ABITANTI DELLA STESSA TERRA PER UN NUOVO UMANESIMO
Danilo Amadei-Parma
ABITANTI DELLA STESSA TERRA PER UN NUOVO UMANESIMO
Dopo il coronavirus occorre un nuovo spirito costituente.
Danilo Amadei – Parma (Avvenire – 29/03/2020)
Questo periodo ci aiuta a leggere i segni dei tempi soprattutto nel dolore. Ma ben sappiamo che se anche il male è il contrario del bene può aiutarci a riscoprire la nostra vera dimensione di umanità redenta.
Il primo insegnamento che impariamo da questa terribile pandemia è che siamo davvero tutti abitanti della stessa Terra. Avremmo dovuto già capirlo con i cambiamenti climatici, causati dal nostro sviluppo che ammala la nostra Madre comune, ma il coronavirus ce lo fa capire meglio perché coinvolge ognuno di noi, nelle nostre case, nelle nostre famiglie, nei nostri corpi. Quanto la nostra Costituzione vuole per la pace consentendo “le limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni, favorendo le organizzazioni internazionali rivolte allo scopo”, dovrà valere anche per la salute e il rispetto della natura, per l’ecologia integrale, così come delineata da papa Francesco nella Laudato si’. Avremo bisogno di maggiore mondialità e di cooperazione internazionale per raggiungere questi obiettivi, regolando in modo più equo a questo scopo la globalizzazione delle merci e della finanza che ha imposto le sue leggi in questi ultimi decenni. Così come la cultura non conosce confini, la scienza dovrà recuperare totalmente il suo umanesimo per guardare oltre i confini nazionali per l’obiettivo comune di prevedere e prevenire le emergenze umanitarie che non abbiamo voluto riconoscere, per affrontarle insieme.
Il secondo insegnamento riguarda le priorità del vivere comune. Per troppo tempo abbiamo accettato slogan e false politiche conseguenti che vedevano nella formazione, nella scuola, nella ricerca, nella salute, nei servizi sociali, nel welfare nel suo insieme dei “costi improduttivi”, insostenibili dai bilanci pubblici che dovevano supportare solo “l’economia produttiva”. Ognuno vede oggi quanto miopi siano stati quei tagli scellerati che ci hanno resi più fragili e incapaci di prevenire e affrontare tempestivamente il male e a gestirlo per tutti nel suo deflagrare. Così come dovrebbe essere finalmente accantonato quello slogan “meno Stato più mercato” che ha tolto, insieme ai servizi universali, la consapevolezza che solo insieme, uniti, garantendo a tutti gli stessi diritti, ci saremmo sentiti comunità, orgogliosamente nazionale e consapevolmente europea e mondiale. E’ triste vedere in queste settimane quanta rincorsa alle lodi per chi lavora in ambiti, che sono finalmente riconosciuti prioritari nella nostra vita, dove fino a qualche settimana fa lo stesso lavoro veniva svalutato o considerato subordinato ad altre priorità. E così per l’enorme lavoro svolto dal Terzo settore nel suo insieme e dalle mille esperienze disperse in tante famiglie di lavoratrici (in gran parte straniere) indispensabili nelle nostre case con persone sole o fragili e nei lavori “ad alto contatto”. Ecco sarebbe bene che questa fame di solidarietà rimanesse nelle scelte future per dare nuova concretezza alla richiesta di “adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Così’ come venissero riconosciuti diritti e giuste rappresentanze decisionali a chi opera in questi ambiti, che è sempre più chiaro dover essere non in modo supplente ma sussidiario ai doveri dello Stato.
Un terzo insegnamento è nascosto sotto tanta apprezzabile generosità nelle donazioni di questi giorni. Occorrerà che questa consapevolezza individuale diventi esercizio costante delle virtù civili come cittadini, che devono “concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”, secondo criteri di progressività. Non è solo la speranza in una vera riduzione consistente della enorme evasione fiscale, ma la certezza che i gravi problemi che dovremo affrontare dopo questa pandemia possano essere sostenuti in modo equo tra i cittadini, riducendo quelle diseguaglianze che anche in questa crisi stanno penalizzando chi è meno garantito, è più fragile, addirittura “scartato”. E’ certo che da questo periodo tante persone che già erano precarie nel lavoro, nel reddito, nella condizione personale, ne usciranno ancora più fragili. E’ necessario che a loro siano garantiti come priorità i diritti primari, evitando di ritornare a quel “capitalismo compassionevole”, in realtà “predatorio” com’è chiamato da papa Francesco, che tante ingiustizie e sofferenze ha creato nel nostro tempo. Quanto stiamo vivendo ci rende ancora più evidente il dramma di chi vive quotidianamente, da generazioni, privazioni e sofferenze dovute a malattie ben più conosciute del “nostro” virus, che si chiamano malaria, malattie infettive, fame, mancanza di acqua potabile e di cure mediche di base. Guai se, ancora una volta, quanto ci coinvolge come umanità ci fa togliere lo sguardo da una parte di noi che vive in altri continenti.
Dovremo sempre più ragionare, come la nostra Costituzione ci richiama in continuazione, come un “tutti” che non conosce divisioni, e ancora più come “fratelli” come indica l’articolo primo dei diritti dell’uomo. Per questo serve un nuovo spirito costituente, dove quanto ci unisce prevalga sulle nostre differenze. In modo sempre più insistente si dice che “siamo in guerra”. Io credo che in realtà queste settimane ci stiano mostrando che cosa sia una “difesa civile nonviolenta”. La lotta infatti non è per distruggere un altro popolo, ma per salvare la vita di ogni persona, Le stesse forze armate intervengono in questa lotta in modo disarmato. Tutti siamo coinvolti, di qualsiasi generazione e condizione sociale e a tutti è richiesto il proprio contributo personale per il bene comune, non contro qualcuno. La responsabilità personale come presupposto per il raggiungimento del bene comune. La ricerca costante è quella della verità e del bene per tutti, oltre ogni confine, riconoscendoci tutti una stessa famiglia umana. Questo periodo può aiutarci anche a riconvertire le enormi spese per le armi, le guerre (che proseguono anche in questi giorni) e le minacce di guerre future verso obiettivi di pace e di ritrovata umanità, capendo finalmente che cosa si debba davvero difendere tutti insieme. Che questo lungo sabato santo ci possa trovare forti nella fede, testimoni di questa speranza e costanti nella pratica incessante del sacramento della carità, già evidente nei luoghi di cura e da vivere con relazioni costanti in ogni luogo di solitudine.