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Padrenostro, step by step
di don Augusto Fontana
PADRE.
ABBA' (papà) e IMMA' (mamma) sono le prime
parole che pronunciano i bambini ebrei. C'è quindi una componente
fiducioso-familiare, anche se nella cultura ebraico-semitica l'immagine del
padre conteneva meno elementi sentimentali della nostra cultura attuale;
JAHWE' veniva considerato GENITORE in quanto creatore della vita e in quanto
responsabile della costituzione del popolo.
Il nome Jahwè significa: "Eccomi qua, sono io che vi accompagno".
Isaia 52,6: "Pertanto il mio popolo conoscerà il mio nome, comprenderà in
quel giorno che io dicevo: eccomi qua".
Significa che non siamo mai orfani, smarriti, abbandonati alle forze e ai
condizionamenti di questo mondo. Vivere è anche grazia ed ogni esistenza è
benedizione. Chiamare Dio creatore con il nome di Padre significa credere
che la grazia sta alla radice di ogni cosa; nel testo del Genesi in cui si
medita sulla creazione, più volte si dice " E Dio vide che era cosa
buona-bella" (il termine ebraico usato è TOB che significa sia
"buono" che "bello"). Impariamo così a discernere, nelle cose, la Paternità
di Dio che, come diceva Ireneo di Lione, “ha creato tutto con le sue due
sante mani: il Figlio e lo Spirito".
Da qui si impara a non più maledire, a non più disprezzare. Un padre del
deserto diceva: "Non esiste altra virtù che il non-disprezzare".
(Isaia 63 e 64; Rom. 8,15-22; Osea 11,1-4; Geremia 31,20; Gal.4,6).
Nessuna delle diverse richieste contenute nella preghiera del Signore verrà
intesa rettamente se si perde contatto, durante la preghiera, con la prima
parola: «Padre!» che va posta non solo prima della preghiera
nel suo complesso, ma anche prima di ogni singola richiesta:
Padre
sia santificato il tuo nome,
Padre
venga il tuo regno,
Padre,
sia fatta la tua volontà…
Pronunciare la parola "Padre" è già
di per sé una preghiera. Nel culto cristiano esistono 2 brevissime
preghiere: una consiste nel dire "Padre" e l'altra consiste nel dire
"Amen". Nessuno dica più che “non ha tempo di pregare!”.
SIA
SANTIFICATO IL TUO NOME
La parola semitica QODES si traduce
con "tagliare-separare". Viene dichiarato Santo ciò che è separato dalla
quotidianità profana e quindi l'aggettivo è solo attribuibile a Jahwè IL
SANTO.
La domanda “sia santificato il tuo Nome” nasce :
-
da una constatazione
-
da un desiderio.
La constatazione: la situazione oggettiva della
vita, a causa delle sue profonde distorsioni, nega la glorificazione di Dio
e favorisce il bestemmiare.
Il desiderio: che Dio intervenga in modo tale
che gli uomini abbiano il coraggio di trasformare il mondo al punto di farlo
degno del Regno.
Dire che Dio è SANTO significa descrivere
il Suo Essere (com'è Dio?) e il Suo agire ( come si comporta Dio?). Esempio
tipico è il testo di Esodo 3,1-8: la grande rivelazione del Nome sul monte
Oreb, attorno a quel cespuglio che brucia e non si consuma.
Com'è Dio?: dire che Dio è SANTO è dichiarare che è
il TOTALMENTE ALTRO, che non prolunga il nostro mondo e non è la proiezione
delle nostre alienazioni e desideri. Ciò impedisce la manipolazione di Dio e
il Suo addomesticamento nei cortili e nelle botteghe dei nostri interessi;
ciò impedisce anche l'idolatria delle realtà umane con le quali mai Dio si
identifica.
Come si comporta Dio?:
dire che Dio è SANTO significa riconoscere che agisce come Totalmente
diverso quando si fa conoscere ai piccoli e agisce con giustizia sui
deboli.
Dio vuole essere riconosciuto "santo" cioè
"unico Dio vivo e vero" ed esige che il suo santo nome non sia profanato con
il culto agli idoli: "Osserverete dunque i miei comandi e li metterete in
pratica. Io sono il Signore. Non profanerete il mio santo nome, perchè io mi
manifesti santo in mezzo agli Israeliti. Io sono il Signore che vi
santifico, che vi ho fatto uscire dal paese d'Egitto per essere il vostro
Dio" (Levitico 22,31-32).
Dio vuole che anche l'uomo sia santo :"Santificatevi dunque e siate
santi, perchè io sono santo"(Levitico 11,44; 19,2). E' stato detto che
con questa frase biblica viene rivelato che il destino dell'uomo è Dio. Dio
è l'utopia realizzata di ogni uomo che desideri essere più di quanto è di
fatto.
Dio vuole manifestarsi santo nella santità dell'uomo : "Mostrerò la mia
gloria in mezzo a te" ( Ezechiele 28,22)." La vostra luce risplenda
davanti agli uomini perchè vedano le vostre opere buone e glorifichino
il Padre vostro che è nei cieli"(Matteo 5,16).Gesù prega il Padre: "
Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno.
Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella
verità" (Giov. 17,17).
Nella tradizione giudaica l'espressione Qiddush ha-Shem
(<santificazione del Nome>) era diventato un modo per indicare il martirio.
Il Nome.
Nella religiosità ebraica e nella lingua
semitica esistono due termini che sono intercambiabili: KABOD
(Gloria) e SCEM(Nome). "In occidente vedranno il Nome del
Signore e in oriente la sua Gloria"(Isaia 59,19). Quando nei
testi biblici si dice che "la Gloria di Jawè ha occupato il Tempio" si
rinvia ad una esperienza viva dello "spessore" della presenza di Dio; oggi
diremmo che Dio si rivela in modo sacramentale attraverso segni materiali
evocativi.
Quando si dice che la "gloria di Dio è l'uomo vivente" significa che l'uomo
costituisce la visibilità quantificabile della presenza di Dio. Quando
l'uomo è impoverito ed oppresso, il Nome di Dio va in esilio e si nasconde
nella sua povertà. Noi nella preghiera chiediamo a Dio di ribaltare la
situazione dell'uomo sfigurato perchè si manifesti chiara la Sua presenza,
perchè avvenga definitivamente la sua Epifania.
La Gloria e il Nome di Dio sono l’essenza del suo potere; sono, per così
dire, il <lato esterno> di Dio, quello che si manifesta.
L'invocazione iniziale del Padrenostro
significa:
1.
che Dio
ci doni di riconoscerlo come Dio, come mistero impenetrabile, affascinante e
tremendo, ma anche come Padre vicino, che accompagna e assiste ma non è
manipolabile dagli interessi umani. Che Dio, in nessuna religione, venga
ridotto a satellite dei nostri bisogni, a tappabuchi dei fallimenti, a
cliché standard.
2.
che chi
collega il nostro comportamento con la nostra fede non abbia a maledire il
Dio che adoriamo e in cui crediamo. Diceva Origene " Chi non si sforza di
collocare la propria concezione di Dio in armonia con ciò che è giusto,
costui pronuncia invano il santo nome del Signore Dio". Dio è profanato
quando si profana la sua immagine che è l'essere umano: è qui che si dirige
la sfida di una santificazione liberatrice, cioè nello sforzo di preparare
un mondo che onori ed esalti Dio per la buona qualità di vita che riesce a
produrre e per la tutela dei deboli.
VENGA
IL TUO REGNO
E' la domanda centrale del Padrenostro ed
è il cuore dell'Evangelo perchè l'intenzione ultima di Gesù, il nucleo del
suo messaggio e il movente della sue azioni stanno in questo REGNO: " Il
tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al
Vangelo" (Marco 1,14).
Dio si mostrerà definitivamente Santo quando instaurerà definitivamente il
Suo regno. La preghiera "sia santificato il tuo Nome" cesserà quando
verrà il Suo Regno:"Poi sarà la fine quando il Cristo consegnerà il
Regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e potestà.
Allora Dio sarà tutto in tutti". ( 1 Corinzi 15,23-28).
Del Regno di Dio il Nuovo Testamento parla 122 volte sia per indicare la
sovranità di Dio che per indicare la condizione dell'uomo dentro la
grazia di una vita serena e giusta.
Dio regna quando viene riconosciuto Dio che crea e che si prende a cuore le
situazioni umane. Dite tra i popoli: <<Il Signore regna!>>. Giudicherà il
mondo con giustizia e con fedeltà tutte le genti .(Salmo 96).
Misericordia e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno. La
verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo. Quando
il Signore elargirà il suo bene, la nostra terra darà il suo frutto. Davanti
a lui camminerà la giustizia e sulla via dei suoi passi la salvezza.
(Salmo 85).
Questa fede nasce dall’esperienza dell’esodo. Esodo 2: [23]Gli Israeliti gemettero
per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla
schiavitù salì a Dio. [24]Allora Dio ascoltò il loro lamento, si ricordò
della sua alleanza con Abramo e Giacobbe. [25]Dio guardò la condizione degli
Israeliti e se la prese a cuore.
Jahweh è il Dio del soccorso ai bisognosi, che non si rassegna alle
sofferenze causate dagli uomini. Resterà questa la caratteristica del
rapporto tra Dio e il suo popolo.
L’attesa di questo Dio protagonista della storia umana è la causa di tutta
la carica messianica presente nella religiosità ebraica e nella
tensione cristiana. L' uomo biblico è un uomo che non si consuma nel
realismo della vita che fa, ma sogna, desidera, aspira, attende, spera, crea
utopie. Sono le utopie che impediscono all'assurdità di dominare la storia,
che demitizzano i regimi di conservazione, che rispettano Dio come Dio e
impediscono la formazione di idolatrie che sono i surrogati di Dio.
L'uomo è abitato dal "principio-speranza"
che si manifesta con la tensione verso il
nuovo, verso il senza-frontiere, verso la pace e il benessere soprattutto
relazionale:
"Il lupo dimorerà insieme con l'agnello, il leone si ciberà con la paglia
del bue, il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi e non ci
saranno più azioni inique né saccheggi"(Isaia
11,6-9). "Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri dicendo
<Riconoscete il Signore!>, perchè tutti mi riconosceranno, dal più piccolo
al più grande, dice il Signore"(Geremia 31,34).
"Vidi
poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima
erano scomparsi e il mare non c'era più. Vidi anche la città santa, la nuova
Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il
suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: <<Ecco la
dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo
popolo ed egli sarà il "Dio-con-loro". E tergerà ogni lacrima dai loro
occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le
cose di prima sono passate>>. E Colui che sedeva sul trono disse: <<Ecco, io
faccio nuove tutte le cose>>. Io sono l'Alfa e l'Omega, il Principio e la
Fine.
(Apocalisse 21,1-7)
CONTINUA
OGNI GIORNO A DARCI IL PANE CHE BASTA PER QUEL GIORNO
Per quanto possano essere alti i pensieri
della mente e spirituali le virtù, l'uomo ha bisogno di una infra-struttura
materiale (acqua, aria, pane...). Questa infra-struttura è così importante
che Gesù ha legato la salvezza o la perdizione al fatto di averla o no
accolta in modo giusto e fraterno (Matteo 25, 31-46).
La necessità del pane è individuale; tuttavia il suo appagamento non può
essere individuale, ma comunitario: nostro. Il pane ci convoca per
una conversione collettiva. S. Basilio Magno già nel 300 d.C. affermava : "
All'affamato spetta il pane che si spreca nella tua casa; allo scalzo
spettano le scarpe che ammuffiscono sotto il tuo letto. Al nudo spettano i
vestiti che sono nel tuo baule; al povero spetta il denaro che si svaluta
nelle tue casseforti".
Il testo
greco usa il termine “epiusios” = quotidiano=necessario.
Il termine greco ha sollevato una ridda di interpretazioni e di traduzioni:
v
pane per
ogni giorno (Leggere Esodo 16,4-19);
v
pane
necessario per vivere oggi (forse era una preghiera che i seguaci di Gesù
recitavano al mattino prima di partire per l'avventura esposta della
missione)
v
pane del
giorno che viene(pane futuro dell'escatologia:" Beato chi mangerà il
pane nel Regno di Dio" Lc.14,15).
v
Matteo
scrive il verbo “dare” al tempo aoristo che esprime un pressante appello:
«Dacci immediatamente» = «oggi». In Luca la stessa parola si trova nella
forma greca del presente che significa «continua a darci» a cui fa
seguito non la parola «oggi», ma «ogni giorno di nuovo».
Quando si dice "pane" non si pensa solo al cibo, ma ad ogni cosa di cui
abbiamo necessità per vivere bene o sopravvivere, per esempio l'amicizia, la
resistenza contro le difficoltà, la serenità interiore...
Il Signore ha insegnato a non affannarci per i domani (Matteo 6) come già
il Libro dei Proverbi aveva insegnato a chiedere: " Non darmi nè povertà
nè ricchezza; fammi avere il cibo necessario" (Prov.30,8). Il Signore ci
ha detto "Io sono il Pane di vita " (Giov. 6).
RIMETTI
A NOI I NOSTRI DEBITI COME NOI LI...
L'uomo non vive di solo pane, ma anche di
un'altra infra-struttura senza la quale non esiste: ha bisogno di sentirsi
inserito nel tessuto sociale. Il perdono è il pane della vita comunitaria.
L'uomo non solo vive, ma anche con-vive; è nella convivenza
che diventa persona e cioè nodo di relazioni.L'io personale è abitato dagli
altri e compromesso con essi. Noi siamo in debito con gli altri, sempre:
questo è il nostro debito "innocente": ciò che mangiamo, di cui ci vestiamo
e i servizi di cui godiamo hanno impresso il marchio della fatica di qualche
uomo.
Oltre a questo debito "innocente" abbiamo anche dei debiti "colposi"
rappresentati da ciò che doveva essere fatto per gli altri e non è stato
fatto. Abbiamo poi dei debiti "dolosi".
Ciò che è stato detto dei rapporti umani si riferisce anche ai nostri
rapporti con il Padre: abbiamo verso di Lui dei debiti "innocenti, "colposi
e dolosi". E' d'obbligo evocare la Parabola del servitore insolvente (Matteo
18,23-35): poichè Dio mi ha perdonato sono in grado di trovare le ragioni
sufficienti e i motivi per perdonare ai colleghi servi, in quanto sono
invaso dalla gratitudine.
Mentre la formulazione di Matteo parla di "debiti", quella di Luca parla di
"peccati".
"Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è
in noi"(1 Giov. 1,8).
Non si tratta quindi solo di singoli gesti da farci perdonare, ma di una
situazione che deve essere rinnovata. "Perdona l'offesa al tuo prossimo e
allora, per la tua preghiera, ti saranno rimessi i peccati"(Siracide 28,2).
Luca nel suo capitolo 15 ci presenta una svolta nella comprensione del Dio
biblico che non è più un Dio vendicativo e punitivo, ma misericordioso: non
è più il Dio dei giusti e dei sani, ma il Dio dei peccatori e dei
malati(Marco 2,17).
LIBERACI
DALLA TENTAZIONE
Dice Gesù: "Il Figlio dell'uomo,alla sua
venuta, troverà forse la fede sopra la terra?" (Luca 18,8). Bisogna dunque
"vegliare e pregare per non entrare nella tentazione(prova)"(Marco 14,38).
Con questa parte del Padrenostro noi chiediamo di essere preservati
dalla apostasia e dall'idolatria. "Per il dilagare dell'iniquità, l'amore
di molti si raffredderà; sorgeranno falsi profeti che faranno grandi prodigi
e inganneranno molti"(Matteo24,22-24).
Siamo esseri strutturalmente messi in libertà e quindi in continua necessità
di scegliere : "Nel mio intimo acconsento alle Legge di Dio, ma nelle mie
membra vedo un'altra legge che muove guerra alla Legge dello spirito e che
mi rende schiavo della legge del peccato. Sono uno sventurato! Chi mi
libererà?..."( Romani 7,22-24).
La morte stessa resta per tutti come la grande tentazione da cui essere
liberati. |