25 ottobre 2020. Domenica 30a
CROCIFISSI SU UN CARDINE

«Un giorno Abramo invitò a pranzo nella sua tenda un mendicante. Mentre dicevano la preghiera di ringraziamento, l’uomo cominciò a bestemmiare dichiarando che il nome di Dio gli era insopportabile. Abramo, al colmo dell’indignazione, lo scacciò. Quella sera, mentre pregava, udì Dio che gli diceva: “Quest’uomo mi ha svillaneggiato e maledetto per cinquant’anni, eppure gli ho dato da mangiare tutti i giorni. E tu non riesci a sopportarlo per un solo pasto?”». Amare Dio e il prossimo. Nel libro dei Proverbi (14,31) sta scritto “Chi opprime il povero offende il suo creatore, chi ha pietà del misero onora il suo creatore”. Ma forse la minaccia vera che striscia nelle nostre assemblee liturgiche è l’indifferenza più che l’odio. L’indifferenza è per l’anima ciò che la muffa è per le cose.

Preghiamo. O Padre, che fai ogni cosa per amore e sei la più sicura difesa degli umili e dei poveri, donaci un cuore libero da tutti gli idoli, per servire te solo e amare i fratelli secondo lo Spirito del tuo Figlio, facendo del suo comandamento nuovo l’unica legge della vita. Per Gesù Cristo nostro Signore. Amen
Dal libro dell’Èsodo 22,20-26
Così dice il Signore: «Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Non maltratterai la vedova o l’orfano. Se tu lo maltratti, quando invocherà da me l’aiuto, io darò ascolto al suo grido, la mia ira si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vostri figli orfani. Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all’indigente che sta con te, non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse. Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai prima del tramonto del sole, perché è la sua sola coperta, è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti, quando griderà verso di me, io l’ascolterò, perché io sono pietoso».

Salmo 17  Ti amo, Signore, tu sei la mia forza.
Ti amo, Signore, mia forza, Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore.

Mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio; mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo.
Invoco il Signore, degno di lode, e sarò salvato dai miei nemici.
Viva il Signore e benedetta la mia roccia, sia esaltato il Dio della mia salvezza.
Egli concede al suo re grandi vittorie, si mostra fedele al suo consacrato.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési 1,5-10
Fratelli, ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene. E voi avete seguito il nostro esempio e quello del Signore, avendo accolto la Parola in mezzo a grandi prove, con la gioia dello Spirito Santo, così da diventare modello per tutti i credenti della Macedònia e dell’Acàia. Infatti per mezzo vostro la parola del Signore risuona non soltanto in Macedonia e in Acaia, ma la vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne. Sono essi infatti a raccontare come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, il quale ci libera dall’ira che viene.

Dal Vangelo secondo Matteo 22,34-40
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». 

CROCIFISSI SU UN CARDINE. Don Augusto Fontana
«Un giorno Abramo invitò a pranzo nella sua tenda un mendicante. Mentre dicevano la preghiera di ringraziamento, l’uomo cominciò a bestemmiare dichiarando che il nome di Dio gli era insopportabile. Abramo, al colmo dell’indignazione, lo scacciò. Quella sera, mentre pregava, udì Dio che gli diceva: “Quest’uomo mi ha svillaneggiato e maledetto per cinquant’anni, eppure gli ho dato da mangiare tutti i giorni. E tu non riesci a sopportarlo per un solo pasto?”»[1]. Amare Dio e il prossimo. Nel libro dei Proverbi (14,31) sta scritto “Chi opprime il povero offende il suo creatore, chi ha pietà del misero onora il suo creatore”. Ma forse la minaccia vera che sibila o striscia nelle nostre assemblee liturgiche è l’indifferenza più che l’odio. L’indifferenza è per l’anima ciò che la muffa è per le cose. Gesù aveva messo a punto un metodo strano nel fare calcoli e i conti. Per esempio per ottenere un risultato più grande lui chiede di sottrarre (Se vuoi la vita eterna, lascia, taglia, dona); oggi addizionando tutti i precetti della Torah il numero della somma dà come risultato “uno”[2]. Non so quanti di noi si pongono le domande che turbavano le comunità di Matteo, Luca e Marco e che hanno generato il testo evangelico di oggi.
Luca pone questo testo prima della parabola del buon samaritano e relativa domanda “Chi è il mio prossimo?” (10,25-37). C’è qualcuno fra noi che è seriamente turbato da questa domanda e non ha risposte ovvie, astratte e semplicistiche?
Marco (12,33), preoccupato del ritualismo, aggiunge al testo una frase omessa dagli altri evangelisti: “Amare Dio e il prossimo vale più che tutti gli olocausti e sacrifici al tempio”. C’è qualcuno fra noi che è seriamente turbato dalla domanda: “Che valore ha davanti a Dio il mio culto?”.
Matteo pone questo brano all’interno del problema posto dalla “siepe di precetti” (come venivano chiamate le prescrizioni della Legge) e dal bisogno di unificazione, ma anche dal bisogno di non sentirsi lacerati tra due fedeltà, quella a Dio e quella al prossimo. Soprattutto Matteo è preoccupato del legalismo dei farisei che “dicono, ma non fanno” (Mt. 23,3). Chi fra noi è afflitto dal dubbio: “Non sarà per caso che io mi attacchi più agli aspetti marginali che a quelli essenziali della mia esperienza cristiana?
I maestri giudaici elencavano 613 prescrizioni suddivisi in 365 proibizioni (“non devi…”), come i giorni dell’anno e 248 prescrizioni ( “devi..”) corrispondenti alle parti del corpo del corpo umano secondo il computo rabbinico, indicando così che la Legge abbracciava tutta la vita e l’impegno dell’uomo.
Nel Talmud Babilonese, Rabbi Simlai, rabbino del III secolo, dice: “ Seicentotredici comandamenti furono rivelati a Mosè; poi venne Davide e trovò il loro fondamento in undici comandamenti, come sta scritto nel salmo 15 [3]; poi venne Isaia e trovò il fondamento in sei comandamenti, come si legge in Isaia 33,15 [4]; poi venne Michea e trovò il fondamento in tre comandamenti, come sta scritto in Michea 6,8 [5]; poi venne Amos e trovò il fondamento in un unico comandamento, come si legge in Amos 5, 4: “ Così dice il Signore alla Casa di Israele: Cercate me e vivrete” (Makkot 23b.24a). Ma già Rabbi Hillel, contemporaneo di Gesù, aveva formulato il principio fondamentale in questa frase: “Non fare al prossimo tuo ciò che è odioso a te; questo è tutta la Legge, il resto è spiegazione”. E un secolo dopo, Rabbi Aquiba commentando Levitico 19,18 (“ Tu devi amare il prossimo tuo come te stesso”) ripete: “Questo è il grande e generale principio nelle Legge”. Il filosofo ebreo Lévinas traduceva quel passo biblico così:«Ama il prossimo tuo: è te stesso».
La novità di Gesù consiste forse:

  1. nell’associazione dei due precetti, come due specchi messi l’uno di fronte all’ altro o come due cardini attorno a cui è “appesa” (in gr, krématai) la Torah, come una porta che gira su due cardini[6] o attorno ad un unico cardine costituito, come tutti i cardini, da 2 elementi. Padre Ermes Ronchi commenta anche così: «il testo ebraico direbbe alla lettera così: amerai Dio con tutti i tuoi cuori. Ama Dio con i tuoi due cuori, con il cuore che crede, e anche con il cuore che dubita. Amalo nei giorni della luce, e come puoi, come riesci, anche nell’ora in cui si fa buio dentro di te».
  2. nel fatto che ciò che era un dovere, irraggiungibile dai più, ora con Lui diventa una possibilità per tutti. Dopo l’episodio del giovane ricco i discepoli chiedono “Chi potrà dunque salvarsi?”(Mt.19,25). La risposta di Gesù è immediata: “Questo è impossibile agli uomini; ma a Dio tutto è possibile”.
  3. nel fatto che la regola d’oro “non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te” che regola un rapporto di reciprocità tra omogenei ed eguali, è ancora una regola farisaica e pagana. Gesù nel Discorso della Montagna dice: “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei cieli” (Mt.5,20) e ancora: “ Siate dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (5,48).

Il primo brano della liturgia della Parola è tratto dal Codice della Alleanza che contiene l’attuazione concreta storica dell’Alleanza come fedeltà al Dio unico e fedeltà al prossimo. E ci serve per evitare di restare nel generico. La prima parte di questa normativa riguarda la difesa e tutela delle categorie sociali più deboli: lo straniero, la vedova, l’orfano. Ciò che attira l’attenzione è la motivazione religiosa di questa precetti: Dio si è rivelato come il Dio che sta alla parte degli oppressi e dei poveri. Nella seconda parte si prendono in considerazione i casi di chi ha dato in pegno qualcosa o ha chiesto un prestito per bisogno. La motivazione religiosa dell’amore ai poveri viene ribadita dal Salmo 17 (18) della liturgia di oggi.
I Lettera di Giovanni 4, 16: “Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui”.
Lettera ai Romani 13, 8-10: “Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole; perché chi ama il suo simile ha adempiuto la legge. Infatti il precetto: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso. L’amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l’amore”.

S.Agostino diceva “Ama e fà ciò che vuoi”, anche se occorre attenuare una interpretazione banale, in quanto amare non è facile ed anche il “come” amare non è cosi semplicistico dato che non sempre l’istinto guida verso il bene vero dell’altro. Se vuoi amare non agire come ti verrebbe spontaneo.
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[1] Anthony del Mello La preghiera della rana.
[2] Pronzato, Parola di Dio, Ciclo A.
[3] Salmo 15:[1]Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi, non indugia nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli stolti; [2]ma si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte. [3]Sarà come albero piantato lungo corsi d’acqua, che darà frutto a suo tempo e le sue foglie non cadranno mai; riusciranno tutte le sue opere. [4]Non così, non così gli empi: ma come pula che il vento disperde; [5]perciò non reggeranno gli empi nel giudizio, né i peccatori nell’assemblea dei giusti. [6]Il Signore veglia sul cammino dei giusti, ma la via degli empi andrà in rovina.
[4] Isaia 33,15 ”Chi cammina nella giustizia e parla con lealtà, chi rigetta un guadagno frutto di angherie, scuote le mani per non accettare regali, si tura gli orecchi per non udire fatti di sangue e chiude gli occhi per non vedere il male”.
[5] Michea 6,8:Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio.
[6] A.Mello Evangelo secondo Matteo

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