Il Dio che l’evangelista Luca presenta sulla scena non è più il Signore degli eserciti che vince sugli egiziani, ma un Dio debole e lacero: «Oggi vi è nato un salvatore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia» (Luca 2, 11-12). Un bambino che non fa paura, nè suscita timori reverenziali. Icona di un Dio debole e sconfitto.
FESTA DELL’INCARNAZIONE 2024
Dal libro del profeta Isaìa 9,1-6.
Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse, Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Madian. Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre. Questo farà lo zelo del Signore dell’universo.
Salmo 95,1-3.11-13. Oggi è nato per noi il Salvatore.
Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.
Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria, a tutti i popoli dite le sue meraviglie.
Gioiscano i cieli, esulti la terra, risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene, acclamino tutti gli alberi della foresta.
Davanti al Signore che viene: sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia e nella sua fedeltà i popoli.
Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito 2,11-14
Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.
Dal Vangelo secondo Luca 2,1-14
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
NON TEMETE! Don Augusto Fontana
Angeli o non angeli, comunque loquaci presenze movimentano la nascita e la resurrezione del Signore. Dalla loro bocca sfugge un invito: «Non temete».
Non temere. Un invito dolce e perentorio per oltre 100 volte nella Bibbia di cui 20 volte nell’evangelo. Nei vangeli l’invito nasce accanto alla tomba vuota e da lì straripa nei racconti della vita di Gesù fino alla sua nascita.
Il timore è fobia, panico, insicurezza. Non sono, devo confessarlo, tra quelli che esorcizzano la paura invocando l’intervento di un angelo. Quale angelo ad Auschwitz avrebbe avuto il coraggio di far sibilare il suo: «Non temete!»? Perdura la mattanza in Europa, Medio Oriente, Africa e la miseria dei favelados sudamericani. Anche lì, angeli dal pulpito grideranno «Non temete! Oggi vi è nato un salvatore». Angeli credibili solo se celebrano la Cena pasquale con serena resistenza nei loro aspri cammini di liberazione: «Io vi ho condotti per quarant’anni nel deserto; i vostri mantelli non vi si sono logorati addosso e i vostri sandali non vi si sono logorati ai piedi» (Deuteronomio 29, 4). Nell’ubriacatura molliccia di questo Natale non possiamo farci complici del contrabbando di false rassicurazioni religiose.
Il Dio che l’evangelista Luca presenta sulla scena non è più il Signore degli eserciti che vince sugli egiziani, ma un Dio debole e lacero: «Oggi vi è nato un salvatore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia» (Luca 2, 11-12). Un bambino che non fa paura, nè suscita timori reverenziali. Icona di un Dio debole e sconfitto, che non è onnipotenza, ma fragilità, sofferenza e compassione; nato nell’insignificante borgata della “piccolissima” Betlemme. Un Dio da villaggio, lontano da Gerusalemme. Un Dio dimesso, abbassato, germoglio, che visita pastori estromessi dal tempio perché resi impuri dal contatto animale, assenteisti dalla sinagoga per perenne lavoro e in altrettanto perenne esodo. Un Dio che prende la sua Shekinà (la sua Gloriosa Presenza nel creato) e la porta in esilio con gli ebrei, con ogni vagabondo, cercatore, pellegrino. Scrive Pareyson «Forse il silenzio di Dio, che è così terribile per l’uomo gettato nel baratro della sua angoscia, non è il silenzio di chi tace perché non c’è o di chi tace perché abbandona, ma di chi tace perché piange e tace appunto per piangere». Dio-con-noi. Vorrei sentire invisibili mani passare sulla mia fronte e liberarmi dolcemente da tristi pensieri: allora non sarei solo a sopportare la lunga notte.
Il timor di Dio non è paura di Dio, ma stupore ammirato davanti ai suoi segni e fibrillante sospetto di trovarci alla sua presenza. Anche questo timore/stupore avvolge Incarnazione e Risurrezione: «Questo per voi il segno: troverete un bambino…Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, conservava tutte queste cose meditandole nel suo cuore. I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto…Le donne, abbandonato in fretta il sepolcro, con timore e gioia grande, corsero a dare l’annunzio».
«Il timore di Dio»: è un modo per dire che un uomo ha la percezione netta – quasi fisica – di essere immerso in Dio o di fronte a Lui. «Allora Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo. Ebbe timore e disse: Quanto è adorabile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo» (Gen.28). Nel momento in cui Giosuè celebra la Pasqua sul territorio di Gerico, gli appare il Signore che apre il passaggio e pronuncia le stesse parole che aveva pronunciato davanti a Mosè sul Sinai: «Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è santo» (Esodo 3,5; Giosuè 5,13-15). È un linguaggio in codice per indicare che ciò che sta accadendo sfugge alla capacità e volontà dell’uomo di mettere le mani su tutto, di girare e rigirare un oggetto fino a smontarlo nelle sue parti. Di Dio, della Pasqua, del bambino Gesù, della terra, dell’uomo, non ha stupore e rispetto chi li ha banalizzati, ridotti a oggettini di consumo e di manipolazione, a strumenti di utilità quotidiana, alla portata delle nostre devozioni prensili e catturanti.
Invece gli uomini delle profondità, quelli con il «terzo occhio» sapienziale in mezzo alla fronte e con le orecchie nella sede del cuore, quelli che hanno riformulato, cioè, la loro anatomia sensoriale, per questi uomini del mistero, lo stupore dell’essere partecipi e testimoni di un evento superiore alla loro portata li rende affetti da timore e adorazione. Dopo la banalità non c’é gioia, non c’é la movimentazione dell’annuncio. Si mangia e si digerisce. Non si annuncia. Invece: «con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annunzio… I pastori dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro».