Quell’invito più forte di ogni «ma»
P.Ermes Ronchi
Quell’invito più forte di ogni «ma»
Padre Ermes Ronchi – Avvenire 27 GIUGNO 2003
Il Signore «rese forte» il suo volto, dice Luca, e si avviò verso Gerusalemme. Su questo sfondo del grande viaggio, un villaggio di Samaria rifiuta di accogliere Gesù.
«Vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?» Eterna tentazione dei discepoli di imporre la verità con la forza. Gesù si volta, li rimprovera e si avvia verso un altro villaggio. Nella concisione di queste poche parole appare la grande forza interiore di Gesù, la sua capacità di non deprimersi per una sconfitta, il rifiuto della violenza, il suo rispetto totale per la libertà di ciascuno, e infine la sua speranza indomabile: andiamo in un altro villaggio, c’è sempre un’altra casa cui bussare, un altro paese da attraversare, un altro cuore cui annunciare il Regno di Dio. Hai posto mano all’aratro, non voltarti indietro sulle tue sconfitte, conta il desiderio di altre semine, di nuove vite da guarire.
In controluce al viaggio di Gesù, Luca introduce tre personaggi per mostrare il modo con cui si va dietro a Lui.
Il primo è un generoso: «ti seguirò dovunque tu vada». Gesù anziché evidenziare il suo slancio, che pure deve avere apprezzato, mette in primo piano la difficoltà della strada, perché seguire lui non sia inseguire se stessi: «le volpi hanno tane, io non ho dove posare il capo». Parla di un viaggio che non ha dove fermarsi, che non finirà mai, parla di sé come di un pellegrino senza frontiere, sempre in cammino da uomo a uomo, da cuore a cuore, verso forme sempre più perfette. «Il cristiano è un pellegrino senza strada, ma tenacemente in cammino» (S. Giovanni della Croce).
Il secondo personaggio dice immediatamente «sì», poi però aggiunge: «ma concedimi di andare prima a seppellire mio padre». La sua richiesta è la più legittima che si possa pensare, eppure riduce la sua adesione a un «sì, ma». E qui scopro gli innumerevoli «ma» che anch’io oppongo al Signore, gli indugi, le nostalgie, le molte cause che invento per sottrarmi, per evitare le domande serie «se non ora, quando? Se non io, chi?» (don Milani).
Infine il terzo dialogo: «ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io vada a salutare quelli di casa». Ancora un «ma». Ed è il più naturale: è così duro il cammino senza affetti e senza amici. Gesù risponde: «chi pone mano all’aratro e poi si volge indietro, non è adatto al Regno».
Ma Signore, chi non si è mai voltato indietro? Chi è adatto? Poi guardo e vedo Gesù cercare Pietro che per tre volte si è voltato dall’altra parte, e dichiararlo per tre volte adatto a pascere agnelli e pecore, ad avere le chiavi del regno. E io sono adatto al Regno? No, se guardo alla mia coerenza; forse sì, se penso che le pietre scartate sono servite, nelle sue mani, meglio delle altre a costruire la sua casa.