DDL ZAN
CHIESA E POLITICA IN FERMENTO

Ddl Zan. I parroci di strada contro il Vaticano: “Ingerenza inaccettabile, dietro non c’è la mano del Papa

“www.lastampa.it” del 23 giugno 2021

 

I sacerdoti esprimono tristezza e incredulità: una mossa in uno scacchiere più ampio di una partita politica. Dal Vaticano «ingerenza inaccettabile», si resta «perplessi», «basiti». All’indomani della notizia della mossa del Vaticano presso il governo italiano contro il ddl Zan che vuole arginare l’omotransfobia parlano i parroci di strada. Danno voce a sentimenti di rabbia, tristezza e incredulità.

Don Gianluca Carrega, sacerdote torinese, responsabile su incarico della Diocesi dell’accompagnamento delle persone omosessuali, premette: «Si tratta di una mossa che non è semplice da spiegare anche a me stesso. Ma credo che vada interpretata per quello che è, cioè una mossa in uno scacchiere più ampio di una partita politica che va ben oltre queste questioni». Il sacerdote si è fatto una idea chiara di come sia maturata l’iniziativa: «La mia impressione è che sia stata sollecitata da una minoranza dell’episcopato italiano e che quindi abbiano voluto la copertura della Santa Sede per questa battaglia ideologica ma alla fine probabilmente si risolverà in una bolla di sapone, però intanto ha richiamato l’attenzione di chi è sempre pronto a menare le mani». Sembrerebbe che il Papa non abbia sollecitato questa iniziativa: «E sarebbe strano il contrario – osserva -perché in controtendenza con quello che ha sempre fatto sino ad ora nei rapporti con i singoli Stati. Certo, si resta perplessi di fronte a questa iniziativa che fa pensare perché ci sono situazioni che richiederebbero più attenzione da parte della Santa Sede, pensando ad esempio a cosa capita in Ungheria e in Polonia, e lì però non si dice nulla. Se si interviene, si dovrebbe poi intervenire sempre e non solo quando ci si sente minacciati nelle proprie libertà». Secondo don Carrega, l’iniziativa della Segreteria di Stato del Vaticano è destinata a sgonfiarsi: «Considerato anche il clima estivo. Credo abbiano cercato di forzare un po’ la mano per fare vedere che si ha un po’ di influenza nelle vicende politiche e nostalgia di stagioni passate che per fortuna non penso ritornino». Ora dunque che accadrà? «I tecnici troveranno anche le modalità per evitare che si vada in conflitto con il Concordato – dice don Gianluca Carrega – detto questo mi pare che nessuno abbia messo in discussione il principio che muove la legge Zan e su questo più pacificati lo siamo. Più una legge delicata come questa poi trova la convergenza della politica, più è facile che sopravviva anche ai cambi di governo. Se arrivasse la destra al governo non vorrei pensare che si arrivasse a cancellare questa legge, per cui se vengono coinvolti tutti sarà più difficile che questo accada». Anche don

Giulio Mignani, sacerdote ligure che in polemica con il no del Vaticano alla benedizione delle unioni gay non diede seguito alla benedizione delle Palme, è rimasto notevolmente «rattristato» dalla nota del Vaticano contro il ddl Zan: «Io la definirei una ingerenza, non si può dimenticare la laicità dello Stato italiano». Don Giulio non si e accontentato di leggere dai media. Ha preso in mano il Concordato e ne ha tratto le conclusioni: «Sono andato a rivedere l’accordo dell’84 visto che si citava l ‘articolo 2 commi 1,3 e ho visto che in uno si parla della piena libertà di svolgere la propria azione pastorale, nel 3 si parla della libera manifestazione del pensiero. Anche nel ddl non mi pare si voglia impedire la libera manifestazione delle proprie opinioni. La Chiesa, io dico purtroppo, avrà sempre la possibilità di manifestare il proprio dissenso ma francamente io quel reato di opinione che si paventa non ce lo vedo proprio. Poi il Parlamento è sovrano, non ci può essere una ingerenza nel dire cosa si debba fare». Dal Vaticano si è parlato di una azione volta non tanto ad affossare la legge Zan quanto a rimodularla. «Sembra però – obietta don Mignani – che il tentativo, se non di affossarla sia di svuotarla la legge. Poi da chi sia partita questa cosa non è chiaro». All’insaputa del Papa? «Io lo spero. Anche le modalità di consegna della lettera sono un po’ strane». Don Giulio Mignani non si capacita neanche del fatto che dietro questa mossa vi sarebbe anche il fatto che si vogliano esentare le scuole cattoliche dalla giornata anti discriminazioni: «Penso e spero che nessuna scuola cattolica voglia insegnare il razzismo o l’ omofobia. Mi sembra assurdo porsi contro questa legge perché lo spirito del ddl Zan è pienamente cristiano per cui resto basito da questa iniziativa. Ora spero che nessuno si farà intimorire o imbavagliare per un intervento di questo tipo o ne andrà della democrazia».


Intervista a Andrea Riccardi a cura di Paolo Rodari in “la Repubblica” del 24 giugno 2021
“La Nota viene da ambienti del clero italiano e non dal Papa”

Ventiquattro ore dopo la Nota Verbale della Santa Sede contro il Ddl Zan, nel giorno in cui riceve l’Ordine al Merito della Repubblica Federale di Germania, Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, riflette sulla Chiesa anche alla luce del suo ultimo lavoro per Laterza: “La Chiesa brucia? — Crisi e futuro del Cristianesimo”.

Riccardi, lei parla del rogo di Notre-Dame come simbolo del momento che la Chiesa sta vivendo: un mondo che finisce per lasciare spazio a qualcosa di nuovo?

«Il rogo è stato emblematico. Molti hanno pensato fosse il simbolo di una Chiesa che sta bruciando. Anche molti laici si sono interrogati in questo senso: che sarà l’Europa senza la Chiesa? In Italia la situazione è un po’ diversa. Dopo la pandemia vedo il ritorno di un interesse per la Chiesa, in un tempo che non è più anticristiano o anticlericale. Trovo che questo sia il tempo di una rinnovata ricerca di spiritualità, forse un po’ vaga, non sempre cristiana, ma comunque reale. È in questo tempo nuovo che la Chiesa deve ricollocarsi, mostrando indici di crisi reali ma anche opportunità. Siamo in un tempo complesso e plurale. Penso al volto di una Chiesa amica che è quello del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, di una Chiesa non in svendita ma dialogante con tutte le persone. Questa è la grande differenza dagli anni Settanta, un tempo di forti contrasti. Una Chiesa oggi dialogante dopo la ferita della pandemia».

La Nota Verbale della Segreteria di Stato sembra però contraddire questa idea di Chiesa. È così?

«Avevo visto nei mesi scorsi una linea della Cei molto equilibrata in merito. Presentava giuste preoccupazioni nei confronti di questa legge, ma senza assolutizzazioni e insieme concorde in un impegno contro l’omofobia e ogni discriminazione. Questo passo è una vicenda un po’ particolare. Credo che provenga più che altro da ambienti italiani della Segreteria di Stato. I motivi non li conosco fino in fondo. Va però detto che è un passo riservato e che tale probabilmente doveva restare anche nella sua sofisticata diplomazia. In ogni caso è una Nota molto rara nelle relazioni fra Santa Sede e governo italiano. In genere si usa il telefono, l’incontro, e non un testo scritto che sembra voler evidenziare — ma nessuno può dire che le cose stiano davvero così — che il dialogo è arrivato a un punto morto per cui si vuole fare stato. Per questo sottolineo la particolarità di questo passo».

La Nota sembra evidenziare una divergenza fra le aperture predicate da Francesco e fatte proprie da Bassetti. C’è chi sostiene che siamo di fronte a una seconda stagione del pontificato, un Papa che decide di virare su posizioni più intransigenti.

«Non credo assolutamente a una seconda stagione del pontificato tipo quella vissuta da Pio IX. La lettera scritta dal cardinale Ladaria ai vescovi americani sul tema dell’eucaristia a Joe Biden era di tutt’altro tenore. Direi piuttosto che Francesco rimane fuori dalle controversie sulle legislazioni nazionali, questo è chiaro. In questo senso mi sembra una linea, quella della Nota, attribuibile alla Segreteria di Stato».

Quali conseguenze può portare?

«Difficile rispondere. Anch’io me lo chiedo. Temo possa rafforzare le voci che sostengono che l’accordo concordatario vada rivisto. Ritengo al contrario che l’accordo vada bene, come si è visto nella crisi delle migrazioni e della pandemia. L’8 per mille, ad esempio, è un eccellente sistema rispetto al modello tedesco perché è un contributo volontario. In ogni caso torno a dire che non ricordo passi analoghi nemmeno al tempo del divorzio sotto Paolo VI, che pure era un tema sentito drammaticamente dalla Chiesa. Ci fu una deplorazione orale del Papa. I rischi di questo linguaggio diplomatico sono anche quelli che la Santa Sede si schieri con una parte del Parlamento».

Si dice che nella Chiesa italiana molti desiderino una leadership più attiva politicamente.

«Ci sono sensibilità diverse tra i vescovi che a volte corrono il rischio di esprimersi dando l’impressione di una disunione. In questo senso la Nota secondo alcuni omologherebbe queste voci diverse. Ma io non lo credo. Penso più che altro che la Segreteria di Stato si senta in qualche modo custode del Concordato e anche per questo abbia deciso un intervento. In altri tempi si sarebbero percorse quelle che monsignor Loris Capovilla chiamava le “scalette”, le passerelle tra le due rive del Tevere in maniera informale».

Mario Draghi quale reazione può avere?

«Credo che un gesto così divenuto pubblico lo metta un po’ in imbarazzo, nonostante il suo sia un governo amico della Santa Sede».

Quale soluzione suggerirebbe?

«Proverei a gettare molta acqua sul fuoco. E tornerei a cercare intese ragionevoli che evitino le estremizzazioni. Anche perché è il clima generale che fa applicare delle leggi e non solo il dettame delle stesse. E poi favorire un discorso anticoncordatario in questo tempo è anacronistico: durante la pandemia la collaborazione fra Chiesa e Stato è stata molto forte».