CIÒ CHE CAMBIA CON IL NUOVO MESSALE
Don Augusto Fontana

ECCO CIÒ CHE CAMBIA CON IL NUOVO MESSALE
La revisione italiana del Messale scaturito dal Concilio arriva a diciotto anni dalla terza edizione nel 2002. La complessa operazione coordinata dalla Cei ha visto numerosi esperti collaborare con la Commissione episcopale per la liturgia fino a giungere nel novembre 2018 all’approvazione del testo definitivo da parte dell’Assemblea generale dei vescovi italiani. Poi, dopo il “via libera” di papa Francesco, il cardinale Bassetti ha promulgato il libro l’8 settembre 2019. 

Alcune modifiche che riguardano l’assemblea:

 CONFESSO
L’atto penitenziale ha un’aggiunta:  «Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli e sorelle…E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi fratelli e sorelle…».

GLORIA
Il Gloria avrà la nuova formulazione «pace in terra agli uomini, amati dal Signore» che sostituisce gli «uomini di buona volontà».

PADRE NOSTRO
«Padre nostro…rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo a i nostri debitori e non ci abbandonare alla tentazione…».

 SCAMBIO DELLA PACE
Il presidente dell’Assemblea dirà: «Scambiatevi il dono della pace» anziché «Scambiatevi un segno di pace»

AGNELLO DI DIO
Il presidente dell’Assemblea dirà: «Ecco l’Agnello di Dio…. Beati gli invitati alla cena dell’Agnello ».

LA CONCLUSIONE
Al termine l’assemblea potrà essere congedata così: «Andate e annunciate il Vangelo del Signore».

Alcune modifiche che riguardano il presbitero che presiede e tutta l’Assemblea:

  • Sono ben sei i nuovi prefazi: uno per i martiri, due per i santi pastori, due per i santi dottori (che possono essere utilizzati anche in riferimento alle “donne dottore delle Chiesa” per le quali finora mancavano testi specifici), uno per la festa di Maria Maddalena “apostola degli apostoli”.
  • La Preghiera eucaristica II, quella fra le più utilizzate, non manca di cambiamenti. Dopo il Santo, il sacerdote dirà allargando le braccia: «Veramente santo sei tu, o Padre, fonte di ogni santità. Ti preghiamo: santifica questi doni con la rugiada del tuo Spirito». Tutto ciò sostituisce la precedente formulazione: «Padre veramente santo, fonte di ogni santità, santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito». L’inizio del racconto sull’istituzione dell’Eucaristia si trasforma da «Offrendosi liberamente alla sua passione» a «Consegnandosi volontariamente alla passione». E nell’intercessione per la Chiesa, l’unione con «tutto l’ordine sacerdotale» diventa con «i presbiteri e i diaconi». Ancora: l’espressione «per averci ammessi alla tua presenza a compiere…» viene sostituita con «perché ci hai resi degni di stare alla tua presenza a compiere…».
  • Nella Preghiera eucaristica III, l’espressione «Egli faccia di noi un sacrificio perenne…», viene sostituita con «Lo Spirito Santo faccia di noi un’offerta perenne a te gradita».
  • Varia anche la Preghiera eucaristica della Riconciliazione I dove si leggeva «Prese il calice del vino e di nuovo rese grazie» ora troviamo «Prese il calice colmo del frutto della vite…».
  • Un’altra modifica riguarda la Preghiera eucaristica V dove la formula: «Manda il tuo Spirito su questo pane e su questo vino, perché il tuo Figlio sia presente in mezzo a noi con il suo corpo ed il suo sangue» diventa: «Manda il tuo Spirito Santo a santificare il pane e il vino, perché questi doni diventino per noi il Corpo e il Sangue del Signore nostro Gesù Cristo»
  • Nella memoria dei defunti verranno sempre esplicitamente ricordati “fratelli e sorelle” «Ricordati anche dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, che si sono addormentati…».

Alcune riflessioni:

  • Il MESSALE non è il libro del prete, ma di tutta l’assemblea, anzi di tutta la Chiesa: pensiamo alla Preghiera eucaristica II quando si prega: «Ricordati, Padre, della tua Chiesa diffusa su tutta la terra e qui convocata nel giorno in cui Cristo ha vinto la morte». È un’affermazione grandissima: si dice che nell’assemblea liturgica, che potrebbe essere anche di tre persone, tutta la Chiesa è convocata. La Presentazione CEI sottolinea la pluralità dei ministeri, una sfida ancora aperta a partire da Concilio, e dell’assemblea liturgica come «soggetto celebrante». Dunque: pluralità di servizi e centralità dell’assemblea.
  • Per essere accolto, il nuovo Messale richiede «un processo di approfondimento della retta comprensione della celebrazione dell’eucaristia» (Presentazione, 6): «la migliore catechesi sull’eucaristia è la stessa eucaristia ben celebrata» (Benedetto XVI Sacramentum caritatis, 187). Il riferimento al Messale è determinante per comprendere il senso profondo del mistero eucaristico a partire dalla sua celebrazione. Per questo si può affermare che il libro liturgico è custode della fede creduta, celebrata e vissuta.
  • Occorrerà una «complessiva e armonica attenzione verso tutte le forme di linguaggio previste dalla liturgia: parola e canto, gesti e silenzi, movimento del corpo, colori delle vesti liturgiche. La liturgia, in effetti, possiede per sua natura una varietà di registri di comunicazione che le consentono di mirare al coinvolgimento di tutto l’essere umano” (Sacramentum caritatis, 40)». Il Messale non raccoglie solamente i testi liturgici, ma è soprattutto «un libro che indica “gesti” da porre in atto e valorizzare, coinvolgendo i vari ministeri e l’intera assemblea» (Presentazione, 9).
  • Dai testi liturgici impariamo anche la preghiera personale. Essi sono “intrisi” di Santa Scrittura. I testi liturgici ci insegnano a fare della Parola di Dio il nutrimento della nostra preghiera che dovrebbe essere un masticare o ruminare la Santa Scrittura. Il Messale ci rivela che il cristiano dovrebbe essere come un testo liturgico, intriso della Parola di Dio, un’espressione vivente della Santa Scrittura.

Alcune Parole…

Sacrificio. «Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi». Da tempo nel Messale italiano resiste il termine “in sacrificio” durante il Racconto-Memoriale della Cena pasquale del Signore. Il termine è assente nell’edizione originale del Messale in latino («Hoc est enim corpus meum, quod pro vobis tradetur [che sarà dato per voi]», che di fatto è più vicina al testo originale greco di Lc 22,19b: «hymon didómenon», “per voi dato”). Tale aggiunta in lingua italiana (che non trova riscontro nelle traduzioni dei Messali inglese, tedesco, francese, spagnolo, portoghese), induce a interpretare in prospettiva sacrificale-cultuale la donazione di Cristo. In realtà il linguaggio sacrificale risente molto dell’influsso da parte del culto ebraico e della sua organizzazione sacerdotale e rituale. Alcuni liturgisti l’hanno forse voluta conservare anche per rispondere alle attese di chi non amava il nome “Cena del Signore” perché la riteneva troppo vicina al linguaggio protestante. Ed è pure certo, però, che non possiamo sottovalutare il fatto che Gesù ha consegnato (offerto, donato) la sua vita in una fedeltà estrema al Padre e agli uomini, fino alla morte in croce. Ma il Padre non gli ha chiesto di morire come un agnello sgozzato nel tempio di Gerusalemme per placare la sua ira o soddisfare la sua sete di risarcimento per le nostre offese o peccati.

 Agnello. Ancora una volta c’è sangue, sacrificio, vittima e morte. Gesù è l’agnello (come tutte le vittime innocenti e miti) che lascia traccia del suo sangue sulle porte degli scampati alla notte pasquale dell’angelo sterminatore. L’Inno del giorno di Pasqua canta: «Alla cena dell’Agnello, avvolti in bianche vesti, attraversato il Mar Rosso, cantiamo a Cristo Signore». Gesù è anche l’agnello che vince la Bestia della Apocalisse di oggi e di domani. Ma è anche faro di una città redenta: «La città non ha bisogno della luce del sole perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello» (Ap. 21,23). Però è curioso notare che in aramaico, la lingua usata da Gesù, esiste il vocabolo, talya’ , che significa sia “servo” sia “agnello”. Con questa interpretazione l’agnello si può chiamare Servo del Signore, quel personaggio atteso e promesso dai profeti che «si è addossato i nostri dolori… che porta il peccato di molti» (Isaia 53,4.12). Il verbo ebraico usato, nasa’ , indica sia “portare” sia “togliere”.

 Rugiada.rugiada’ (acqua) è uno dei simboli dello Spirito Santo, come fuoco e vento. La rugiada scende silenziosa sulla terra e la irrora, producendo l’effetto del rinnovamento. E’ stato preferito tale termine a quello di effusione, ritenendolo più corrispondente al testo dell’antica Preghiera Eucaristica (anafora) di Ippolito del III secolo d.C.

(continua)

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