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I dodici volti di Dio
Daniele Garota
(per gentile autorizzazione dell'autore e della Redazione di Koinonia)
2- NASCOSTO
Tende a
nascondersi chi si rende conto di essere debole o malato: certi animali
hanno l'istinto di appartarsi sentendosi vicini a morire. Oppure chi è
invaso dal senso di colpa, dal timore d'avere commesso qualcosa: così accade
a un bambino quando nasconde la mano sporca con cui ha rubato la marmellata.
Oppure, per andare sul serio: così accadde quando, udendo "il rumore dei
passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno,
l'uomo, con sua moglie, si nascose", accorgendosi d'essere "nudo", subito
dopo aver mangiato "dell'albero" proibito (Gen 3,8-13).
Ma ci si può nascondere anche per timore di quanti potrebbero farci del
male: si nasconde la vittima sentendosi inseguita dal suo assassino. Quando
poi si tratta di qualcuno che compie il bene egli deve nascondersi per
almeno due motivi: perché chi opera il bene volendo essere visto scade in
superbia (il bene per essere tale non dovrebbe infatti essere avvertito
nemmeno da chi lo compie); e perché, soprattutto, non vi è male che possiamo
fare che ci tiri addosso tanto odio quanto il bene che facciamo. La
brevissima vicenda storica di Gesù di Nàzaret rivela più che mai questo
secondo aspetto.
Basti sapere ciò che accadde un giorno di sabato nella sinagoga della
piccola Nàzaret - là "dove era cresciuto" - semplicemente per essersi
annunciato protagonista di quella liberazione di cui aveva già parlato
Isaia: quale disagio, quale irritazione, quale avversione si scatenò negli
animi di chi si trovava lì ad ascoltarlo! La santità può attrarre come null'
altro l'odio incontenibile della massa: a Gesù in quel giorno finirono per
condurlo compatti "fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro
città, per gettarlo giù" (Lc 4,14-30), ed era tutta gente che lo conosceva
fin da quando era bambino, gente a cui si era semplicemente manifestato per
quel che era dopo decenni di vita nascosta nell'insignificanza del figlio di
un falegname.
Ma saranno ancora altre le occasioni in cui sarà costretto a nascondersi
prima di finire inchiodato in croce, come quando scappò tutto solo sul monte
perché la gente lo cercava per farlo re (Gv 6,14-15); oppure quando ai due
ciechi disse, subito dopo avergli ridato la vista: "Badate che nessuno lo
sappia!" (Mt 9,30); o quando "ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che
egli era il Cristo" (Mt 16,20). Il motivo? Sempre lo stesso, e si rivela con
una certa chiarezza nei suoi ultimi giorni a Gerusalemme, là dove le
autorità religiose soprattutto, vorranno a ogni costo la sua morte: Pilato
sapeva bene che "glielo avevano consegnato per invidia" (Mt 27,18). Brutta
bestia l'invidia, persino "la morte", che "Dio non ha creato", è "per
l'invidia del diavolo" che finisce prima o poi per inghiottirci tutti (Sap
1,13; 2,24).
Il timore che aveva Gesù, e che lo portava a non fidarsi nemmeno di coloro
che credevano "nel suo nome", nasceva dal suo profondo conoscere "quello che
c'è nell'uomo" (Gv 2,23-25). Un timore simile a quello che apparve in Dio
quando, in principio, si rese conto di avere a che fare con una creatura
capace di male. Prima di cacciarlo via, vedendolo nudo e disperato, con
compassione di Padre Dio "fece all'uomo e sua moglie tuniche di pelli e li
vestì", è vero, ma subito dopo fu come attraversato da un sentimento di
paura: "Che ora egli non stenda la mano e non prenda anche dell'albero della
vita, ne mangi e viva per sempre!" (Gen 3,22-24). La potenza del male e
della morte costringerà spesso Dio a trincerarsi dietro misure di protezione
e nascondimento, a causa del suo amore per noi complicatissime sue creature.
Trovandosi di fronte "figli infedeli" sarà come per rabbia costretto a
nascondere loro il suo "volto" (Dt 32,20).
"Veramente tu sei un Dio nascosto, Dio d'Israele, salvatore" (Is 45,15). Di
Dio cosa mai potremo conoscere? Infinitamente più grande di noi, di lui
possiamo conoscere qualcosa appena, giusto quel poco che ci rende coscienti
del nostro nulla ma, al tempo stesso, come non rendersi conto anche della
nostra preziosità e grandezza, se non altro per l'amore con cui egli da
sempre ci ama? Egli è una persona, e che sia nascosto dovrebbe accendere
ancor più in noi il desiderio di scoprirlo, di guardarlo in faccia, di
toccarlo, abbracciarlo. Dio desidera questa fame di lui, "Gustate e vedete
com'è buono il Signore" dice il salmista (Sal 34,9).
Conosciutissima è l'interpretazione di Pascal in questo senso: Dio ha voluto
"apparire senza veli a coloro che lo cercano con tutto il cuore e tenersi
nascosto a coloro che con tutto il cuore lo fuggono, regola la sua
conoscibilità in modo da dar segni visibili di sé a coloro che lo cercano, e
non a quelli che non lo cercano" (Pensieri, 562). Ma forse le
cose più interessanti in proposito Pascal le dice nella sua quarta lettera a
Mademoiselle de Roannez: ”Quando fu necessario ch'Egli apparisse, s'è
nascosto ancor più, ricoprendosi dell'umanità. Era più facilmente
riconoscibile quando era invisibile. E infine, quando volle soddisfare la
promessa che aveva fatto agli apostoli, di rimanere con gli uomini fino alla
sua ultima venuta (a questo scopo) scelse di rimanere nel mistero più strano
e più oscuro di ogni altro, e cioè sotto le specie dell'Eucaristia".
Che ci sia, in Dio, il desiderio di farsi conoscere sempre più e sempre
meglio è difficile da negare. E tuttavia in questa lettura il nascondimento
è come voluto, scelto da Dio. Qui insomma non è percepibile tutto il prezzo
che ha pagato e sta pagando dovendosi nascondere a causa della libertà che
ha voluto donarci. E nemmeno quello pagato da coloro che lo cercano "con
tutto il cuore" mentre egli non si fa trovare. Con quel che è accaduto e sta
accadendo ancora, è difficile sopportare l'idea di Dio che, col bilancino in
mano, sia ogni volta lì a regolare "la sua conoscibilità". Qui forse ancora
manca la consapevolezza di ciò che implica per intero il grido del Golgota.
Sul prezzo che Dio paga dall'inizio alla fine, Léon Bloy ha avuto intuizioni
illuminanti: "L'uomo a causa del suo peccato ha costretto Dio a nascondersi
(Adamo si nasconde, Dio si nasconde necessariamente). Quando vedremo Dio,
così come Egli è, anche noi appariremo come siamo, senza veli. La domanda
"dov’è?" risuona per sempre. Gesù ha risposto: 'Eccomi'. Tutto il genere
umano dovrà seguirLo e Dio attende l'arrivo di questa processione, nel fondo
della sua eternità, all'ora del giudizio. L'umanità nuda appare davanti alla
divinità nuda! Il Creatore completamente nudo, attende la sua creatura
completamente nuda" (Diario, 26 maggio 1909).
Ma su questo punto è forse Nietzsche, contemporaneo di Bloy, ad avere
avuto, un paio di secoli dopo Pascal, un'intuizione che penetra ancora più
in profondità il mistero del nascondimento di Dio. Val la pena di seguirlo
nel suo poderoso pensiero. Come può un Dio che può tutto - egli dice -
apparire ancora buono dal momento che "lascia sussistere dubbi e scrupoli
innumerevoli per dei millenni, come se non costituissero alcuna difficoltà
per la salvezza dell'umanità e che tuttavia pone ancora in evidenza le
terribili conseguenze di uno sbagliare nei confronti della verità?". Anche
qui, come di fronte al dolore degli innocenti, noi dobbiamo affrontare la
decisione di togliere qualcosa al volto di Dio, qui bontà, onnipotenza e
comprensibilità di Dio non possono più stare insieme. Nietzsche scommette
sulla bontà e sulla comprensibilità mettendo, al posto dell' onnipotenza, la
sofferenza: Dio non ha ancora potuto essere più chiaro di così, soffrendo
più di noi per questo. Non è infatti costretto a sopportare "tormenti
infernali nel vedere che, per amore della sua conoscenza, le sue creature
soffrono così e continuano a soffrire ancora di più per tutta l'eternità, e
nel non poter dar consigli e aiutare, se non come un sordomuto che fa
ogni specie di segni ambigui, quando alle spalle del suo bambino o del suo
cane sta il più spaventoso pericolo? Ad un credente che, angustiato,
giungesse a tali conclusioni, sarebbe in verità da perdonare se sentisse più
vicina la compassione per il Dio sofferente, che quella per il 'prossimo', -
perché quest'ultimo non è più il suo prossimo, se colui che è il più
solitario, l'assolutamente primigenio è anche il più sofferente di tutti, il
più bisognoso di consolazione" (Aurora, 91).
Dio non può dunque rivelarsi più chiaramente di come ha fatto finora, e
soffre vedendo in ogni momento il dolore delle creature che lo cercano senza
riuscire a trovarlo. Nei salmi capita d'imbattersi in chi è invaso dal
terrore all'idea di Dio che nasconde il suo volto (Sal 30,8), un'angoscia
mortale (Sal 143,7). Ma anche toccando il fondo il profeta non si scoraggia
e continua ad avere "fiducia nel Signore che ha nascosto il suo volto alla
casa di Giacobbe" e spera in lui (Is 8,7). Perché? Forse perché sente quanto
bisogno abbia Dio di questa continua fede e fiducia da parte nostra, di
questa fame di lui.
C'è un racconto chassidico straordinario. Il nipote di Rabbi Baruch giocando
a nascondino con un amico s'accorge, dopo che si era ben nascosto con tutte
le migliori intenzioni e aveva atteso molto a lungo, che quello non lo
aveva mai cercato. Correrà allora da suo nonno scoppiando a piangere
lamentandosi di quel' che era accaduto. "Così è anche per Dio - dirà Rabbi
Baruch, - si nasconde affinché tutti lo cerchino e nessuno ha voglia di
cercarlo".
Heschel ha sottolineato come la volontà di Dio sia quella "di essere qui,
manifesto e vicino; ma quando gli si sbattono in faccia le porte di questo
mondo, quando la sua verità viene tradita, la sua volontà sfidata, allora
egli si ritira, abbandonando l'uomo a se stesso. Dio non si è allontanato di
sua volontà, egli è stato espulso. Dio è in esilio". È questo il motivo
per cui non è un Dio nascosto, come se questo facesse parte della sua
natura, ma un Dio che si nasconde per il bisogno che ha di noi, si nasconde
perché "attende di essere scoperto, di essere ammesso nella nostra vita"
(L'uomo non è solo). Il mondo e la storia sono il luogo in cui non solo
l'uomo cerca l'aiuto di Dio ma anche Dio l'aiuto dell'uomo, il suo
riconoscimento, il suo amore, per questo anche si nasconde guardando come da
una fessura se noi lo stiamo cercando.
Dio è "in esilio nel mondo, perché la diaspora (galuth, dalla radice
galah, che in ebraico significa rivelare, manifestare e
dipendere) è una manifestazione nascosta - se è permesso il gioco di
parole - nella quale si trova sia Israele sia Dio, e soprattutto si trovano
a vicenda Israele e Dio. Ecco perché ci sono dei momenti, come dopo
Auschwitz, in cui questa ricerca diventa dolorosissima, spasmodica, e in cui
si scopre che la via di questa ricerca non è la filosofia, non è la
teologia, ma qualche cosa di molto più esistenziale" (P. De Benedetti, La
salvezza viene dagli ebrei).
In ognuno di noi, a sapersi ascoltare, abita nascosta la traccia di Dio
che ci cerca con un gran bisogno di essere cercato, amato.
(continua prossimo articolo: 3- IL SOLO) |