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Le attese di un cristiano
di don Angelo Casati

Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture e disse: «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».
 (Luca 24, 35-48)

Una lettura attenta del brano del Vangelo di Luca, una lettura non viziata dal fatto che tanto noi sappiamo come andrà a finire - i discepoli si arrenderanno all'evento della risurrezione - una lettura invece attenta ai particolari del racconto, non può non lasciare in noi una certa sorpresa: la sorpresa della gradualità. «Come è lento - direbbe qualcuno - il cammino della fede!». Come stenta ad attestarsi nel cuore dei discepoli la convinzione che Cristo è risorto. Noi uomini e donne dell'immediato, noi decisionisti anche della fede, «detto/fatto», ci saremmo, a buon diritto, spazientiti. Ma come? Voi stessi avete appena finito di dire che Gesù è apparso a Simone, adesso arrivano due dei vostri amici a dirvi d'averlo riconosciuto nella locanda a Emmaus, ora appare in mezzo a voi, e qual è la vostra reazione? Stupiti e spaventati, pensate di vedere un fantasma? Lo avete sentito con le vostre orecchie dire: «Pace a voi» e ancora sorgono dubbi nel vostro cuore. Vi ha detto: «Toccatemi e guardate», vi ha mostrato le mani e i piedi, ma di voi è scritto: «...per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti». Noi, confessiamolo, ci saremmo spazientiti molto prima. Gesù no! È la sconfessione di tanti nostri zeli religiosi poco illuminati, la sconfessione dell'impazienza religiosa. Gesù, a differenza di noi, conosce la gradualità degli itinerari della fede, del cuore. Dall'impazienza religiosa nascono convinzioni fragili, edifici su fondamenti di sabbia, o esclusioni. Detto questo, potremmo forse soffermarci sulle strade della fede, le vie che, secondo Gesù, portano dalla sensazione di avere davanti un fantasma alla percezione intensa di avere un compagno di strada, il vivente, e la fede che ti fa dire: «è vivo». Sembra di leggere nel racconto tre itinerari - quelli di Gesù - per la fede.

 1. Il primo è nell'invito: «Toccatemi e guardate». Sono verbi che abbiamo cancellato dall'esperienza religiosa, ricondotta, quasi esclusivamente, nel territorio delle nozioni, con un approdo fondamentalmente razionalistico. Percorsi in cui entra la testa, ma non entrano le mani («toccatemi»), non entrano gli occhi («guardate»). Mentre la fede, la fede nel Signore risorto, è scoperta anche per le mani, è scoperta anche per gli occhi, fa vibrare anche il cuore. Nell'America Latina si direbbe: è un fatto di pancia. E rende l'idea. E’ vero che «toccare e guardare», secondo il racconto, non bastano a disperdere i dubbi, ma andiamoci piano a censurare ogni «guardare e toccare». Saremo noi più illuminati del Signore Gesù, che diceva: «Toccate, guardate?». Forse rimane un interrogativo: in che cosa oggi tocchiamo il Signore risorto? Forse oggi non diciamo più «toccate e guardate», perché siamo diventati incapaci di leggere i segni della risurrezione nel nostro tempo. 

2. L'altro itinerario è nelle parole: «Avete qui qualcosa da mangiare? E mangiò davanti a loro». L'esperienza di fede nasce dal mangiare e non solo dal digiuno: dal mangiare davanti al Signore. Gesù, il Rabbi di Nazareth, a differenza di altri rabbi, di altri maestri dello spirito, aveva legato la sua immagine in vita al banchetto: «Il Rabbi che amava i banchetti» ha intitolato Enzo Bianchi un suo libro. Il banchetto come segno di amicizia. E, voi mi capite, sarebbe uno stravolgere, un impoverimento delle parole di Gesù, l'interpretarle come una prova fisiologica: vedete che io mangio! No. Io banchetto con voi, nel gesto della confidenza, dell'amicizia, della donazione. Nel gesto della confidenza, dell'amicizia, della donazione, è il segno che Gesù è vivo.

 3. E da ultimo: «Aprì loro la mente a comprendere le Scritture» . Che peccato che per secoli questo delle Scritture sia rimasto un libro chiuso. «L'ignoranza delle scritture» diceva san Gerolamo «è ignoranza di Cristo». Ritorniamo alla Bibbia e sia, come si augurava il Cardinale Carlo Maria Martini, il «Libro del Terzo Millennio». Come ai discepoli di Emmaus, capiterà anche a noi di sentire ardere il cuore, di sentire Cristo vivo, vivo in cammino con noi, sulle strade del mondo.