L'ULTIMA
IMMAGINE
Don Angelo Casati
(ADISTA n°40/2009)
Con questo brano di vangelo siamo alle
ultime battute della narrazione di Luca.
Dopo questi versetti il racconto
dell'Ascensione. E ancora una volta
constatiamo come lentamente, oserei dire
faticosamente, si faccia strada nel cuore
degli apostoli la fede nella risurrezione.
Che il loro Maestro, crocifisso, dissanguato
sulla Croce, venisse in mezzo a loro era
cosa così inaudita da insinuare nel loro
cuore il timore di prendere lucciole per
lanterne. Sembrava che fossero convinti: i
due che lo avevano avuto compagno di viaggio
sulle strade verso Emmaus e che lo avevano
riconosciuto allo spezzare del pane, di
ritorno a Gerusalemme trovano i discepoli
riuniti che dicono loro: "È realmente
risuscitato il Signore". È il versetto che
precede il nostro brano. Sono lì a
proclamare che veramente è risorto, stanno
parlando di questo, viene Gesù in mezzo a
loro ed ecco "terrorizzati e presi da
timore, pensavano di scorgere uno spirito".
E Gesù, vedete, non permette di essere
interpretato come uno spirito. Quasi che la
risurrezione avesse inghiottito la sua
umanità, anche corporea, in una sfuggente
identità spirituale. Penso che tutti voi
abbiate notato come Gesù insista sulla sua
corporeità. È bellissimo, mi commuove, non è
di quelli che la spiritualità la declinano
come fuga dal corpo o come indifferenza al
corpo: "Vedete le mie mani e i miei piedi,
palpatemi e vedete, poiché uno spirito non
ha carne e ossa come scorgete che ho io".
Palpatemi. E Giovanni scriverà nella sua
prima lettera: "ciò che le nostre mani hanno
palpato, ossia il Verbo della vita… di
questo diamo testimonianza" (1Gv 1,1‑2).
La risurrezione non ha inghiottito la
corporeità di Gesù. Non chiedetemi come. Non
lo so. Ma Gesù ha un corpo. Certo
trasfigurato, la risurrezione non è la
riesumazione di un cadavere, ma è un corpo
che ci permette di dire: è lui. Quelle sono
le mani che hanno benedetto, che hanno
abbracciato i bambini, che hanno toccato i
lebbrosi, mani che hanno spezzato il pane,
che hanno il segno dei chiodi. Quelli sono i
piedi che la donna del profumo ha unto e ha
asciugato con i suoi capelli, i piedi sulle
strade di tutti, nelle case di tutti. Fermi
solo sulla Croce. Ma poi ancora in cammino.
Guardate che senza questa corporeità la fede
diventa un fantasma. Una fede che non tocca,
che non tocca le persone, che non tocca le
situazioni, che non tocca la terra, non è la
fede di Gesù: "Palpate e guardate".
Ed ecco che, a quell'invito, forse per la
grande gioia, i discepoli ancora non
credevano ed erano stupefatti. "Allora
disse: Avete qui qualcosa da mangiare?. Gli
offrirono una porzione di pesce arrosto.
Egli lo prese e lo mangiò davanti a loro".
Questa è l'ultima immagine di Gesù nel
vangelo di Luca, prima di essere portato su
nel cielo. Ultima immagine. A memoria: Gesù
che mangia pesce arrostito con i suoi
discepoli. Lo stare a cena, il
banchetto, il mangiare con i pubblicani e i
peccatori, era stata una caratteristica, una
nota fondamentale della sua vita, un modo
tra i più suggestivi, secondo lui, di
narrare Dio, del regno di Dio. E lascia, a
memoria, quale ultima sua immagine questa:
"preso un pezzo di
pesce arrostito, mangiò davanti a loro".
Quel gesto, ultimo, andava a stampare
davanti agli occhi l'immagine di una fede
che tocca, onora il corpo. Ma andava altresì
a stampare davanti agli occhi di tutti il
sogno di Dio, il sogno evocato da una cena
che raduna, come se quello fosse il sogno da
costruire sulla terra, quello di una cena,
di un banchetto per tutti i popoli, cena e
banchetto da cui nessuno e mai venga
escluso. E perché ciò fosse chiaro, quasi
sempre, quando appare, spezza il pane
intorno a una tavola. Come a dire il suo
sogno. Non per nulla quando si trattò di
lasciare una sua memoria, ma che fosse viva,
la lasciò nel segno di una cena,
l'Eucaristia, nel segno del pane e del vino
trasfigurati. Dove è scritto che chi si
dona, ritrova vita. Chi persegue, a costo
anche di perdersi, il sogno della cena per
tutti, guadagna la vita. Per questo Paolo ai
cristiani di Corinto rimproverava di aver
tradito l'Eucaristia, perché ne avevano
fatto una cena per pochi. E gli altri? Che
si arrangiassero!
Oggi il vangelo di Luca si chiude con
l'invito alla conversione e alla
testimonianza. Ma che cosa significa
conversione se non cambiare direzione, se
non ritornare nella direzione del sogno di
Dio, il sogno che Gesù ci lasciò con
l'ultimo fotogramma prima di essere portato
in cielo, con l'istantanea luminosa della
cena, del banchetto? Convertirsi significa
diventare uomini, diventare donne che
anelano a fare della terra, della storia,
della vita una cena, un banchetto, un pane e
un vino, senza esclusioni, questo è il
compito cui siamo chiamati, questa la
testimonianza che Gesù, il Maestro, il
Risorto, affida ai suoi discepoli.
Come dovrebbero
‑
questa è la domanda
‑ essere individuati i cristiani, i veri
discepoli di Gesù? Di loro si dovrebbe dire:
sono quelli della cena. Sono quelli
della cena per tutti. Non pregano il pane al
singolare: "dammi oggi il mio pane". Lo
pregano al plurale: "dacci oggi il nostro
pane quotidiano". E sia pane per tutti. E la
terra ritorni ad avere l'immagine di una
tavola. Una tavola di pane e di amicizia.
Per tutti.