Se ne va un altro preteoperaio.
Lutto a Viareggio per la morte del ‘prete operaio’ don Luigi Sonnenfeld
28 dicembre 2025
È morto questa mattina nella casa di cura Sacro Cuore di Gesù di Bicchio. Era il ‘custode’ della chiesina dei Pescatori in Darsena. Ha vissuto per anni in comunità con Don Sirio Politi, altro preteoperaio tra i primi in Italia.
La città di Viareggio si risveglia orfana di una delle sue figure più carismatiche e autentiche. È morto questa mattina, nella casa di cura Sacro Cuore di Gesù (Le Barbantine) di Bicchio, don Luigi Sonnenfeld, l’indimenticabile ‘prete operaio’ che per decenni ha rappresentato la coscienza critica e il cuore pulsante della Darsena.
Don Luigi si è spento all’età di 85 anni, dopo aver lottato contro le conseguenze di un grave malore che lo aveva colpito lo scorso 25 ottobre. In quell’occasione, era stato trovato privo di sensi nella sua canonica grazie al tempestivo intervento dei vigili del fuoco e dei sanitari del 118, che lo avevano trasportato d’urgenza all’ospedale Versilia prima del trasferimento nella clinica dove oggi ha esalato l’ultimo respiro.
Don Sonnenfeld non è stato un sacerdote comune. Per anni ha incarnato la figura del prete operaio, lavorando fisicamente nei cantieri navali e condividendo fatiche, tute sporche di grasso e lotte sindacali con i lavoratori della nautica. La sua era una missione ‘di strada’, lontana dai fasti liturgici e vicina alle sofferenze del proletariato marittimo.
Era diventato il ‘custode’ della chiesina dei Pescatori in Darsena, un luogo che sotto la sua guida non era solo un tempio, ma un rifugio per gli ultimi, per i marittimi e per chiunque cercasse una parola di conforto non retorica. La sua voce si era alzata forte in ogni momento critico della città, specialmente durante i giorni bui della strage ferroviaria del 29 giugno 2009, restando sempre accanto ai familiari delle vittime.
La notizia della sua scomparsa ha generato un’ondata di commozione immediata. Dai vertici del Comune alle associazioni dei pescatori, fino ai semplici cittadini che lo incontravano in bicicletta tra i moli, il ricordo è unanime: don Luigi è stato un esempio di coerenza e umiltà.
Con lui se ne va un pezzo di storia della Viareggio più vera. Le istituzioni e la comunità parrocchiale si stanno già organizzando per rendere l’ultimo omaggio a un uomo che ha saputo parlare a tutti, credenti e non, con la forza dei fatti e la dolcezza dello sguardo.
“La notizia della scomparsa di don Luigi Sonnenfeld mi addolora profondamente – ha commentato il sindaco Giorgio Del Ghingaro –. Con lui la nostra comunità perde un punto di riferimento autentico, un sacerdote capace di unire ascolto, umanità e dedizione quotidiana verso le persone più fragili. Don Luigi era stato, era, un prete operaio: un uomo che aveva scelto di vivere accanto alle persone, condividendone fatiche, speranze, fragilità. Ha rappresentato per molti un porto sicuro: la sua parola era sempre un invito alla speranza, il suo impegno un esempio concreto di cosa significhi servire la propria comunità con discrezione, fermezza e amore. Una presenza che sapeva farsi casa lungo il canale, nella chiesina dei pescatori, da oggi un po’ più sola. A nome dell’amministrazione comunale e dell’intera città, esprimo il più sincero cordoglio alla famiglia, alla comunità parrocchiale e a tutti coloro che gli hanno voluto bene. La sua testimonianza continuerà a vivere nelle vite che ha toccato e nel bene che ha saputo seminare”.
Noi preti operai…
Siamo poveri – e questa è la povertà autenticamente gloriosa ed esaltante – perché non siamo niente e quindi non contiamo niente. Non abbiamo nemmeno l’ombra di un minimo potere, nemmeno quello che può venire da una considerazione, da un apprezzamento, da una benedizione. Non abbiamo neppure un granello di autorità, non solo quella – ci mancherebbe altro! – che vuol dire comandare; ma nemmeno quella che proviene dall’essere servitori riconosciuti e accettati. Niente. Nemmeno siamo quei cani che hanno un padrone, una medaglia al collo, qualificati perché di razza. Siamo cani senza collare, sciolti, randagi, ad abbaiare alla luna piena. Assolutamente però senza museruola e senza l’obbligo di scodinzolare a nessuno. Liberi in tutto, perfino dai problemi che il nuovo Concordato comporta per il clero in materia economica. Non sappiamo come e perché siamo cresciuti così, all’aperto; il vento e la pioggia, il freddo e il caldo sono sempre stati e sono dono di Dio, cioè predilezione, abbandono, riconoscenza, accoglienza e offerta e cioè Amore. E’ la povertà di aver venduto tutto, assolutamente tutto perfino l’ombra del privilegio, per poter cercare il “tesoro” nel campo del mondo, nella terra della storia, nella zolla di ogni essere umano…
Don Sirio Politi, prete operaio
Il lavoro è entrato nella mia vita di prete come normalità. Non mi sono mai sentito preso in mezzo da due professioni, quasi che l’una rendesse impossibile o comunque sacrificasse l’altra. e comunque non mi sono mai sentito in difficoltà o insoddisfatto del mio lavoro di prete fino a cercare un altro lavoro che mi occupasse le giornate e mi rendesse interessante agli occhi degli altri. Continua a sorprendermi la meraviglia, lo “scandalo” o la sorpresa della gente, come se incontrassero un medico o un ingegnere elettronico che, dopo anni di studio, in vista di un posto di prestigio meritato, decidono di compiere lavori duri o anonimi. Per me una cosa non è mai entrata in contrasto con l’altra. E l’etichetta di preteoperaio me la porto addosso volentieri.
Luigi Sonnenfeld, prete operaio