Ciò che il discepolo più
veloce vede: «le bende in terra»;
Þ Ciò che il discepolo più
lento vede: «le bende
in terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non in terra con le
bende, ma piegato in un luogo a parte»;
Þ Infine si ha il dato
conclusivo, riguardante «l'altro discepolo» di cui si dice che «credette»;
Þ La scena si chiude con una
osservazione catechistica dell'evangelista: «Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva
risuscitare dai morti»;
Þ Ritorno a “casa”:
l’annotazione «I discepoli intanto se ne
tornarono di nuovo a casa», serve all'evangelista per mettere fuori scena i
due discepoli e per compiere il passaggio dalla loro scena a quella successiva
dell'incontro tra Gesù e la Maddalena (vv.11-18).
Alcune riflessioni in margine all’articolazione
delle due scene:
Balza all’occhio che la
scena è ritmata da frequenti verbi di movimento: si recò… corse… andò… uscì… si recarono… correvano… corse… giunse…
giunse… lo seguiva… entrò… entrò… era giunto per primo… se ne tornarono.
Anche Gesù “venne” (20,19; 26). Chi
cerca? Chi è cercato? Sono i discepoli che lo cercano o Lui cerca loro? Questa
scenografia movimentata è stata voluta dall’evangelista per fare teologia
pasquale anche attraverso un espediente narrativo? La risposta non può che
rimanere nel dubbio; tuttavia resta questo dato narrativo attraverso cui lo
Spirito potrebbe dire qualcosa a noi. La
Pasqua crea movimento nella chiesa?
Si nota uno strano “gioco narrativo.
Maria torna indietro, avverte i discepoli, partono di corsa Pietro e il
discepolo amato il quale arriva prima, però non entra, aspetta Pietro. Pietro
entra per primo, però quando l’evangelista dice: "vide e credette" lo
riferisce solo al discepolo amato. Quindi sotto un certo punto di vista sembra
privilegiare il discepolo amato, ma da un altro punto di vista si afferma quasi
la superiorità di Pietro; il discepolo amato non entra e aspetta Pietro. Questo
gioco di precedenze lo si trova anche al cap.21, nell'episodio della pesca
miracolosa: il primo che riconosce Gesù è il discepolo amato. però quello che
si butta per raggiungere Gesù è Pietro. Sembra che il discepolo amato sia più
chiaroveggente; ma Pietro è più
rispettato. Non è facilissimo interpretare questo simbolismo. Generalmente si
dice che dietro la figura di Pietro e del discepolo prediletto si voglia
simboleggiare le due forme che sono e che devono continuare ad essere presenti
nella Chiesa: l'autorità (l'istituzione) e
Il Card. Martini commenta:
«Tutti siamo continuamente in ricerca di
questi segni, che si manifestano nella nostra vita, nella presenza del Cristo
nella nostra vita. Ciascuno di noi va a questi segni con temperamento e
mentalità diversi. Abbiamo gli affettivi, come Maddalena, che cercano
con ansietà; gli intuitivi, come Giovanni, che vedono immediatamente; i più
lenti ma più solidi, come Pietro per essere poi di appoggio agli altri.
Occorre contemplare con riconoscenza l'integrazione dei diversi doni nella
Chiesa; noi tutti abbiamo diversi doni anche spirituali, che talora ci
contrappongono, perchè alcuni sono più veloci, altri non hanno ancora visto,
altri vanno in forma affettiva, altri in forma ragionativa, altri vogliono
piuttosto le opere esteriori, altri sentono più le cose della contemplazione.
L'essenziale è che ci unisca l’ansia di cercare i segni della presenza di Dio e
di comunicarceli nella diversità, per arricchirci a vicenda. C'è chi accentua
più l'aspetto sociale, chi più l'aspetto contemplativo, chi più la
mortificazione, chi la gioia delle cose del mondo. Chi vede prima aiuta chi è
più lento, chi è più esuberante dà forza a chi sarebbe più tardo, il quale
d'altra parte ha più solidità e offre più fiducia».
1)
AVVICINARSIeCHINARSIeENTRARE. Maria Maddalena,
Pietro e l'altro discepolo vanno al sepolcro e il loro movimento è
progressivo: si va dal solo avvicinarsi di Maria Maddalena alla pietra
rimossa, al chinarsi verso il sepolcro e ad entrarvi, prima da
parte di Pietro e poi dell'altro discepolo.
2)
COSA VEDONO: PIETRA RIMOSSAe BENDE A TERRAe SUDARIO PIEGATO. Anche il
loro vedere “qualcosa” è crescente: Maria Maddalena vede solo la pietra
rimossa; il discepolo arrivato per prima vede solo le bende; Pietro
vede oltre alle bende per terra, anche il sudario disposto in maniera
particolare (notare la strana insistenza narrativa dei particolari: «le bende
per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende,
ma piegato in un luogo a parte»); infine l'altro discepolo vede anche
lui il tutto e si dice che «credette».
3)
VEDERE. Questo sviluppo crescente non è evidenziato solo dall'oggetto che viene
visto, ma anche dai verbi "vedere"; l'evangelista ne usa tre (ci sarà pure una
ragione!): blepô, theôreô e horaô.
· Blepô è usato per designare una
semplice visione materiale: è riferito sia a Maria che si ferma a vedere solo la pietra del sepolcro, sia al
discepolo che era corso velocemente e
aveva visto solo le bende;
· theôreô indica un vedere materiale
però attento, scrutatore: è applicato a Pietro che osserva attentamente le
bende e il sudario piegato;
· horaô indica una visione
approfondita che esprime un atteggiamento di chi si apre alle visioni della
fede: è il verbo usato dall'evangelista per il discepolo che Gesù amava, del
quale alla fine si dice: «vide e credette».
4)
GLI ESITI. L'atteggiamento finale dei tre discepoli rivela gli stadi in
crescendo della maturazione del credere:
·
Maria Maddalena lascia il sepolcro pensando che Gesù sia stato
portato via; rappresenta la fase di ricerca nel dubbio. Avrà bisogno di un
…supplemento.
·
Pietro non si dice che cosa pensi dopo aver visto le bende e il
sudario: semplicemente torna a casa; ma può aiutarci Lc 24,12: «Pietro tuttavia corse al sepolcro e
chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l'accaduto»; rappresenta la fase di
silenziosa rielaborazione interiore.
·
l'altro discepolo «vide[2]
e credette»; rappresenta la fase di
arrivo germinale della fede, ma occorrerà giungere alla beatitudine finale del
“credere senza aver visto” o del “credere per poter vedere”.
5)
IL PERCHE’ DI QUESTI ESITI. Infine è da rilevare come all'affermazione fatta
all'inizio: «era ancora buio» (v. 1)
corrisponda nel finale l'affermazione: «Non
avevano infatti ancora compreso la Scrittura» (v. 9): l'indicazione
cronologica (buio) sembra essere anche teologica, nel senso che la mancanza di
luce materiale esprime la mancanza di luce interiore di Maria e di Pietro che
non comprendono che quella assenza di Gesù nel sepolcro è segno della Sua
risurrezione di cui le Scritture avevano già parlato. Si pensi per esempio a Os
6,2: “dopo due giorni ci ridarà la vita e
il terzo giorno ci farà rialzare e noi vivremo alla sua presenza”; o Gn
2,1-2.11: “il Signore dispose che un
grosso pesce inghiottisse Giona; Giona restò nel ventre del pesce tre giorni e
tre notti. Dal ventre del pesce Giona pregò il Signore suo Dio [...] e il
Signore comandò al pesce ed esso rigettò Giona sull’asciutto”. O il Salmo
15 (16): «[9]Di questo gioisce il mio
cuore, esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro, [10]perché non
abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la
corruzione». L’evangelista (2,22) in
occasione delle nozze di Cana aveva già fatto notare: «quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono
che aveva detto questo, e credettero
alla Scrittura e alla parola detta da Gesù» (Gv 2,22); forse non basta
credere alla Scrittura una volta per tutte.
[11]Maria invece stava all'esterno
vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro [12]e vide (cf.
theôreô) due angeli in bianche vesti,
seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il
corpo di Gesù. [13]Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro:
«Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto».
[14]Detto questo, si voltò
indietro e vide (cf. theôreô)Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. [15]Le
disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?».
Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a
prenderlo». [16]Gesù le disse: «Maria!».
Essa allora, voltatasi verso di
lui, gli disse in ebraico: «Rabbunì!», che significa: Maestro mio! [17]Gesù le
disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma và
dai miei fratelli e dì loro: Io salgo al
Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro». [18]Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli: «Ho visto
(cf. horaô) il
Signore» e anche ciò che le aveva detto.
Il secondo episodio
riguarda l’incontro di Maria Maddalena con Gesù (vv.11-18): sono due
personalità di fronte. Il Signore (i due angeli) prende l’inziativa del
dialogo-catechesi "Perché piangi?Chi cerchi?". Gesù comincia
spesso con domande. Anche ai discepoli di Emmaus aveva chiesto: "Di
che cosa parlate?"; e ai primi due discepoli del Battista che lo
seguono chiede: "Che cosa cercate?". E alle truppe che tentano
di arrestarlo chiede «Chi cercate?».
Cioè Gesù parte dalla situazione concreta in cui ci troviamo.
1) Maria Maddalena andava a
cercare tra i morti colui che era già il Vivente. Era spinta da una grande
amore per Gesù ma “era ancora buio”, come buia era la sua fede. Giovanni ci presenta Maria come la più
accanita nella sua ricerca amante ed è la prima a cui il Signore viene
incontro. Se il cuore è tumultuoso vorrà dire che il Signore già lo sta
attirando?
2) Tuttavia anche per lei è
necessario un “itinerario del credere”: piange, si china verso il sepolcro,
vede (cf. theôreô) gli angeli, vede
(cf. horaô) lo stesso Gesù. L’amore e
la sofferenza l'aiuteranno a compiere un passaggio
dall'esterno-all'interno-all’esterno del sepolcro (cf. v. 11). Un vero
BATTESIMO.
3) L’evangelista per circa
40 volte ci presenta, in tutto l’evangelo, il mistero del «DOVE»: Maria, la
nuova comunità, CERCANO Gesù DOVE NON E’. Maria, la madre, per l’evangelista è
la donna che ha creduto senza avere visto e quindi non va alla tomba. Maria di
Magdala, invece, va a questo sepolcro, ma come la sposa del Cantico, non trova
il suo amato. Maria Maddalena cerca lontano ciò che è vicino, chiede con ansia
e quasi con rimprovero ad una persona dove ha messo Gesù, mentre quella persona
è Gesù. La situazione, raccontata con un filo di ironia, è esattamente la
situazione dei due di Emmaus, la nostra situazione, tutte le volte che noi
diciamo: «Ma, se le cose fossero diverse; se io fossi migliore di come sono; se
avessi più intelligenza, più tempo; se avessi un carattere più adatto alle cose
che devo fare; se la Chiesa fosse diversa, se la mia comunità fosse un'altra…».
Ora, il messaggio dell’evangelista è: Apri gli occhi e vedi che, in questa
situazione che tu stai vivendo, il Signore ti si manifesta e puoi renderlo
presente con la tua carità, il tuo servizio, la tua fede.
L’evangelista
dando tanta importanza alla figura di Maria di Magdala pare ispirarsi al
Cantico dei Cantici. Tutta una serie di espressioni ci riportano al linguaggio
e all’atmosfera del Cantico.
Dice Enzo
Bianchi: «Nell'A-T. è Dio lo sposo
fedele. Ricordiamo Osea, Geremia, il Cantico dei Cantici. Si diceva che il
Messia sarebbe stato lo sposo. Quando Giovanni scrive, ha coscienza che nella
tradizione paolina Gesù è chiamato sposo:
Gesù sposo - la Chiesa sposa. Giovanni applica a Gesù la teologia di Dio-sposo.
La comunità è sposa del Signore. E Origene scrive: «Ecco l'atteggiamento di chi
ha nella chiesa una responsabilità: condurre la sposa allo sposo, favorire
l'incontro e poi ritirarsi. Questo
perché le persone - la sposa - sono dello sposo».
L’evangelista
aveva, forse, già fatto ricorso al tema nuziale in occasione della sepoltura di
Gesù con riferimento ai profumi aromatici con cui Giuseppe d’Arimatea e
Nicodemo vanno al sepolcro per imbalsamare il corpo di Gesù. Portano cento
libbre (una quantità smisurata:
L’evangelista
aveva, forse, già fatto ricorso al tema nuziale con riferimento alle bende (in
greco: othonìois) con cui Giuseppe
d’Arimatea e Nicodemo avvolgono il corpo di Gesù; sono le stesse lenzuola
matrimoniali a cui accenna il profeta Osea (2, 7.11) o vesti matrimoniali a cui
fa cenno il Libro dei Giudici (14,13) in occasione del banchetto di matrimonio
di Sansone. Il termine greco usato in tutti questi testi è sempre in greco othònia = lenzuolo o veste matrimoniale.
Dunque, mentre Giovanni pare descrivere un particolare di cronaca di fatto
sembra fare teologia e catechesi: Gesù è lo sposo rivestito di vesti sponsali e
la tomba diventa la stanza e il letto matrimoniale. La descrizione della tomba
con le bende e il sudario piegato corrisponde a molti testi dove si parla della
stanza da nozze, il talamo[3].
Nella stanza da nozze c’erano sempre le lenzuola da una parte e un panno
piegato dall’altra. Era il panno con cui poi si constatava che la sposa era
arrivata vergine al matrimonio. Giovanni insiste su questi particolari per dire
che siamo in un clima nuziale dove il sepolcro è diventato la camera nuziale.
In Ct 3, 1
abbiamo il dramma della sposa che di notte va a cercare lo sposo e non lo
trova: nella notte ho cercato l’amato del
mio cuore; l’ho cercato e non l’ho trovato.
La risposta di Maria per giustificare il pianto («Hanno tolto il mio Signore e
non so dove l’hanno posto») può trovare un parallelo dal Ct. 3, 2 : Mi
alzerò, farò il giro della città, voglio cercare l’amato del mio cuore. L’ho
cercato e non l’ho trovato….Mi hanno
incontrato i custodi della città che fanno la ronda: Avete visto l’amato del
mio cuore? ….Avevo appena
oltrepassato i custodi, che ho incontrato l’amato del mio cuore. L’ho
abbracciato e non lo lascerò mai più finchè non lo porterò nella mia casa.
La sposa del Cantico trova, dopo avere oltrepassato i custodi della città,
l’amato del suo cuore. Maria sente pronunciare il proprio nome: Maria! Ella, voltandosi, le dice : Rabbuni - in ebraico - che significa mio maestro! La risveglia
la voce dello sposo. Geremia 33, 11 per indicare i tempi messianici scrive: «Grida di gioia e grida di allegria, la voce
dello sposo e la voce della sposa». Gesù in Gv 10, 3 aveva detto «le mie pecore conoscono la mia voce». Il
pastore dà un nome ad ogni pecora e le chiama ciascuna per nome e queste
riconoscono la voce del pastore: ecco l’incontro, ecco le nozze messianiche. Rabbuni è anche il termine che viene
dato dalla sposa al marito. Ad esempio Sara chiama Abramo, quando lo incontra:
mio Signore, mio maestro.
Ha detto Karl
Rahner: «Nel futuro il Cristianesimo sarà mistico o sparirà». Quello di Gv è il
vangelo della fede che rimane, della fede matura. In questo senso, allora, è il
vangelo di chi non si accontenta di una fede “efficientistica”, fatta di
decisione, di conoscenza, di testimonianza: la fede ha bisogno anche della
dimensione mistica, che mette dimora là dove Gesù ha la sua dimora.
2) IN CASA.
C) TERZO
EPISODIO (20,19-23): Gesù e i discepoli.
Il terzo episodio riguarda la manifestazione di Gesù ai suoi.
19 La sera di quello stesso
giorno, che era il primo della settimana (letteralmente dal testo
greco: uno dei sabati), mentre erano
chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei,
Gesù venne e si presentò in mezzo a loro, e disse: «Pace a voi» 20 E,
detto questo, mostrò loro le mani e il costato {pleura}. I discepoli dunque ,
veduto {horaô} il Signore, si rallegrarono {chairô}. 21 Allora Gesù
disse loro di nuovo: «Pace a voi. Come il Padre mi ha mandato {apostellô},
anch'io mando {pempô} voi».22 Detto questo, soffiò su di loro e disse:
«Accogliete {lambanô} Spirito Santo.
1)I discepoli pur avendo visto la tomba vuota e avendo sentito
la notizia della risurrezione da parte di Maria di Magdala, non avevano
ancora incontrato Gesù risorto. Occorre arrivare a incontrarlo
personalmente. I segni e i testimoni sono necessari, come tappe di
avvicinamento, ma mi viene chiesto di arrivare ad incontrare Lui.
La scena che si apre è speculare all’ingresso
nel sepolcro da parte dei discepoli: qui è Gesù che entra nel sepolcro della
comunità, sepolcro ancora chiuso dalla pietra della paura e
dell’incredulità non ancora ribaltata. Maria di Magdala lo cerca e Lui si fa
trovare; qui i discepoli non lo cercano e Lui si offre (venne) prendendo l’iniziativa. Il fatto ci richiama quanto abbiamo
letto nella 3° dom. di quaresima A: Esodo 17, 3-5[4]. Il Signore garantisce la
sua presenza anche in mezzo a un popolo mormoratore che si chiede: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?».
2) Bisognerebbe leggere questa scena dopo aver letto i
discorsi d'addio nel cap. 16, dove Gesù dice: "vi darò il mio
Spirito", ecco che dà lo Spirito; dice " vi darò la mia pace" ed
ecco la pace; dice "ritornerò a voi" ecco che è ritornato; dice "avrete la gioia"
ecco
3)Il racconto narra una solenne cristofania, manifestazione,
nel giorno del Signore e mentre la chiesa è riunita sebbene per paura. La si potrebbe chiamare "La
Pentecoste". Per Giovanni avviene tutto all'interno di poche ore: morte,
glorificazione, costituzione della Chiesa, dono dello Spirito. Non c'è bisogno
di 50 giorni. La sua non è una apparizione estemporanea, e Gv non vuole narrare
che Gesù si rende visibile per un momento e poi torna invisibile, ma è
l’inaugurazione di un modo stabile di presenza d’ora in avanti.
1.
Gesù
fa un'azione simbolica: dopo aver detto "pace voi" alita su di
loro. Quel gesto dell'alito è di particolare suggestione. Il verbo che usa
Gv. {emfusaô} ricorre due volte
nell’AT: una quando crea l’uomo e gli soffia nelle narici l’alito di vita (Gen.
2,7) e l’altra in Ezechiele 37 dove lo spirito plana su una valle di cadaveri e
di ossa. Ci dà un “cuore nuovo” (Ger. 31,33)[5].
2.
«mostrò loro le mani e il costato». Gesù
risorto ma con le stigmate da crocifisso.
Le mani che mostra sono quelle stesse che ha lavato
i piedi ai discepoli, quelle inchiodate per sempre ad un amore crocifisso,
quelle dalle quali nessuno può rapirci (Gv 10, 28).
Il fianco (pleura=
la stessa parola che usa Genesi per il costato di Adamo da cui fu tratta Eva)
che mostra è la roccia percossa da Mosè e da cui scaturisce acqua per i nostri
aridi deserti (Esodo 17,3-5«In quei
giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua…Allora Mosè invocò
l’aiuto del Signore…Il Signore disse a Mosè: «… Prendi in mano il bastone con
cui hai percosso il Nilo… tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo
berrà». .. Si chiamò quel luogo Massa e Meriba, a causa della protesta degli
Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in
mezzo a noi sì o no?>>), è il lato destro del tempio da cui
scaturisce un fiume di acqua viva che svelena
e feconda come aveva promesso il profeta Ezechiele 47, 1-12: «Mi condusse poi all'ingresso del tempio e
vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua sotto il lato destro del
tempio…Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il fiume, vivrà: il
pesce vi sarà abbondantissimo, perché quelle acque dove giungono, risanano e là
dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Sulle sue rive vi saranno pescatori,
vi sarà una distesa di reti. I pesci saranno abbondanti. Lungo il fiume, su una
riva e sull'altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto…I loro frutti
serviranno come cibo e le foglie come medicina». Queste ferite aperte sono
l’Eucaristia domenicale, tema sviluppato successivamente nel cap. 21.
3.
Gesù
dice «Accogliete (prendete) Spirito Santo».
E’ una supplica più che un ordine: si riceve se si accoglie. Già sulla croce lo
Spirito era stato donato; ora si tratta di accogliere quel dono. E siccome Spirito Santo è amore, eccone
le conseguenze: «A chi rimetterete i
peccati saranno rimessi». Il perdono
è “iper-dono”, super-amore. «Noi sappiamo
di essere passati da morte a vita se amiamo i fratelli» (1 Giov. 3, 14).
Secondo Giovanni, il risorto lo incontro la dove c'è il perdono inteso non solo
come sacramento amministrato da pochi apostoli, ma come riconciliazione
esercitata da tutti i discepoli. Perdonare: il Padre ha mandato il Figlio per
salvare il mondo non per giudicarlo e condannarlo. La comunità da una parte
deve presentare una parola che mette l'uomo con le spalle al muro, non lo
lascia quieto, e dall'altra deve far prevalere più la pazienza di Dio che
l’impazienza efficientista ed escludente.
4.
"Come il Padre ha mandato me, anch'io mando
voi". Gesù consegna
Possiamo ricordare altri passi dell’evangelo di Gv dove Gesù ci
dà l’indicazione del COME: Gv. 13, 15 quando lava i piedi: «Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi»;
Gv. 13,34: «Vi do un comandamento nuovo:
che vi amiate gli uni gli altri; come
io vi ho amato».
5.
C’è
un passaggio dalla “paura” alla “gioia” dove però la “gioia” non si intende
solo “il sorriso del devoto beota” ma la franchezza
inossidabile della testimonianza.
Il tema della paura è presente altre tre volte
nell’Evangelo Giovanni:
-
Gv.7,13,
dove si dice che la folla aveva paura
delle autorità a prendere posizione in pubblico in favore di Gesù.
-
Gv.9,22:
i genitori del cieco nato avevano paura di essere scomunicati dalla sinagoga.
-
Gv.12,22:
alcuni altolocati erano dalla parte di Gesù, ma avevano paura a dichiararsi
perché non volevano rimetterci la loro posizione.
C’è una parola creata proprio dal quarto evangelista che
testimonia la grande paura: apo-synagogòs
(cioè “scacciato/scomunicato dalla sinagoga”).
-
Gv.
9,34: il cieco nato confessa Gesù e viene cacciato fuori dalla sinagoga;
-
Gv
12,42: si ricorda la decisione dei farisei di scacciare chi confessa Gesù come
“Cristo”;
-
Gv
16,2: Gesù predice: «Vi cacceranno dalle sinagoghe».
Il vangelo di Gv scaturisce da una fede sofferta, che necessita
una confessione costosa, a caro prezzo, poiché richiede di dividersi da qualche
cosa che appartiene alle proprie origini. Il vangelo di Gv è orientato a
sostenere una fede “adulta”, ossia una fede matura, piena. Si tratta, cioè, di
una fede che giunge non soltanto ad accogliere la testimonianza, ma a
riprodurla. La fede piena non è quella che si pensa nel proprio intimo,
che Dio solo vede, ed in ragione della quale Egli sicuramente salverà. Se
da un lato tale fede è sì sufficiente alla salvezza, dall’altro la fede piena,
come
Ad esempio, Nicodèmo è un uomo che arriverà a fare la
sua professione non a parole, ma con un gesto: insieme a Giuseppe di
Arimatèa andrà ad accogliere Gesù calandolo dalla croce, ricevendo proprio
la sua salma, con un’azione che lo escluderà addirittura dalla Pasqua giudaica.
Infatti il libro dei Numeri legifera che chi tocca un cadavere si contamina e
quindi non può celebrare la Pasqua (Nm 19,11-13). Quando Gesù muore, la Pasqua
sta per essere celebrata ed è necessario togliere subito i cadaveri dalle
croci; con la loro scelta, Nicodèmo e Giuseppe di Arimatèa preferiscono la
Pasqua di Gesù alla Pasqua ebraica.
D)
QUARTO EPISODIO (v. 24-29): Gesù e Tommaso.
[24]Tommaso, uno dei
Dodici, chiamato Gemello, non era accanto a loro quando venne Gesù. [25]Gli
dissero allora gli altri discepoli:
«Abbiamo visto {horaô} il
Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo
{horaô} nelle sue mani il sigillo {tupos}
dei chiodi e non metto il dito nell’impronta {tupos}
dei chiodi e non metto la mia mano nel
suo costato, non crederò». [26]Otto giorni dopo i discepoli erano di
nuovo in casa e c'era accanto a loro
anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse,
si fermò in mezzo a loro e disse:
«Pace a voi!». [27]Poi disse a
Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda
{horaô} le mie mani; stendi la tua
mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo{apistos} ma credente{pistos}!». [28]Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». [29]Gesù gli disse: «Perché
mi hai veduto{horaô}, hai creduto: beati quelli che pur non
avendo visto{horaô} crederanno!». [30]Molti altri segni fece
Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro.
[31]Questi sono stati scritti, perché
crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la
vita nel suo nome.
L'ultimo episodio riguarda
l’incontro tra Gesù e Tommaso, il discepolo che elabora il proprio
cammino di fede dentro una comunità, in giorno di domenica.
In Gv il termine “dodici” ricorre qui e altre due volte dopo il
dono del pane (Gv 6,70-71) dove l’espressione “uno dei dodici” è riservata al
traditore. Strano accostamento di Giovanni. In genere Gv usa il termine
“discepoli” nel significato più ampio del termine.
Solo Giovanni associa al
nome di Tommaso il soprannome di “gemello”. Forse è anche gemello, in senso
figurato: gemello di Giuda con cui condivide il rischio della incredulità;
gemello nostro e della nostra incredulità; gemello di Gesù nel senso che gli
dice “di essere disposto a morire a suo fianco” (Gv. 11, 16).
Non solo non era “insieme”, ma neppure “vicino”. Abbiamo già
trovato questa espressione quando in Gv. 18, 26 Pietro, identificato come uno
di quelli che “erano accanto a Gesù” (met' aÙtoà),
nega. Qui Gv intende valorizzare la comunità come laboratorio e
utero per la germinazione della fede. Infatti tra poco finalmente sarà “accanto
a loro”.
Mettere le dita nel sigillo (impronta=tupos) dei chiodi: sono il sigillo
dell’identità di Gesù. Tommaso non vuole che le ferite siano rimarginate e
chiuse, ma restino aperte anche per lui e quelli come lui.
C’è un tocco di Tommaso che lo porta alla soglia della fede. Ma
“Beati quelli che crederanno senza aver visto” non significa andare verso una
fede spiritualizzata. Gesù risorto resta con le stimmate della carne e della
crocifissione. Lo stesso Giovanni nella sua prima lettera al cap. 4, 14: «Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli
uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi».
L'incontro con Cristo è pasquale, ma è anche materialissimo, perchè è nelle
nostre relazioni, è nell'incontro con gli altri, è dentro la comunità, nei
nuovi rapporti che si instaurano anche col mondo.
[1] 1° giorno: il profeta Giovanni battezza ; 2° giorno al v.29 “Il giorno dopo”: il Battezzatore incontra Gesù; 3° giorno al v.35 “Il giorno dopo”: i suoi discepoli incontrano Gesù; 4° giorno al v. 43 “Il giorno dopo”: Gesù incontra Filippo e Natanaele; poi in 2,1 le nozze di Cana avvengono “tre giorni dopo”; e siamo così al settimo giorno.
[2]
L’evangelista usa il verbo horaô con il tempo “aoristo” (in greco lo si usa per indicare un’azione totalmente compiuta), per
indicare appunto una fede che giunge a un suo vertice e non ha più bisogno di
progredire perché è già perfetta. Che la fede di Giovanni sia perfetta lo si
deduce dal parallelismo con la fede che più avanti Gesù chiede, e cioè la fede
di chi crede senza vedere, espressa anch’essa all’aoristo e con lo stesso verbo
(v. 29: «Beati coloro che non hanno visto
e hanno creduto»). Il tempo all’aoristo, per esempio, non lo si usa per
esprimere la fede di Tommaso (l’evangelista usa il tempo piuccheperfetto) fede
grande tanto da dire “Mio Signore e mio Dio”, ma non ancora perfetta perché cresce solo quando vede e
tocca Gesù.
[3] A riguardo della
risurrezione di Lazzaro, Giovanni usa particolari narrativi diversi e non si
trova il temine othonìois per indicare il lenzuolo(
11:4) Il morto uscì, con i piedi e le mani
avvolti da fasce {dedemšnoj}, e il viso
coperto da un sudario
{soudarion}. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare».
[4] «In quei giorni,
il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua…Allora Mosè invocò l’aiuto del
Signore…Il Signore disse a Mosè: «… Prendi in mano il bastone con cui hai
percosso il Nilo… tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà».
.. Si chiamò quel luogo Massa e Meriba, a causa della protesta degli Israeliti
e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì
o no?>>
[5] «Questa sarà
l'alleanza che io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il
Signore: Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora
io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo».