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DENARO E COSCIENZA
Rosanna Virgili

(Rocca 01/02/06)

La distanza tra categorie di uomini creata dalla diversa attribuzione della ricchezza è vecchia quanto il mondo e, naturalmente, nota anche ai Profeti di Israele. È un dato fondamentale, che può diventare la chiave ermeneutica del problema: non solo l'accentuarsi, ma il crearsi stesso della differenza tra «poveri» e «ricchi» non deriva dalla tentazione dei nullatenenti di appropriarsi dei beni altrui, al fine di sopravvivere, ma - assurdo! - dalla avidità di chi già molto possiede, di avere di più. «Guai a voi che aggiungete casa a casa e unite campo a campo, finché non vi sia più spazio, e così resterete soli ad abitare il paese». È quanto esprime con estrema chiarezza il profeta Isaia (Is 5,8). La sete di ricchezza tende a trasformarsi in una vera e propria manìa, per cui - come succede in maniera mascroscopica nella nostra attuale società - chi ha, vuole avere di più e poi ancora di più; per far ciò deve spogliare, via via, tutti quelli che gli vivono accanto, scacciarli, farli sparire. Questa follia diventa assoluta ed inarrestabile per cui, siccome «i soldi fanno soldi», il ricco acquista tutto ciò che gli sta attorno, per poter essere il solo ad «abitare il paese».
Dietro il meccanismo di accumulo della ricchezza, si nasconde, perciò, un istinto di radicale egoismo. Per garantire a se stesso l'esclusiva sui beni del mondo, l'uomo sceglie lo strumento più potente: il denaro, quel mezzo, cioè, che gli permette di decidere della sopravvivenza di tutti: uomini, piante, animali! Che gli fa credere di essere come Dio: padrone della vita e della morte.
L’avidità di ricchezza vizia e mistifica ogni forma di potere: da quello politico a quello economico-sociale, da quello culturale a quello religioso. I Profeti di Israele hanno indagato e denunciato il danno che da questo male capitale deriva ai «poveri» del Signore; ed hanno spiegato chiaramente quanto di distruttivo, di corrosivo, di letale, il sistema che su questa avidità si impianta, comporti per il destino ultimo di tutto il popolo e persino del mondo.
L’invettiva dei profeti contro i crimini dei ricchi è violenta, perché essi hanno ricevu­to da Dio il compito di difendere la vita dei poveri; la prospettiva dei loro discorsi è, tuttavia, sconcertante per chi si ritiene onnipotente: la vita degli uomini non dipende dalla loro ricchezza.

 I tuoi governanti sono fuorilegge.
Uno dei testi più significativi su questo tema è quello di Isaia al capitolo primo, che reci­ta così:
Come mai la città fedele è divenuta una prostituta? Era colma di diritto, la giustizia vi abitava. Il tuo argento è diventato scorie. Il tuo vino annacquato. I tuoi governanti sono fuorilegge e complici di ladri. Tutti amano la corruzione e cercano ricompense, non rendono giustizia all'orfano e la causa della vedova fino a loro non giunge. (vv. 21-23).
Come mai la più fedele delle città, è divenuta una «prostituta»? Si chiede il profeta, con stupore amaro. Come mai il suo nome non fa altro che mascherare e mistificare la sua vera identità? Cosa ha combinato per diventare un'altra? La causa di questa de­cadenza è chiara e l'accusa diretta: «i tuoi capi sono ribelli e complici di ladri».

Il termine sarim («capi») emerge, nella Bibbia, con una estensione indeterminata delle loro funzioni: essi sono intesi come capi dell'esercito (Cf. Dt 20, 9; 1Cr 27, 3); del popolo (Cf. Ne 11, 1; 1Cr 21,2: 27, 22; Ez 11, 1; 3, 12); capi di Israele (lCr 22, 17; 23, 2); capi dei sacerdoti e dei leviti (Ez 8, 29; Ez 19, 5). Il governo della città - nella sfera amministrativa, militare, religiosa e giudiziaria - è nelle loro mani: povera città, allora, governata da fuorilegge! L’aggettivo «ribelli», viene usato, infatti, due volte in Dt 20 (cf. vv. 21. 28) a proposito del figlio ribelle e ostinato, disubbidiente ai genitori. L’accostamento è fortemente provocatorio: i governanti, gli anziani del popolo, i responsabili dell' ordine nella città e del suo buon governo, sono refrattari alle leggi come i ragazzi di strada. Il loro comportamento «ribelle» consiste, per di più, nel fatto di essere: «complici di ladri». Il sostantivo «complice» esprime un legame piuttosto forte, soprattutto nella affinità delle intenzioni: designa un «socio» con cui si realizza un progetto, si porta a termine un comune impegno. I capi della città alleata di Dio, sono diventati «alleati» di ladri!

 Denaro e cuore.
La coppia di termini contrapposti: «città fedele»-«prostituta», appartiene ad un campo semantico che ruota intorno al rapporto di amore, ad un legame esclusivo, privilegiato, un patto di alleanza che viene ad essere violato. Lo stato di prostituzione attuale consi­ste nell'aver fatto dei ladri il proprio partner, al posto del diritto, e nell'aver promosso, come oggetto del proprio amore e del proprio desiderio, la corruzione, con le sue ri­compense, sostituendole alla giustizia (v. 23). Questa sostituzione ha messo in crisi l'alleanza con Yhwh stipulata tramite la Legge. La città si è data, informalmente e tacitamente, altre regole, ha sostituito la fedeltà a questa legge con la connivenza verso chi la trasgredisce; tale complicità attenta alla sua stabilità, oscura la sua identità di «cittadella fedele», togliendole il fior fiore della sua civiltà. In tutto il passo è presente una punta sottile e costante di ironia: essa traspare nel gioco di parole per cui ad ognuna si fa corrispondere, per assurdo, il suo contrario ( «la città fedele», «una prostituta»; «il tuo vino è annacquato»; «il tuo argento è diventato scoria»; «i tuoi legislatori e giudici sono fuorilegge»), e ciò per mostrare quanto grande fosse l'illusione di Gerusalemme! Il gioco di parole è volutamente provocatorio, poiché tende a smascherare la micidiale mistificazione che produce la menzogna: proprio sotto una veste di legittimità si nasconde l'illecito, i ladri sono travestiti da guardie! È il potere del denaro che può distruggere ogni leale regola del gioco, riducendo all'impotenza ogni istituzione di giustizia ed anche - ahimé - ogni onesto cittadino che vi riponga fiducia e speranza. L’avidità di denaro produce il tradimento: nell'ansia di avere quella «busta», si dimenticano i legami più importanti - con gli uomini, con Dio - si usano di cariche e persone senza scrupolo alcuno, si finisce col trasformare le stanze trasparenti delle legittime istituzioni in oscuri corridoi di disonesti scambi. il denaro è capace di blandire anche la coscienza: di creare l'illusione, cioè, che quelle scorie che restano, siano, invece, argento, che quella rovina in cui si getta la città, sia invece, soltanto, una fata morgana. Potente è il denaro perché - come Dio! - attacca il cuore. Come Dio parla di amore al cuore dell'uomo e pretende con lui un rapporto esclusivo di alleanza così esige il de­naro: un amore esclusivo! per questo che l'uomo non può barare dinanzi alle due pro­poste: o sceglierà l'uno o sceglierà l'altro. Nessuno potrà nascondere per sempre il luogo... dove lo porta il cuore!

 La ricchezza della fraternità.
I profeti non esprimono giudizi negativi sulla ricchezza in sé, poiché sanno che, es­sendo dono della terra promessa, essa viene da Dio, quindi è segno di Benedizione. Egli l'ha distribuita con equità a tutte le tribù di Israele, perché su di essa si giochi la sfida della vita e della fraternità. Solo quando si cambiano le regole di questo gioco, che Dio stesso ha ideato, allora la ricchezza può diventare la più grande nemica del popolo di Dio. Quando, cioè, il suo esproprio da parte di pochi, determina il languire e la morte di molti. Per evitare che questo male divenga cronico, sono scritte le Leggi che prevedono l'affrancamento degli schiavi, la remissione dei debiti e la restitutio in integrum delle pro­prietà di ciascuno (Cf. Lv 25).
I profeti si accorgono di quanto sia fatale l'attrazione del denaro; esso è, in verità, il più grande degli idoli, perché ha una rara capacità di travestimento. Esso mette nelle mani dell'uomo la presunzione di poter salvare non solo se stesso, ma tutto il mondo: la presunzione più diabolica che ci sia! Con questa finzione il denaro va ad investire tutta la mente dell'uomo, a possedere ogni angolo del suo cuore. Rapito dal suo fascino l'uomo non si accorge di fare intorno a sé terra bruciata e di lasciare cadaveri. I suoi orecchi sono ammaliati da quel vino drogato e non più in grado di avvertire il grido del fratello che rivendica una briciola di spazio anche per sé. Ma la idolatricità del denaro consiste, soprattutto, nel fatto che quanto elargisce è pura materia inerte, sono soltanto «cose», le quali, fatte a sua immagine e somiglianza: «hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono» (Sal 115,5). Col denaro si può acquistare tutto, tranne l'anima ed il cuore degli uomini e la loro corrispondenza. Proprio qui sta la menzogna e il tradimento del «padre» di tutti gli idoli: esso non dà ciò che promette, ciò che, soltanto, può riempire il desiderio dell'uomo: vivere per un Altro, vivere con un Altro, provare la gioia. Quando la corsa all'arricchimento si struttura nel grande drago di un intero Sistema, allora sorgono i profeti ad annunciare la vendetta di Dio. Con un linguaggio estraneo a quello dei ricchi, Egli dona gratuitamente la Sua giustizia ed il suo pane. Non i ricchi, ma i poveri salveranno il mondo, poiché Dio li riempie di beni. Saranno gli affamati a sfamare la fame e non i mercanti di granaglie! La misericordia e non il denaro salverà il mondo. Peccato che non lo sappiano a Wall Street!