La trasfigurazione non è un prodigio; è lo svelamento di una realtà permanente alla quale avevamo dedicato, fino a quel momento, sguardi assonnati e increduli. Per manifestarsi, Dio non ha più bisogno di lampi e tuoni; gli basta un poveraccio, un decaduto dalla nostra stima o che ha perso la sua veste regale, un umiliato privato della veste sacerdotale della sua dignità, uno sfigurato dagli schiaffi della vita, della malattia, della vecchiaia e dei prepotenti.
2° Domenica Quaresima C
Preghiamo. O Padre, che ci chiami ad ascoltare il tuo amato Figlio, nutri la nostra fede con la tua parola e purifica gli occhi del nostro spirito, perché possiamo godere la visione della tua gloria. Per Cristo nostro Signore. AMEN.
Dal libro della Gènesi 15,5-12.17-18
In quei giorni, Dio condusse fuori Abram e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia. E gli disse: «Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». Rispose: «Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un colombo». Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Abram li scacciò. Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono. Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram: «Alla tua discendenza io do questa terra, dal fiume d’Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate».
SalMO 26 Il Signore è mia luce e mia salvezza.
Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura?
Ascolta, Signore, la mia voce. Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il mio cuore ripete il tuo invito: «Cercate il mio volto!».
Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi, non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.
Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési 3, 20 – 4, 1 (forma breve).
Fratelli, la nostra cittadinanza è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose. Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!
Dal Vangelo secondo Luca 9,28-36
[Circa otto giorni dopo questi discorsi][1], Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto (lett.”il suo volto divenne altro/diverso”) e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto. [Il giorno seguente, quando essi scesero dal monte…].
TRASFIGURAZIONE. QUESTIONE DI SGUARDO GUARITO. Don Augusto Fontana
L’esodo: la nube e la tenda.
L’evento della manifestazione sul Tabor viene collocato da Luca tra due annunci della passione. Appena prima, Gesù aveva fatto una celere inchiesta: “Cosa dice la gente di me? Ed io chi sono per voi?“. Pietro aveva risposto con una solenne professione di fede: “Sei il Cristo di Dio!“. E Gesù: “Bisogna che il Figlio dell’uomo soffra molto e sia ucciso e il terzo giorno risorga. Anzi chi vuol essere mio discepolo deve rinnegare se stesso, sollevare la sua croce ogni giorno e seguirmi”.
Otto giorni dopo questi discorsi avviene la manifestazione sul Tabor che Luca presenta come tentazione per una Chiesa che, tra sonnolenza ed entusiasmi, vorrebbe rimuovere e dimenticare presto i discorsi fatti da Gesù. L’ottavo giorno è un modo di indicare “il giorno di domenica, giorno del Signore” che vedeva riunita la Chiesa per celebrare l’Eucarestia pasquale. Ancora una volta Luca richiama la comunità al dovere del ritorno alla vita quotidiana dopo essere stati rifocillati nella liturgia pasquale: bisogna scendere a valle per riprendere il cammino verso gli appuntamenti conflittuali.
Come se non bastasse, Luca, dopo il testo della manifestazione sul Tabor, riporta un altro richiamo di Gesù: “Mettetevi ben in testa che il Figlio dell’Uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini“; poi annota che i discepoli fecero finta di non aver sentito ed evitarono di approfondire l’argomento (Lc 9,45).
Durante questo esodo/cammino ci vengono concessi dei segni della presenza di Dio.
Tra questi segni, come durante l’esodo nel deserto, ci sono la nube e la tenda: “Allora la nube coprì la tenda dell’assemblea e la Gloria del Signore riempì quel luogo” (Esodo 40, 34-35).
La Bibbia, l’Eucarestia e i poveri sono la nostra “Nube parlante”, segni che svelano e, insieme, velano la presenza del Signore. La tenda è la comunità costruita da mani d’uomo e che deve avere i picchetti sempre pronti per essere tolti quando si tratta di riprendere il cammino della vita quotidiana e della testimonianza fra gli uomini.
Luca 9: trasfigurazione, metamorfosi, teofania, sogno, visione o fede?
Occorre innanzitutto intenderci su alcuni termini.
Pensiamo al termine “ascensione al cielo“(che ha prodotto l’immagine di una ascesa in verticale sopra un ascensore-nuvoletta che ha sottratto Gesù alle incombenze di una presenza ingombrante) oppure ai termini “miracolo, comandamento, fare memoria” ecc. Anche il termine “trasfigurazione” necessita di una rivisitazione. Trascuriamo, per ora, la questione della diversa connotazione temporale degli eventi (otto giorni oppure sei giorni dopo?) e andiamo a meditare gli elementi dell’evento: Matteo 17 e Marco 9 usano il termine trasfigurazione (in greco: metamorfosis); Luca parla di “volto altro” (in greco: prosopou eteron). Solo Luca annota che l’evento accade mentre Gesù pregava. Luca e Matteo riferiscono del volto, non accennato da Marco. Unico dato comune a tutti e 3 sono le (la) vesti.
E se fosse tutta questione di sguardo guarito?
Per Luca prevale l’evento della preghiera (salì sul monte a pregare. Mentre pregava). La preghiera di Gesù, cioè la sua familiarità con il Padre, costituisce l’evento scatenante di una Rivelazione, di una Epifania, di una Teofania[2]. Gesù con la sua umanità quotidiana e debilitata è il luogo scelto da Dio per rivelarsi, come anticamente aveva scelto un cespuglio bruciante da cui rivelarsi a Mosè: “Il Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo ad un roveto che non si consumava” (Esodo 3). Il legno della croce non poteva che appartenere alla discendenza evoluta di quel cespuglio di migliaia di anni prima.
Abbiamo un altro precedente biblico dell’evento della “trasfigurazione”, nella figura di Mosè che sul monte Sinai familiarizza con Dio e scende con il volto trasfigurato a fare da mediatore tra Dio e il popolo (Esodo 33 e 34): “Mosè disse al Signore: <Mostrami la tua Gloria>. Il Signore rispose:<Farò passare davanti a te tutto il mio splendore e proclamerò il mio Nome. Ma tu non potrai vedere il mio volto perchè nessun uomo può vedermi e restare vivo. Ecco tu starai sopra la rupe: quando passerà la mia Gloria io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano finchè sarò passato. poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo si può vedere….>.Quando Mosè scese da monte Sinai non si era accorto che la pelle del suo viso era diventata raggiante perchè aveva conversato con Lui. Ma Aronne e tutti gli israeliti, vedendo che la pelle del suo viso era raggiante, ebbero timore di avvicinarsi a lui…Mosè allora si pose un velo sul viso. Quando Mosè andava davanti al Signore a parlare con Lui, si toglieva il velo, fin quando fosse uscito”.
Nell’evento della “trasfigurazione” ci troviamo, dunque, di fronte ad un modo di trasmettere un’esperienza fatta dai discepoli. Sono gli stessi discepoli che avevano raccolto la tradizione orale che riferiva quello che era successo sotto la croce: “ Gesù dando un forte grido spirò. Il velo del tempio si squarciò in due. Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo disse: <Veramente quest’uomo era Figlio di Dio> (Mc. 15,38-39). Anche sulla croce, dunque accade una “trasfigurazione“, ma non è il crocifisso che si trasfigura bensì gli occhi del soldato pagano. La croce diventa diafana e trasparente, si lascia attraversare dallo stupore e lascia intravedere la risurrezione in atto: « Questo ucciso, è Dio! ».
Nel volto e nella veste lacerata.
“Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno, tuttavia restarono svegli e videro la sua Gloria” (Lc 9,32). La Gloria, nel linguaggio biblico, è il termine che descrive la presenza percepibile di Dio sia nello spazio che nella coscienza: la presenza ingombrante di Dio si rivela dunque sul volto e sulla tunica dell’uomo di Nazaret con cui i discepoli hanno vissuto da ormai qualche anno, forse annoiandosi un po’ (“erano oppressi dal sonno” come succederà tra qualche tempo nel bosco del Getsemani).
Il simbolo della veste è l’unico elemento comune ai tre evangelisti nella sezione che stiamo meditando. E torniamo sotto la croce dove Gesù viene denudato dei suoi abiti umani e spogliato della sua veste regale e sacerdotale, : “I quattro soldati, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti e presero la tunica. Quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo” (Giov.19, 23-24). E’ lo stesso Giovanni che, nel racconto del processo, aveva annotato: “Gli misero addosso un mantello di color rosso…e gli davano schiaffi sulla faccia“.
Anche Luca non ha mancato, durante il racconto del processo, di evidenziare: “Allora Erode…lo insultò … poi lo rivestì di una splendida veste“(Lc.23,11).
Facciamo un’escursione veloce nell’Apocalisse (1,13-15): “Ora, come mi voltai per vedere chi fosse colui che mi parlava, vidi sette candelabri d’oro e in mezzo ai candelabri c’era uno simile a figlio di uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d’oro“.
E concediamoci anche una pagina del profeta Daniele 10,5-8: ” Alzai gli occhi e guardai ed ecco un uomo vestito di lino, con ai fianchi una cintura d’oro; la sua faccia aveva l’aspetto della folgore, i suoi occhi erano come fiamme di fuoco, le sue braccia e le gambe somigliavano a bronzo lucente e il suono delle sue parole pareva il clamore di una moltitudine. Soltanto io, Daniele, vidi la visione, mentre gli uomini che erano con me non la videro, ma un gran terrore si impadronì di loro e fuggirono a nascondersi”.
E’ in ballo dunque la domanda: secondo te dove si incontra Dio? Oggi pare balenare una rivelazione: Dio si manifesta nell’interiorizzazione e nella debolezza palese.
Nell’interiorizzazione. Quel che è accaduto durante quelle ore di intimità fra i discepoli e Gesù, è che loro si sono messi a guardarlo, ad ascoltarlo, a vederlo come sempre era, fra loro, ma come essi mai se n’erano accorti. L’hanno visto pregare e diventare trasparente al Padre, nella sua relazione filiale col Padre e ne sono rimasti trasfigurati anch’essi. Fu una Risurrezione anticipata. Oppure, meglio, una rilettura post-pasquale di quell’esperienza di ritiro sul Tabor. La trasfigurazione non fu uno spettacolo fotografabile (come non fu documentata la Risurrezione), ma un’esigenza di ciascuno di noi: capire il senso della normalità di Dio nella vita di Gesù e diventare finalmente quel che vogliamo essere e che abitualmente non siamo capaci di essere.
Nella debolezza palese. La trasfigurazione non è un prodigio; è lo svelamento di una realtà permanente alla quale avevamo dedicato, fino a quel momento, sguardi assonnati e increduli. Per manifestarsi, Dio non ha più bisogno di lampi e tuoni e fiaccole che attraversano animali squartati; gli basta un poveraccio, un decaduto dalla nostra stima e che ha perso la sua veste regale, un umiliato privato della veste sacerdotale della sua dignità, uno sfigurato dagli schiaffi della vita, della malattia, della vecchiaia e dei prepotenti. Anzi, a Dio basta una vita ordinaria, come gli è bastato un Gesù ordinario, denudato di tutte le insegne di riconoscimento per essere più trasparente. La croce è trasparente di divinità, perchè chi vi è sopra è nudo e gli resta solo la debolezza di dover essere amato.
Potrebbe essere utile <creare un Tabor> dedicandosi ad un po’ di preghiera contemplativa e silenziosa oppure guardare – con occhio trasfigurato – un povero, un detenuto, un anziano, un ammalato, una prostituta, uno straniero, un ubriaco, un balordo.
[1] Non capisco perché il Lezionario ometta questa importante indicazione temporale e teologica. Marco e Matteo scrivono “Sei giorni dopo”. Insomma: questo “settimo” o “ottavo” giorno non può essere cancellato impunemente perché l’evento della Trasfigurazione verrebbe mutilato, come si vedrà nel commento.
[2] Il termine TEOFANIA non deve fare paura. Deriva da 2 parole cucite insieme: Theos + fanìa dove THEOS significa DIO e FANIA significa MANIFESTAZIONE.
TEOFANIA = MANIFESTAZIONE / RIVELAZIONE DI DIO. Chiunque farebbe fatica a descrivere ad altri l’esperienza di aver sentito Dio vicino. Viene spontaneo usare termini “eccessivi”: terremoto, fuoco, nube, luce, voce, emozioni.