17 marzo 2024. Domenica 5a Quaresima
ALLEATI

Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore.

Domenica 5a di Quaresima

Preghiamo: Padre, ascolta il grido del tuo Figlio che, per stabilire la nuova ed eterna alleanza, ci ha amati fino alla morte di croce; fa’ che nelle prove della vita partecipiamo intimamente alla sua passione redentrice, per avere la fecondità del seme che muore ed essere accolti come tuo raccolto nel Regno dei cieli. Per Cristo nostro Signore.

GLI ALLEATI. Don Augusto Fontana

Se volessimo dare un titolo un po’ provocatorio a questa 5a Domenica di Quaresima, potremmo intitolarla la Domenica degli Alleati. Se la storia ci insegna tristemente che le alleanze umane sono passeggere e spesso determinate da interessi di parte o paura del nemico, l’alleanza tra Dio e l’umanità viene rivelata e proposta, nelle Letture bibliche di domenica, così:

  1. Nella prima lettura: la promessa di questa alleanza.
  2. Nella seconda: il suo prezzo.
  3. Nel Vangelo: la sua realizzazione.

UNA PROMESSA PAGATA E MANTENUTA DA DIO.
La pagina di Geremia è talmente bella che alcuni sposi la scelgono come prima lettura per il loro matrimonio.

Dal libro del profeta Geremia (Ger 31,31-34)
Ecco verranno i giorni – dice il Signore – nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò una alleanza nuova. Non come l’alleanza che ho conclusa con i loro padri , quando li presi per mano per farli uscire dall’Egitto, una alleanza che essi hanno violato, benché io fossi loro Signore. Questa sarà l’alleanza che io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore: Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio e essi il mio popolo. Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri , dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò la loro iniquità e non i ricorderò più del loro peccato”.

Nell’afflizione del vedere Gerusalemme distrutta e i giudei divisi tra coloro che restarono e quelli che vennero deportati, si odono le parole del profeta Geremia come un canto al perdono e alla speranza. Dio vuole ricominciare con il suo popolo, proponendogli di siglare una “nuova alleanza” non più scritta sulle tavole ma nel cuore stesso dell’uomo. E l’altro regalo che Dio ci fa, è quello di farci accedere gratuitamente alla sua conoscenza. Non bisogna pagare, non bisogna essere grandi o piccoli, di una razza o dell’altra: Dio si rivela nella storia di ciascun popolo, senza discriminazioni, senza dimenticare nessuno. Si promette un patto nuovo (che è come dire “qualcosa di simile non si era mai visto prima”) e stabile (durerà fino alla fine, senza pentimenti e ripensamenti), che Dio realizzerà con il suo popolo: questo patto viene preso come punto di riferimento dagli sposi cristiani, che si impegnano in un amore simile a quello di Dio: “Prometto di esserti fedele sempre…e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita”. Tutto questo, sulle labbra di un giovane, che stringe la mano di una ragazza, non è forse qualcosa di nuovo e (con l’aiuto di Dio) stabile?
Questa alleanza nuova e stabile, di cui parla il profeta Geremia, ha tre caratteristiche chiare:

  1. Sarà scritta nel cuore degli uomini.
  2. Sarà tale che gli uomini “non dovranno più istruirsi gli uni gli altri”.
  3. Sarà caratterizzata dalla remissione dei peccati.

1)  “Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore”
Questo patto tra Dio e l’uomo sarà scritto “non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori”   (2 Cor 3,3). Ci sono parecchie differenze tra una cosa scritta sulla pietra e una cosa scritta sulla carne del cuore. La pietra è fredda, il cuore è caldo. Possiamo mettere in pratica “le dieci Parole” di Dio con freddezza, sentendone magari il peso e le privazioni, senza calore e gioia. La pietra è fuori dell’uomo, il cuore dentro. Possiamo sentire ciò che Dio ci chiede come una costrizione esterna, che non fa presa con convinzione nel nostro intimo.
Geremia ci dice che “verranno giorni” in cui Dio renderà l’uomo capace di mettere in pratica i suoi “comandi” senza rigidità ma con entusiasmo, come frutto di una scelta libera e convinta. Qualcuno potrà dire: «possibile?». Se Dio lo promette nella Bibbia, evidentemente vuol dire che è possibile. Stiamo parlando, è chiaro, di qualcosa che non viene dall’uomo, ma è un dono di Dio. Ezechiele ci dà una mano nella comprensione: “Porrò il mio Spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi” (Ez 36,27).
Va sottolineato però che occorre anche la nostra cooperazione e generosità.
I “giorni” di cui parla il profeta Geremia sono il nostro oggi, i giorni che seguono l’evento della Pentecoste. Con la discesa dello Spirito Santo è iniziata una nuova fase nella storia dell’umanità: Dio è presente stabilmente tra noi con il suo Spirito, e ci guida in un cammino nuovo e personale.
2)  “Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri”.
Questo secondo aspetto della promessa è strettamente connesso al primo.  Direbbe S. Giovanni “L’unzione che avete ricevuto da Lui rimane in voi e non avete bisogno che alcuno vi ammaestri; ma come la sua unzione vi insegna ogni cosa, è veritiera e non mentisce, così state saldi in lui, come essa vi insegna” (1 Gv 2, 27). L’unzione è la presenza dello Spirito Santo. E’ come avere un maestro interiore, che nel cuore ti guida verso ciò che senti giusto e santo per te. Nessuna imposizione, nessuna violenza: ma la sobria presenza di Dio, lo Spirito Santo è capace di convincere la coscienza meglio di qualsiasi predicatore o catechista, meglio di qualsiasi discussione o controversia.
3) “Io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato… (Ma quanto  mi costi!)”
 “Questo è il calice del mio sangue, per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati” dice il celebrante durante la Messa, ripetendo le parole di Gesù.  Lo scopo di Dio, nell’istituire questa alleanza, è di avvicinare a sé gli uomini. Per portarci vicino a sé, Dio deve rimuovere gli ostacoli, quelli che il linguaggio biblico chiama “peccati”. Tutto questo è avvenuto grazie all’amore crocifisso di Cristo. Quanto sia “costato” a Dio questo “sgombero” è ben espresso nella seconda lettura odierna.

Dalla lettera agli ebrei (Eb 5,7-9)
Cristo, nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.
Gesù rivela così il suo lato più umano e più vicino alle nostre sofferenze. “Per le sue piaghe noi siamo stati guariti”   (Is 53, 5). Potremmo dire: per il suo amore crocifisso siamo stati attirati al Padre: “Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”.

Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 12,20-33)
In quel tempo  tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli chiesero: “Signore, vogliamo vedere Gesù”. Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose: “E’ giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo. In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà. Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome”. Venne allora una voce dal cielo: “L’ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!”. La folla che era presente e aveva udito diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: “Un angelo gli ha parlato”. Rispose Gesù: “Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”. Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire.

Questa brevissima parabola del “seme che muore” presenta una volta in più la lezione fondamentale del Vangelo intero e del messaggio di Gesù: l’amore che offre se stesso, e per questo si perde, e morendo a se stesso, genera vita. Siamo di fronte ad uno dei tipici paradossi del Vangelo. Il paradosso è una figura letteraria che consiste in una contraddizione apparente: perdere-guadagnare, morire-vivere, offrire-tenere, dare-ricevere… Sembrano dimensioni o realtà contraddittorie, ma non lo sono nella realtà. Rendersi conto che non esiste tale contraddizione, cogliere la verità del paradosso, significa scoprire il Vangelo. In Gesù si esprime una volta di più l’accesso dell’umanità alla comprensione e alla possibilità di questo paradosso. In natura, nel mondo animale soprattutto, il principale istinto è quello dell’autoconservazione. L’essere umano, al contrario, si caratterizza per essere capace di uscire da se stesso e offrire la propria vita per amore. L’umanizzazione consiste proprio in questo “de-centramento” da se stessi, che è un con-centramento sugli altri. In fondo, questa parabola corrisponde al comandamento nuovo: “questo è il mio comandamento, che vi amiate gli uni e gli altri come io vi ho amato; non c’è amore più grande di chi da la vita” (Gv 15,12-13).  

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