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L’ENCICLICA DEL “MA ANCHE”.
INDUSTRIALI, OPERAI, SINDACATI, ECOLOGISTI:
LA CARITAS IN VERITATE
ACCONTENTA TUTTI

(da ADISTA n. 79)
 

Arrivata con due anni di ritardo (era infatti prevista per il 2007, in occasione del 40.esimo anniversario della Populorum progressio) la terza enciclica di Benedetto XVI, Caritas in veritate, è stata presentata il 7 luglio in Vaticano. Un testo di 142 pagine, diviso in 78 paragrafi, corredato da 159 note a piè di pagina e stampato dalla Libreria Editrice Vaticana per il lancio in 530mila copie. L'enciclica - come spiegato nel titolo - è dedicata al tema dello “sviluppo umano integrale nella carità e nella verità” ed è rivolta “ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, alle persone consacrate, ai fedeli laici e a tutti gli uomini di buona volontà”. Un testo complesso, a tratti disunito, dove non mancano incongruenze e ripetizioni e che – nella sua volontà di tenere assieme tutti i temi e le sfaccettature – offrirà, al solito, a ciascuno motivi per leggervi un riconoscimento delle proprie ragioni: conservatori e progressisti, difensori del capitalismo e altermondialisti, teo-con.

Ratzinger “corregge” S. Paolo
 “La carità nella verità, di cui Gesù Cristo s'è fatto testimone con la sua vita terrena e, soprattutto, con la sua morte e risurrezione, è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell'umanità intera”. Questa la prima frase dell'enciclica, che mette al centro della sua riflessione il concetto di “carità nella verità”, scelto, appositamente da Ratzinger per rovesciare la famosa espressione di San Paolo che nella lettera agli Efesini parla di “veritas in caritate” (Ef 4,15). Il papa ha preferito mettere l'accento sulla “verità”, da esprimere nella carità, perché “consapevole degli sviamenti e degli svuotamenti di senso a cui la carità è andata e va incontro, con il conseguente rischio di fraintenderla, di estrometterla dal vissuto etico e, in ogni caso, di impedirne la corretta valorizzazione”. “La carità - spiega - va compresa, avvalorata e praticata nella luce della verità”, contribuendo così ad “accreditare la verità, mostrandone il potere di autenticazione e di persuasione nel concreto del vivere sociale”: un risultato, commenta il pontefice, “di non poco conto oggi, in un contesto sociale e culturale che relativizza la verità, diventando spesso di essa incurante e ad essa restio”.

Un mercato “plurale”
Se ridotto alla mera logica del “profitto” e dello scambio in vista di un guadagno, il mercato “non riesce a produrre quella coesione sociale di cui pure ha bisogno per ben funzionare” e “non può risolvere tutti i problemi sociali”; per questo, l'attività economica deve aprirsi anche all'apporto di altri soggetti e di altre 'logiche', a cominciare da quella della “gratuità” e del “dono”, propria del messaggio cristiano, senza dimenticare l'importanza di “leggi giuste” e di “forme di ridistribuzione guidate dalla politica” e assicurate dagli Stati. Nella Caritas in veritate, quindi, Ratzinger propone un modello di mercato “plurale”, dove “accanto all'impresa privata orientata al profitto, e ai vari tipi di impresa pubblica, devono potersi radicare ed esprimere quelle organizzazioni produttive che perseguono fini mutualistici e sociali”.
Benedetto XVI assicura che la Chiesa non è, di principio, contraria al mercato e all’”agire economico” e di non condividere “la visione di quanti pensano che l'economia di mercato abbia strutturalmente bisogno di una quota di povertà e di sottosviluppo per poter funzionare al meglio”. Allo stesso modo, però, “l'attività economica non può risolvere tutti i problemi sociali mediante la semplice estensione della logica mercantile” e, non a caso, “la dottrina sociale della Chiesa non ha mai smesso di porre in evidenza l'importanza della giustizia distributiva e della giustizia sociale per la stessa economia di mercato”.
“La vita economica - riassume Ratzinger - ha senz'altro bisogno del contratto, per regolare i rapporti di scambio tra valori equivalenti. Ma ha altresì bisogno di leggi giuste e di forme di ridistribuzione guidate dalla politica, e inoltre di opere che rechino impresso lo spirito del dono”.

Lavoro per tutti
La Caritas in veritate dedica pagine importanti alla questione del lavoro: “La dignità della persona e le esigenze della giustizia richiedono che, soprattutto oggi, le scelte economiche non facciano aumentare in modo eccessivo e moralmente inaccettabile le differenze di ricchezza e che si continui a perseguire quale priorità l'obiettivo dell'accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti”. Un lavoro, inoltre, che sia “decente”, ovvero, in concreto, “un lavoro che, in ogni società, sia l'espressione della dignità essenziale di ogni uomo e di ogni donna: un lavoro scelto liberamente, che associ efficacemente i lavoratori, uomini e donne, allo sviluppo della loro comunità; un lavoro che, in questo modo, permetta ai lavoratori di essere rispettati al di fuori di ogni discriminazione; un lavoro che consenta di soddisfare le necessità delle famiglie e di scolarizzare i figli, senza che questi siano costretti essi stessi a lavorare; un lavoro che permetta ai lavoratori di organizzarsi liberamente e di far sentire la loro voce; un lavoro che lasci uno spazio sufficiente per ritrovare le proprie radici a livello personale, familiare e spirituale; un lavoro che assicuri ai lavoratori giunti alla pensione una condizione dignitosa”.

Stop alla “endemica” precarizzazione...
L'enciclica non condanna esplicitamente nemmeno l'aumento della flessibilità dei lavoratori e la deregulation del mercato del lavoro, ma mette in guardia in più occasioni dalle sua conseguenze: “Quando l'incertezza circa le condizioni di lavoro, in conseguenza dei processi di mobilità e di deregolamentazione, diviene endemica, si creano forme di instabilità psicologica, di difficoltà a costruire propri percorsi coerenti nell'esistenza, compreso quello verso il matrimonio.

 ... e cautela sulla “delocalizzazione”
La Caritas in veritate non nega che, in linea di principio, la “delocalizzazione, quando comporta investimenti e formazione, possa fare del bene alle popolazioni del Paese che la ospita. Il lavoro e la conoscenza tecnica sono un bisogno universale”. Ma, ricorda, “non è lecito delocalizzare solo per godere di particolari condizioni di favore, o peggio per sfruttamento, senza apportare alla società locale un vero contributo per la nascita di un robusto sistema produttivo e sociale, fattore imprescindibile di sviluppo stabile”.

Il ruolo dei sindacati
Il papa riafferma il sostegno della Chiesa alle “associazioni di lavoratori per la difesa dei propri diritti”, che risale alla Rerum novarum di Leone XIII del 1891, e invita i sindacati a “instaurare nuove sinergie a livello internazionale, oltre che locale” per contrastare quei “governi” che, “per ragioni di utilità economica, limitano spesso le libertà sindacali o la capacità negoziale dei sindacati stessi”. L'enciclica invita però anche i sindacati a rinnovarsi, “superando le limitazioni proprie dei sindacati di categoria” e riflettendo sul “conflitto tra persona-lavoratrice e persona-consumatrice”.

Accogliere i lavoratori immigrati
Il fenomeno delle migrazioni “impressiona per la quantità di persone coinvolte, per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religiose che solleva, per le sfide drammatiche che pone alle comunità nazionali e a quella internazionale”. Tuttavia, “nonostante le difficoltà connesse con la loro integrazione”, non si può dimenticare che i “lavoratori stranieri” recano “un contributo significativo allo sviluppo economico del Paese ospite con il loro lavoro, oltre che a quello del Paese d'origine grazie alle rimesse finanziarie” e, “ovviamente”, “non possono essere considerati come una merce o una mera forza lavoro”. “Ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione”.

L'acqua “diritto universale” e la riforma agraria...
“L'alimentazione e l'accesso all'acqua” sono “diritti universali di tutti gli esseri umani, senza distinzioni né discriminazioni”. Caritas in veritate lo afferma esplicitamente, condannando con forza l’”accaparramento delle risorse, specialmente dell'acqua”, che “può provocare gravi conflitti tra le popolazioni coinvolte”.

 ... ma anche 'sì' agli Ogm
Di fronte alla crisi alimentare mondiale, “potrebbe risultare utile considerare le nuove frontiere che vengono aperte da un corretto impiego delle tecniche di produzione agricola tradizionali e di quelle innovative, supposto che esse siano state, dopo adeguata verifica, riconosciute opportune, rispettose dell'ambiente e attente alle popolazioni più svantaggiate”: un'apertura, anche se velata, nei confronti degli Ogm.

L'ecologia in secondo piano  
Poco lo spazio dedicato da Caritas in veritate alle questioni ambientali. Ratzinger chiede sì, anche se in termini molto velati, un nuovo accordo per la riduzione delle emissioni di Co2 dopo quello di Kyoto, ma nel testo della sua enciclica preferisce associare la difesa dell'ambiente e quella della vita “dal concepimento alla morte naturale”: se questi due temi non andranno di pari passo si creerà una “grave antinomia della mentalità e della prassi odierna” che finirà per “avvilire la persona, sconvolgere l'ambiente e danneggiare la società”. “Il degrado della natura – spiega Ratzinger – è infatti strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana”: “Se non si rispetta il diritto alla vita e alla morte naturale, se si rende artificiale il concepimento, la gestazione e la nascita dell'uomo, se si sacrificano embrioni umani alla ricerca, la coscienza comune finisce per perdere il concetto di ecologia umana e, con esso, quello di ecologia ambientale”.

Un nuovo governo mondiale
“Gli Organismi internazionali dovrebbero interrogarsi sulla reale efficacia dei loro apparati burocratici e amministrativi, spesso troppo costosi”. La denuncia dell'inadegua-tezza dell’Onu e delle organizzazioni internazionali è affiancata, nella Caritas in veritate, dalla proposta di creare una “vera Autorità politica mondiale”. “Di fronte all'inarrestabile crescita dell'interdipendenza mondiale, è fortemente sentita, anche in presenza di una recessione altrettanto mondiale, l'urgenza della riforma sia dell'Organizza-zione delle Nazioni Unite che dell'architettura economica e finanziaria internazionale”, scrive Ratzinger. Ma queste riforme potrebbero non bastare. Di qui la necessità di una “Autorità” internazionale che “dovrà essere regolata dal diritto, attenersi in modo coerente ai principi di sussidiarietà e di solidarietà, essere ordinata alla realizzazione del bene comune”, “godere della facoltà di far rispettare dalle parti le proprie decisioni, come pure le misure coordinate adottate nei vari fori internazionali”. Essa dovrà inoltre essere “da tutti riconosciuta, godere di potere effettivo per garantire a ciascuno la sicurezza, l'osservanza della giustizia, il rispetto dei diritti”. (a. s.)