19 dicembre 2021. Domenica 4 Avvento
QUANDO DARSI DEL “TU” È IMPEGNATIVO

4° domenica di Avvento 2018

Preghiamo. O Dio, che hai scelto l’umile figlia di Israele per farne la tua dimora, dona alla Chiesa una totale adesione al tuo volere, perché imitando l’obbedienza del Verbo, venuto nel mondo per servire, esulti con Maria per la tua salvezza e si offra a te in perenne cantico di lode. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Dal libro del profeta Michea 5,1-4.
Così dice il Signore: E tu, Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità; dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando partorirà colei che deve partorire; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli di Israele. Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore suo Dio. Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra. Egli stesso sarà la pace.
Salmo 79 Signore, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi.
Tu, pastore d’Israele, ascolta, seduto sui cherubini, risplendi.
Risveglia la tua potenza e vieni a salvarci.
Dio dell’universo, ritorna!
Guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna, proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell’uomo che per te hai reso forte.
Sia la tua mano sull’uomo della tua destra, sul figlio dell’uomo che per te hai reso forte.
Da te mai più ci allontaneremo, facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.
Dalla lettera agli Ebrei 10,5-10
Fratelli, entrando nel mondo, Cristo dice: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: “Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà”».  Dopo aver detto: «Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato», cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: «Ecco, io vengo per fare la tua volontà». Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre.
Dal Vangelo secondo Luca 1,39-48
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.  Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

QUANDO DARSI DEL “TU” È IMPEGNATIVO. Don Augusto Fontana [1].

Le tre letture della Messa odierna, iniziano tutte in modo molto diretto:
Tu (in ebraico: ‘attah) Betlemme Efrata, non sei il più piccolo dei capoluoghi di Giuda!”
“(Tu) Padre, mi hai preparato un corpo!”
“Benedetta Tu (in greco: euloghemène su) tra le donne, Maria!”

Pare addirittura che il tono con cui questi tre “tu” sono pronunciati, sia abbastanza forte.

  • Elisabetta corre incontro a Maria, gridando.
  • Il Figlio invoca il Padre appassionatamente, in una preghiera molto intensa e forte.
  • Il profeta si rivolge a Betlemme, apostrofandola con un “Tu” con il punto esclamativo.

Nel linguaggio biblico, l’uso della seconda persona singolare non è tanto un segno di confidenza, come per noi oggi. Al contrario. Dare del tu è spesso una cosa abbastanza seria.  “Tu sei Pietro”…“Tu sei sacerdote per sempre”…“Tu sei il mio figlio prediletto”.
Come nella lingua inglese, dove si da del tu (you) sia alla Regina che a un bambino di prima elementare, così nella Bibbia il “tu” non è accorciamento della distanza. Anzi. È franchezza. È verità. È incarico dato. Responsabilità da assumere.
La Bibbia non ha bisogno di convenevoli. Va dritta dritta. Ci interroga in seconda persona e ci chiede in modo molto diretto e franco una risposta. La Parola di Dio ci dà sempre del “tu”, perché parla personalmente.

 TU BETLEMME –  TU PADRE –  TU MARIA.
 Ora, i tre “tu” della quarta domenica di Avvento ci portano, io credo, un messaggio serio: Dio verrà a visitarci ancora una volta. Come si può avverare un mistero simile?
I teologi usano oggi un linguaggio strano, per descrivere il piano di Dio nella storia: dicono che esso è “economia della salvezza”. Non so cosa capiamo, udendo la frase “economia della salvezza”: inconsciamente forse pensiamo alla legge finanziaria più che alle cose di Dio. Ma nell’economia della salvezza, cioè nel “tempo umano visitato dalla tenerezza di Dio” sono sempre necessari tre “tu”, affinché le cose vadano per il verso giusto.
– Occorre il “Tu, Betlemme”, cioè uno spazio.
– Occorre il “Tu, Padre” cioè un progetto di Dio.
– Occorre il “Tu Maria” cioè la disponibilità umana.
Se togli uno dei tre “tu”, mandi all’aria tutto. Mandi in malora l’economia della salvezza.  Un progetto umano al di fuori dello spazio, come potremmo riceverlo? Un progetto divino senza disponibilità umana, come potremmo vederlo? Una disponibilità umana a una vocazione inesistente, che senso ha?
Proviamo allora ad analizzare un istante queste tre coordinate del mistero di Natale:
1)      Spazio
2)      Dio
3)      Risposta umana
Lo spazio che Dio sceglie per il compimento dell’economia di salvezza è quello di un borgo con quattro case, che si chiama “Beth-lehem”, cioè “casa del pane”, cittadina detta anche “Efrata” cioè “feconda”, e possiamo immaginarne bene il motivo. La casa del pane diventa feconda: posto povero e piccolo, periferico, non importante. Ma fecondo agli occhi di Dio.  “Tu, Betlemme Efrata, la più piccola tra le città di Giuda, da te mi uscirà Colui che regnerà su Israele”. Pare che Dio non ami gli spazi grandi, le cornici plateali: preferisce partire dalla periferia dello spazio. Qual è il mio SPAZIO, il mio ambiente vitale, entro cui intendo accogliere il Signore in questa eterna Incarnazione che si materializza nella liturgia di quest’anno?
Il progetto divino, come la scelta dello spazio, è contro la logica umana: “Tu non hai gradito sacrificio (al tempio) o oblazione (sull’altare): un corpo mi hai preparato”. È un progetto sconcertante. Finora gli uomini avevano offerto sacrifici cruenti o incruenti a Dio, per accattivarsi il suo favore. Pensavano che Dio amasse i sacrifici e le offerte. Ma il progetto di Dio richiede obbedienza e l’obbedienza è meglio dei sacrifici. “Sia fatta la tua volontà come in cielo, così in terra”, messo in pratica davvero, vale più di tutte le candele che possiamo accendere in Chiesa o le ritualità senz’anima. La Preghiera Eucaristia 3a celebra così: «Egli faccia di noi un’offerta perenne a te gradita». Sono cosciente che non solo il prete o la suora rispondono ad una vocazione progettuale di Dio, ma anche il laico, lo sposato, il lavoratore, è chiamato a rendere visibile almeno un frammento di Vangelo e di vita di Gesù?
La risposta umana è quella di una ragazza povera, sconosciuta, umile. “Tu sei benedetta tra le donne!”. Benedetta perché sei stata portatrice della benedizione e della fecondità di Dio.  Dio si è compiaciuto di guardare alla “piccolezza della sua serva”. Anche questa scelta umana ci sorprende. Ma “L’uomo guarda l’esterno, mentre Dio guarda il cuore” (1 Samuele, 16,7).

Sulla soglia della Festa dell’Incarnazione io e te ascoltiamo un TU!, rivolto proprio a me e te. Non ci sono alibi, sembra dirci la liturgia di domenica.
«Proprio io? Proprio a me?».
E Dio disse: «Tu!».


[1] elaborazione da commento di Alvise Bellinato