CARICO E
SCARICO MERCI.
Intervista a giovane operaio che per motivi di prudenza desidera restare
anonimo.
(a cura di Luigi Consonni – da Pretioperai, n° 89-90,
dicembre 2010)
Scrivo qui alcune
considerazioni dopo tre mesi di lavoro per una Cooperativa di carico-scarico
merci ai magazzini centrali di una grande catena di supermercati.
Le condizioni di lavoro sono abbastanza massacranti, sembrano quelle
descritte nei libri di storia: nessun diritto.
Disponibilità massima (4 turni 24 ore su 24). Orari imposti la sera per la
mattina, ... o la mattina per il giorno stesso (o la notte).
La "produttività", misurata in numero di "colli" prelevati e caricati, è
ultra controllata e se non raggiungi obiettivi giornalieri minimi ti
riprendono chiedendo spiegazioni. Ti inducono così a mantenere ritmi di
lavoro sempre al limite della sopportabilità ( ... almeno all'inizio).
La paga, formalmente oraria, è praticamente a cottimo, in base a quanta
merce riesci a caricare sui bancali in un turno di lavoro di 6 ore.
La timbratura di entrata deve avvenire 10 minuti prima di inizio turno,
quella di uscita nei 10 minuti successivi. Timbratura che avviene con il
riconoscimento delle impronte digitali. Il cartellino per timbrare è pagato
da me. È pagata da me anche la chiave per il "papalino" (muletto, cioè
"attrezzo da lavoro") ... se la perdo pago 5 euro per averne un' altra.
Non c'è né mensa né si ha diritto a buoni pasto: i turni sono infatti
formalmente di 6 ore, non prevedono quindi la pausa pranzo. Di fatto però,
quando c'è molto lavoro, si fanno anche doppi turni (12 ore consecutive)
senza ovviamente fermarsi per mangiare. Nonostante questo c'è però una
piccola stanza vetrata in cui vi sono alcuni tavoli e sedie in cui si può
precariamente consumare qualcosa. Chi poi nella pausa esce a fumare deve
stare rigorosamente IN PIEDI in un piccolo spazio ben definito.
Tutto il tempo di lavoro è regolato da un terminale che ti indica l'inizio
del lavoro, la pausa e il fine turno, attraverso delle cuffie personali (con
microfono, tipo call center) che il lavoratore deve tenere in dosso
per tutta la durata del turno. La pausa, unica sulle sei o più ore, è
comandata dal computer (attraverso le cuffie indossate) ed è rigorosamente
di 15 minuti a rotazione tra le varie cooperative.
Attraverso queste cuffie inoltre, il computer ti "guida" nel lavoro
dicendoti dove andare (in quale delle 35 corsie), cosa e quanto prelevare
dai bancali, in quale ribalta scaricare, etc ... attraverso tutto un sistema
di codici e conferme vocali attraverso "contro-codici". Se fai tardi, rischi
di far partire un camion senza alcuni bancali.
Si lavora quindi con cuffie e microfono: un terminale ti elenca (E TI CONTA)
i codici dei prodotti da prelevare dagli scaffali e caricare sui bancali
trasportati dal "papalino". Tu rispondi al microfono e confermi. È tutto
codificato, tutto registrato. Ad ogni bancale che invii devi attaccare uno
stampato che indica il tuo nome, quello della tua cooperativa, numero di
colli prelevati, data e ora di invio, data e ora di partenza del camion, etc
...
La forma contrattuale è quella di "socio lavoratore" di cooperativa. Questo
implica che, a discrezione del capo turno, se c'è lavoro ti fermi ore in più
(senza neanche chiedere, te lo dicono e basta), se non c'è lavoro vai a casa
prima (perdendo così delle ore di paga).
In questo tipo di lavoro il ricambio degli operai della cooperativa è
altissimo: i lavoratori, per lo più migranti, rimangono in media qualche
mese, poi scappano o vengono" indotti" a lasciare ... ma per loro la
questione principale è quella legata al permesso di soggiorno, che diventa
quasi un'arma di ricatto implicita per far accettare qualsiasi condizione.
Per quanto riguarda il modo di lavorare, infatti, da un lato pretendono
velocità e produttività massima nel lavoro (e ti pongono per questo
obiettivi ben precisi), dall'altro vogliono che il lavoro sia preciso ed
accurato per evitare rotture e danneggiamenti della merce.
Quando si riempiono 2 bancali alti due metri (con un peso che non riesce ad
alzare neanche il "papalino" - diversi quintali) è facile ribaltare o far
cadere la merce impilata sui bancali ·se non si carica con criterio e
precisione. Anche la legatura va fatta frequentemente man mano che si alza
il livello del bancale, bisogna "nastrare" spesso, ma questo comporta una
perdita di tempo....
La SICUREZZA è pari a ZERO, pura formalità: ci sono bancali vecchi e mezzi
rotti sospesi a 7 metri di altezza, che i carrellisti caricano col muletto
ad una velocità impressionante col rischio di farli cadere su altri
lavoratori. Le regole di circolazione all'interno del magazzino sono come
quelle della strada, bisogna dare precedenze, le corsie sono" a senso
unico", etc., ma la fretta spesso porta le persone a non seguire queste
regole, con la conseguenza di un elevato rischio di incidenti e infortuni.
Anche la disciplina nel lavoro è rigorosa: se ti sorprendono con addosso
qualsiasi merce del magazzino ti mandano a casa istantaneamente e senza
troppe formalità.
L'ambiente di lavoro è costituito per lo più da persone migranti,
provenienti da tutti i paesi del terzo mondo, ma ci sono anche alcuni nuovi
e "vecchi" immigrati dal sud Italia.
Ovviamente entrambe le categorie fanno la fame con salari intorno ai 6,99
euro / ora lordi. Un'ultima considerazione: le lotte sindacali sospese nei
luoghi di lavoro hanno praticamente fatto retrocedere i diritti di almeno 50
anni, a partire da questo tipo di situazioni lavorative, assimilabili in
toto alla schiavitù (soprattutto per i migranti, se c'è di mezzo il
"permesso di soggiorno").
Queste condizioni, credo, non sono però le condizioni peggiori. Rimane la
schiavitù del caporalato esplicito in agricoltura e in edilizia.
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