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Innamorarsi
degli innamorati
Card. C.M. Martini
Milano il 25.10.2000 in occasione dell’incontro “Religioni per la pace nello
spirito di Assisi” (da Messaggero cappuccino gen-feb 2001)
Regola aurea
Madre Teresa di Calcutta, quando le si chiedeva come si ponesse di
fronte ad altre religioni, rispondeva:”Amo tutte le religioni, ma sono
innamorata della mia”. Mi lascio ispirare da queste parole di Madre Teresa
per rispondere alla domanda: chi è l’altro per me? Chi è l’altro in quanto
seguace di una religione diversa dalla mia?
Il Lama Denys Teundroup ha detto che l’altro è parte di noi stessi, è parte
di me. Viene subito alla mente la regola d’oro dell’etica, che cito secondo
la versione di Tobia:”Non fare a nessuno ciò che non piace a te” (Tob 4,1
5). È la regola aurea che, con diverse formulazioni, si trova un po’ in
tutte le religioni. In positivo suona così: “Tutto quanto volete che gli
uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”, con l’aggiunta: “Questa
infatti è la Legge e i Profeti” (Mt 7,12). Qui si condensa ogni religione.
Se dunque l’altro è parte di me stesso, devo cercare di penetrare con
simpatia nel cuore di chi mi sta davanti o mi sta vicino; penetrare nel suo
cuore non solo come persona umana generica (un “altro”), ma anche quale
membro di un’altra religione. Mi sforzo di capire le sue intenzioni profonde
e in esse mi sembra di riconoscere molte di quelle cose che stanno a cuore
anche a me. In lui ritrovo parte di me stesso. E così mi pare di scorgere -
parlo della mia esperienza - nell’animo di chi mi sta di fronte o di chi mi
sta vicino e che vive intensamente la sua esperienza religiosa, alcune
caratteristiche che cercherò di descrivere molto semplice mente, rifacendomi
anche a grandi studiosi delle religioni mondiali (per esempio Friedrich
Heiler).
Sono consapevole che la descrizione che farò utilizza un vocabolario proprio
della mia tradizione e della cultura occidentale: in esso altri mondi
culturali potrebbero non riconoscersi. In proposito però richiamo ciò che ho
vissuto anni fa in un monastero buddista, presso Hong Kong. Parlando a lungo
con un monaco anziano e molto saggio, mi accorgevo che i nostri vocabolari
erano diversi; là dove io parlavo in termini positivi e di pienezza, lui
parlava in termini negativi e di vuoto. Ma percepivo anche - e mi pare che
anche il mio interlocutore sentisse, con l’intelligenza del cuore - che in
fondo stavamo parlando della stessa esperienza, di un qualcosa che ci univa
assai profondamente al di là della cortesia del dialogo e del suono delle
parole.
Riconoscersi dall’alto
Vorrei dunque esprimere ciò che sento quando ho davanti a me un
interlocutore che vive una intensa vita di preghiera, a qualunque religione
appartenga.
l. Anzitutto mi pare di cogliere, in lui come in me, che entrambi
intendiamo metterci di fronte a una realtà trascendente, comunque la si
chiami, anche se la si ritiene inconoscibile e la si definisce magari con
categorie negative.
2. Avverto inoltre che questa realtà è percepita come non lontana o a
noi estranea od ostile, ma in qualche modo vicina, anzi immanente, in
relazione col nostro intimo, parte della nostra esperienza profonda.
3. Sento che per entrambi tale realtà ha qualcosa di supremo e di
indicibile, ma che va nella linea di una somma bellezza, verità, giustizia,
bontà.
4. Sento che perciò questa realtà è amore, misericordia, compassione
e attrae coloro che ad essa si donano in questa sfera di misericordia e di
bontà.
5. Percepisco che per entrambi c’è una via da percorrere per andare
verso quella realtà, per unirsi ad essa con l’amore e che questa via passa
per l’uscita da sé, il pentimento, il rinnegamento, l’ascesi, la preghiera.
6. Sento che questa via comporta l’amore del prossimo, l’amore dei
propri nemici e la capacità di perdonare.
7. Infine avverto che sia per me che per chi mi sta di fronte questa
via è quella che conduce a una pienezza o beatitudine, che da qualcuno può
anche essere chiamata svuotamento e nulla, ma che comporta in ogni caso una
desiderabile qualità di essere.
Al
di là di se stessi
Mi pare anche di poter osare un po’ di più, di dire cioè che, quando si
è di fronte a tali caratteristiche, si è di fronte a qualcosa che si può
definire come “innamoramento”. È un essere innamorati senza limiti, un
essere attratti verso una realtà che ci supera da ogni parte, che ci fa
tremare e insieme esultare. L’incontro di due persone religiose, anche di
diversa religione, è un incontro di due persone che si scoprono innamorate
della medesima realtà; e tutto ciò senza invidia né gelosia, ma anzi con
gioia reciproca. Essere innamorati della realtà che molti chiamano Dio
significa amare con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente e
con tutte le forze qualcuno di trascendente, realizzando il precetto del
Deuteronomio, ripreso poi da Gesù: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il
cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più
grande e il primo dei comandamenti” (Mt 22,37ss). Quando si ama così, si è
portati al di là di se stessi, verso l’ascesi, la preghiera, la meditazione.
Si è portati pure ad amare tutti coloro che questo Essere trascendente ama,
cioè tutti coloro che portano come me la sua immagine, la sua impronta,
seconda la parola della Bibbia: “Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine
di Dio lo creò, maschio e femmina li creò” (Gen 1,27). Si comprende allora
che, accanto al primo comandamento, Gesù ne abbia proposto un secondo, che
egli dichiara essere “simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te
stesso” (Mt 22,39), comandamento che ci riporta a quella regola d’oro di
ogni cultura e di ogni religione da me richiamata all’inizio: fai agli altri
ciò che vorresti fosse fatto a te. A mio avviso, tutti questi elementi
costituiscono un ampio terreno condivisibile tra me e i seguaci di altre
religioni. È una piattaforma comune di riferimento, un luogo di dialogo e di
scambio. Percepisco anche che l’altro che ho di fronte può vivere assai più
intensamente di me tali valori, e dal dialogo con lui posso ricevere
beneficio, stimolo, luce e incoraggiamento, senza abbandonare alcuna delle
mie convinzioni di fondo.
La profondità comune del cuore.
L’atteggiamento che ho descritto non considera tanto i sistemi religiosi
come tali (“dialogo tra le religioni”), né la professione esterna o la
rappresentanza ufficiale di religioni (“dialogo tra uomini di religioni”);
considera piuttosto le profondità del cuore di ciascuno, nell’intento di
scoprire i tanti elementi comuni che abbiamo insieme, al di là del
vocabolario, dei sistemi teorici e delle teologie differenti (“dialogo tra
persone religiose”, “dialogo dell’interiorità”). Ritengo perciò che
all’interno della categoria generale del cosiddetto “dialogo
interreligioso”, occorre distinguere tra un “dialogo tra le grandi
religioni”, un “dialogo tra uomini di religioni” e quello che è richiamato
come “dialogo tra esperienze religiose” o “dialogo dell’interiorità”. Le tre
realtà sono connesse ma anche distinte tra loro. La Congregazione per la
Dottrina della Fede cattolica ha richiamato recentemente le condizioni per
un sano dialogo interreligioso. Nella Dichiarazione intitolata Dominus
Jesus circa l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della
Chiesa (di cui la stampa ha molto parlato), si afferma chiaramente che tale
dialogo interreligioso “comporta un atteggiamento di comprensione e un
rapporto di conoscenza reciproca e di mutuo arricchimento, nell’obbedienza
alla verità e nel rispetto della libertà” (n. 2). Si sottolinea inoltre
che “Dio non manca di rendersi presente in tanti modi non solo ai singoli
individui ma anche ai popoli mediante le loro ricchezze spirituali, di cui
le religioni sono precipua ed essenziale espressione” (n. 8).
L’affermazione centrale del documento sulla potenza salvifica di Gesù Cristo
non esclude dunque che vi siano strade di salvezza che non si esprimono solo
nelle religioni in quanto esternamente definibili, ma toccano l’intimo di
ogni uomo che cerca Dio, che è anzi cercato da lui. Le religioni e la
religiosità profonda e sincera di tanti uomini e donne di ogni denominazione
religiosa sono un elemento fondamentale per arrivare a una vera pace.
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