| chiudi la finestra |stampa |  

---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

 Celebrare in famiglia
Prospettive teologico-pastorali

Mario Labio (Horeb 3/2010)

Il termine "celebrare", nel contesto liturgico, è generalmente collegato al termine "festa", intesa nel suo significato più ampio di commemorazione di un evento; ma "celebrare" è riferito anche ad un "compimento rituale", come per esempio succede per l'Eucaristia o per un altro sacramento; azioni che comunque presuppongono quasi sempre una importante partecipazione di popolo (l'assemblea tutta) in un determinato luogo di culto (chiesa, santuario, luogo di aggregazione del popolo di Dio), presieduto di norma da un presbitero.
Più problematico risulta invece trasferire lo stesso termine "celebrare" in quel contesto privato, molto ridotto sia in termini di spazi che di numeri, che è la famiglia: "celebrare in famiglia". Che cosa comporta? Come è possibile una celebrazione "liturgica" tra le mura domestiche?

Lodare, glorificare, onorare Dio.
Se del termine "celebrare" andiamo a vedere però tutti i significati suggeriti dalla sua etimologia, come "onorare, esaltare, glorificare, pregare", allora tutto diventa chiaro e comprensibile, tutto appare logico e possibile: anche la famiglia, piccola cellula di quella grande Famiglia di famiglie che è la Chiesa, è chiamata, nel suo ambito circoscritto, a pregare Dio ritualmente, a lodarlo, onorarlo, glorificarlo. Non ci deve meravigliare quindi se i nostri pastori si battono costantemente per sensibilizzare e raccomandare alle famiglie, soprattutto in presenza di bambini, questo cammino di preghiera, che è fondamentale per rispondere a quella chiamata generale alla santità che consiste nell'appartenere a Cristo, nel conformarsi a lui, nel vivere "un solo spirito" con lui.
E nella prospettiva di una preghiera familiare, come preparazione alla vita cristiana dei figli, Giovanni Paolo II nella Lettera Enciclica Familiaris Consortio al n. 61 ebbe a dire:

 «Una finalità importante della preghiera della Chiesa domestica è di costituire, per i figli, la naturale introduzione alla preghiera liturgica propria dell'intera Chiesa, nel senso sia di preparare ad essa, sia di estenderla nell'ambito della vita personale, familiare e sociale. [ ... ] Per preparare e prolungare nella casa il culto celebrato nella Chiesa, la famiglia cristiana ricorre alla preghiera privata, che presenta una grande varietà, di forme: questa varietà mentre testimonia la straordinaria ricchezza secondo cui lo Spirito anima la preghiera cristiana, viene incontro alle diverse esigenze e situazioni di vita di chi si rivolge al Signore».

 Anche Benedetto XVI è tornato frequentemente su questo tema. Per esempio, durante la celebrazione dei Vespri nella Cattedrale di Monaco, incontrando i bambini della Prima Comunione, i loro genitori e i loro educatori, ha rivolto loro l'invito a scoprire la bellezza della preghiera in famiglia:  

«per favore, pregate anche a casa insieme: a tavola e prima di andare a dormire. La preghiera ci porta non solo verso Dio, ma anche l'uno verso l'altro. È una forza di pace e di gioia. La vita nella famiglia diventa più festosa e acquista un più ampio respiro, se Dio vi è presen­te e si sperimenta questa sua vicinanza nella preghiera».

 E ancora, nell'omelia pronunciata durante la Messa in occasione dell'incontro mondiale delle famiglie di Valencia 2006:

«La famiglia cristiana trasmette la fede quando i genitori insegnano ai loro figli a pregare e pregano con essi; quando li avvicinano ai sacramenti e li introducono nella vita della Chiesa; quando tutti si riuniscono per leggere la Bibbia, illuminando la vita familiare con la luce della fede e lodando Dio come Padre».  

Analoga situazione viene delineata per la famiglia anche dalla Conferenza Episcopale Italiana[1]:

«La famiglia cristiana offre a Dio il culto spirituale con la preghiera comune e l'offerta del proprio stare insieme, nella fatica e nel riposo, nella sofferenza e nella gioia. Nella casa si collocano segni religiosi, come il crocifisso e altre immagini sacre, la Bibbia e i ricordi dei sacramenti ricevuti, creando possibilmente un angolo della preghiera. Si trova il momento più adatto per pregare insieme nei giorni feriali. Si partecipa alla celebrazione eucaristica e si compie qualche gesto significativo per celebrare la festa. I genitori accompagnano i figli nel cammino dell'iniziazione cristiana, risvegliando in se stessi la grazia del sacramento».

Anche il Libro liturgico delle Benedizioni (detto "Benedizionale") dà delle precise disposizioni in merito alle pratiche devozionali promosse e attuate, come nel nostro caso, dai genitori nell'ambito familiare:

 «I fedeli, guidati dalla fede, rinvigoriti dalla speranza, spinti dalla carità, non solo sono in grado di scorgere saggiamente in tutte le cose create l'impronta della bontà di Dio, ma anche nelle opere dell'attività umana cercano implicitamente il Regno di Cristo e inoltre considerano tutti gli eventi del mondo come segno di quella paterna provvidenza con la quale Dio regge e sostiene tutte le cose. Sempre quindi e dappertutto si offre l'occasione di lodare, invocare e ringraziare Dio per mezzo di Cristo, nello Spirito Santo, purché si tratti di cose, luoghi o contingenze che non siano in contrasto con la legge o lo spirito del Vangelo» .

Celebrare nel quotidiano vivere l’amore.
Fatte queste premesse di carattere pastorale, cerchiamo di capire meglio che cosa significhi "celebrare" per la famiglia, per una coppia di sposi con figli, e che cosa centri il celebrare della famiglia con Gesù.
È possibile rendere lode della presenza viva di Gesù nella famiglia?
Qual è la modalità specifica per celebrare in famiglia l'amore del Signore?
Prima di tutto va detto che quando la Lettera Enciclica Familiaris Consortio dice che il matrimonio cristiano è in se stesso un atto liturgico, non si riferisce soltanto al giorno delle nozze, ma che dal quel giorno il sacramento è costantemente celebrato nel quotidiano vivere l'amore reciproco: «Il dono di Gesù Cristo non si esaurisce nella celebrazione del sacramento del matrimonio, ma accompagna i coniugi lungo tutta la loro esistenza» (n. l0). Gli sposi quindi sono chiamati ad una perenne celebrazione liturgica che dica attraverso il quotidiano l'amore che Cristo ha per la Sua Chiesa. Tutto questo non attraverso cose straordinarie ma vivendo in modo straordinario, cioè con amore, l'ordinario della vita familiare. Si capisce allora perché il modo proprio di celebrare l'amore del Signore è proprio il gesto di affetto reci­proco tra genitori e figli.
Per questo i figli fin dalla più tenera età devono imparare a percepire il senso di Dio e a venerarlo. Un'esperienza familiare positiva è infatti la fortuna più grande che può capitare, perché dà un'impronta per tutta la vita. Se non si insegna a pregare in famiglia, difficilmente poi si riuscirà a colmare questo vuoto. È noto ormai come sia essenziale e vitale quello che di soprannaturale e di divino apprendono i bambini nei primi tre anni della loro esistenza: è necessario perciò curarsi di essi soprattutto nei primi mille giorni della loro vita e poi su su fino ai sei anni. Ecco allora che l'evangelizzazione del futuro dell'uomo dipende in gran parte dalla "Chiesa domestica", la famiglia.

 Caratteristiche sostanziali del celebrare in famiglia

Vediamo ora alcune caratteristiche di questa esperienza celebrativa familiare.  

Testimoniare Dio
Perché i bambini imparino a pregare Dio occorre anzitutto che sia loro svelata la sua realtà, che scoprano la sua esistenza. Devono sapere che Egli c'è. E qui i genitori hanno una straordinaria possibilità per aprire ai loro figli questa conoscenza, quella di testimoniarlo: «Che siano uno (nell'amore, nella verità) - dice Gesù nel Vangelo - affinché il mondo creda». Il che vuol dire: che i cristiani si amino tra loro affinché negli altri irraggi la luce della fede. I bambini non resteranno indifferenti a questa testimonianza: attraverso di essa cominceranno a capire che esiste Qualcuno che avvolge tutti con il suo amore e verrà loro spontaneo rivolgere fiduciosi la loro mente e il loro cuore a Lui. L'amore dei genitori è la prima spiegazione di Dio ed il primo tramite di Lui che passa attraverso una certa traspa­renza di vita che ha radice nella reciproca carità. Il sacramento del matri­monio ha dato a tutti questa particolare capacità di rafforzare, consolidare l'amore naturale: il volersi bene - diventato soprannaturale - può efficacemente far breccia nel cuore dei loro figli, lasciando tracce che i successivi eventi della vita non riusciranno a cancellare.

 I genitori, punto di attrazione
L'immagine che rende evidente ciò che Gesù comanda a quelli che sono uniti nel suo nome (e quindi nel nostro caso ai genitori) è quella offertaci dal cap. 25 di Matteo: Gesù ritiene fatto a Sé quanto si fa a chi cammina con noi. I genitori costituiscono il primo sentiero che conduce i figli ad incontrare Dio. Per questo alla fine della vita saremo giudicati sull'amore. Gesù inoltre non propone come modello un amore qualunque. Ma richiede nell' amare una misura che è la sua: "Amatevi come Io vi ho amati". È un amore-dono che contiene il valore della vita. Se tutto il giorno (o quanto più spesso possibile) i genitori avranno presente ciò, sia quando pregano o lavorano o si mettono a tavola, sia quando riposano o studia­no, o ridono o giocano con i loro figli ... , tutti i momenti saranno buoni per celebrare Dio.

 Celebrare equivale ad insegnare
Se i genitori pregheranno insieme anche con particolari atteggiamenti esterni, come facendosi il segno della croce, recitando delle orazioni, i piccoli li imiteranno: anch'essi cercheranno di porsi nell'atteggiamento esterno che è tipico della preghiera, anch'essi balbetteranno qualcosa ­ magari non comprendendo tutto - ma trascinati unicamente dall'esempio. Poi arriverà anche il momento di insegnare loro a pregare con la Parola. E le brevissime preghiere che il bambino inizialmente imparerà saranno il principio del suo dialogo con Dio. Il dialogo con Dio infatti è espressione di amore ed è sorgente di amore: il punto di partenza per avviare ed educare alla preghiera è appunto il clima di dono reciproco che esiste nell'ambito familiare in cui si vive. Il parlare per il bene dell'altro e non per rivendicazioni egoistiche, lo stile del dialogo, il saper aspettare, lo sforzo di dare il meglio di sé, la pazienza, il prevenirsi a vicenda, l'amare per primi, il saper perdonare, il ricominciare da "nuovi" quando occorre, …sono tanti atteggiamenti che indicano il volto di Dio e creano la possibilità di rivolgersi con fiducia a Lui: non per ritualità, ma per attuare un collegamento fondamentale.

Celebrare la Sua presenza
La preghiera in famiglia è una preghiera speciale: non è come una qualsiasi altra preghiera personale. Essa ha una efficacia particolare. Anche le preghiere normali e più comuni. Sarà bene al mattino, al risveglio, per cominciare da figli di Dio, offrire a Dio la giornata che sia apre, con preghiere brevi al Padre che è nei cieli, a Gesù, a Maria. Dio infatti va amato; e amare significa dare. Doniamo dunque a Dio, ogni mattina il nostro nuovo giorno. Tra i modi di iniziare il cammino, è suggerito quello di non portare nel cuore rimasugli del giorno precedente nei confronti di chi ci sta accanto (genitori o figli), ma vedere con occhi nuovi e migliori le persone che incontriamo e con cui condividiamo la strada. Alla sera prima di coricarsi qualche breve preghiera darà modo di comporre in armonia i vari avvenimenti che sono stati vissuti: dire grazie per il giorno trascorso, chiedere perdono per gli sbagli commessi, esprimere un propo­sito di miglioramento per il tempo che verrà. S. Bernardo ammoniva che «chi non va avanti, va indietro». È chiaro che la preghiera comune non è sovrapporsi all'altro, ma un cercare insieme, unendo il meglio, nel rispet­to del cammino e dell'esperienza di ognuno. Gesù ha detto: «Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto»; bisogna sapersi collegare con questa finestra aperta sulle nostre vicende che è la promessa del Signore.

 Celebrare Dio è pregare sempre e bene
Gesù dice di "pregare sempre senza stancarsi mai". Come? Facendo delle nostre azioni un atto d'amore per Lui. Premettendo possibilmente alle azioni, specie quelle più importanti, un "per Te", come molti santi insegnano. Perché "pregare sempre" non significa moltiplicare gli atti di preghiera, ma orientare l'anima e tutta la vita a Dio: studiare per lui, lavorare, faticare, soffrire, riposare solo per Lui. E compiere ogni nostra azione nel modo migliore possibile, perché siamo consci di fare di essa un prolungamento di ciò che il Signore ha compiuto creando le cose ed affidandole all'uomo. Ed occorre pregare bene. Premettere sempre pochi secondi di raccoglimento e di silenzio per renderci conto di fronte a Chi siamo. Pronunciare bene le parole suggeriteci dalla Chiesa, in modo da poterle fare nostre e mettervi tutto il nostro cuore. Parlare anche spontaneamente e a turno confidare a Gesù le cose che più ci stanno a cuore, le nostre difficoltà, le nostre speranze, i nostri propositi.
Con questi piccoli accorgimenti, la famiglia, piccola Chiesa, seguendo la voce dello Spirito, sarà sempre più di Dio e su di essa Egli potrà compiere i suoi disegni come quello di aprirsi su tante altre famiglie, perché tutte insieme costituiscano una vasta famiglia di figli di Dio i cui membri, legati dall'amore portato da Gesù, testimonino come dovrebbe essere sulla terra l'intera famiglia umana.

 Caratteristiche formali e pratiche del celebrare in famiglia.
A questo punto, è opportuno fissare brevemente l'attenzione anche su quelli che sono i tratti più importanti di una buona celebrazione familiare
[2].

Innanzitutto i gesti e le parole: devono essere semplici, e devono caratterizzare la vita quotidiana della famiglia. La liturgia familiare è infatti celebrazione della vita, celebrazione in cui i gesti e le parole di ogni giorno che compongono la storia concreta di ogni famiglia, attraverso la presenza di Cristo, acquistano un significato profetico e salvifico. Nella Familiaris consortio al n. 59 Giovanni Paolo Il sottolineava che la preghiera della famiglia deve essere impastata di quotidiano: «Tale preghiera ha come contenuto originale la stessa vita di famiglia, che in tutte le sue diverse circostanze viene interpretata come vocazione di Dio e attuata come risposta filiale al suo appello».
Poi i ruoli: i bambini o i ragazzi devono partecipare attivamente alle celebrazioni al pari degli adulti. È importante considerare la liturgia familiare come una celebrazione in cui tutti i componenti della famiglia sono soggetti attivi. Nella liturgia domestica tutti, non essendoci nessuno investito del sacerdozio ministeriale, sono chiamati a realizzare il sacerdozio comune acquisito attraverso il battesimo; quindi anche i più piccoli, che spesso sono invece esclusi dalle liturgie comunitarie, devono vivere il momento celebrativo in famiglia da protagonisti. È perciò importante porre una attenzione particolare a far sì che nessuno, nel momento della celebrazione, resti senza un suo compito particolare. Anche la richiesta ai bambini di preparare qualcosa, oltre ad aiutare la preghiera stessa, permette a loro di essere protagonisti con i loro linguaggi e i loro tempi.
Inoltre, l'esempio dei genitori sul comportamento da tenere: «Elemento fondamentale e insostituibile nell'educazione alla preghiera è l'esempio concreto, la testimonianza viva dei genitori: solo pregando insieme con i figli, il padre e la madre, mentre portano a compimento il proprio sacerdozio regale, scendono in profondità nel cuore dei figli, lasciando tracce che i successivi eventi della vita non riusciranno a cancellare»
[3].
Importante è anche il confronto costante delle varie situazioni con le storie bibliche, che devono essere colte nella loro capacità di intersecare i momenti comuni della vita di ogni giorno, in cui si realizza l'esistenza della famiglia.
Da non sottovalutare è infine la scelta delle speciali occasioni celebrative in famiglia, da coordinare sulla base dello svolgimento dell'anno liturgico oppure di varie necessità o tematiche cristiane.  

Struttura “tipo” consigliata per le celebrazioni in famiglia.

 Come si svolge una celebrazione tipo? Possiamo consigliare qui uno schema di massima, ma poi saranno i genitori stessi e stabilirne le modalità più consone al loro stile di vita.
Iniziare con "Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" cui tutti risponderanno "Amen". Far seguire quindi qualche istante di silenzio per introdurre un'atmosfera di preghiera e di raccoglimento.

Lettura della Parola di Dio:
uno dei genitori o dei figli leggerà un passo tratto dalla Sacra Scrittura: la scelta può cadere su argomenti attinenti il tema principale della celebrazione (reperibili, per praticità, in qualunque messale quotidiano o sul brano evangelico previsto dalla liturgia della domenica successiva.
Riflessioni personali:
ciascuno è invitato a comunicare agli altri la frase o la parola che più lo ha colpito.
Dialogo:
alcune invocazioni recitate dai genitori cui i figli risponderanno con un ritornello sul tipo "Ascoltaci, Signore" o simile.
Si conclude con la recita corale del Padre Nostro e dell' Ave Maria.
Se la celebrazione avviene di sera, è opportuno chiudere con la "Benedizione finale ai figli" da parte di un genitore, con la seguente formula:

Il genitore:
Ti (vi) benedica il Signore e ti (vi) protegga.
Tutti gli altri:
Amen.
Il genitore: Il Signore faccia brillare il suo volto su di te (voi) e ti (vi) sia propizio.

Tutti gli altri:
Amen.
Il genitore: Il Signore rivolga su di te (voi) il suo sguardo e ti (vi) doni la pace.

Tutti gli altri:
Amen.


[1] Catechismo per la vita cristiana: La verità vi farà liberi, Roma 2001 (Cap. 6: Famiglia e chiesa, n. 1072)
[2]
Cf. G. A. CONORI-E. DANELLI, Preghiere di Famiglia, Effatà, Torino 2007,4.
[3] G. A. CONORI-E. DANELLI, Preghiere di Famiglia, Effatà, Torino 2007