La fedeltà di Gesù al Rotolo della Torah (“come era solito”), svela la paradossale indifferenza dei cristiani alla assiduità della celebrazione-custodia-pratica della Parola.
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Preghiamo. O Padre, tu hai mandato il Cristo, re e profeta, ad annunziare ai poveri il lieto messaggio del tuo regno, fa’ che la sua parola che oggi risuona nella Chiesa, ci edifichi in un corpo solo e ci renda strumento di liberazione e di salvezza. Per Gesù Cristo nostro Signore. Amen.
Dal libro di Neemìa 8,2-4.5-6.8-10
In quei giorni, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere. Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. Lo scriba Esdra stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l’occorrenza. Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore. I levìti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura. Neemìa, che era il governatore, Esdra, sacerdote e scriba, e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge. Poi Neemìa disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza».
Salmo 18 Le tue parole, Signore, sono spirito e vita.
La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile, rende saggio il semplice.
I precetti del Signore sono retti, fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido, illumina gli occhi.
Il timore del Signore è puro, rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli, sono tutti giusti.
Ti siano gradite le parole della mia bocca; davanti a te i pensieri del mio cuore,
Signore, mia roccia e mio redentore.
Dalla lettera prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 12, 12-14.27 (forma breve)
Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra.
Dal Vangelo secondo Luca
1,1-4: Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
4,14-21: Gesù ritornò in Galilea nella potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe, lodato da tutti. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione per portare ai poveri il lieto annuncio, e mi ha mandato ad annunciare la liberazione ai prigionieri e ai ciechi il recupero della vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi ascoltate».
OGGI. Don Augusto Fontana
Parole portate da storie sgangherate[1].
La prima lettura, quella dal Libro di Neemia, risuonerà in assemblee liturgiche le quali, non conoscendo il contesto storico fosco di allora, potrebbero lasciarsi andare a lodi sperticate nei confronti della Liturgia della Parola. Nulla da ridire al riguardo. Magari fossimo tutti scrutanti e scrutati da questa forte e dolce Parola. Purchè restiamo coscienti che la Parola di Dio è arrivata a noi su carri sgangherati e viaggia ancora in storie sgangherate.
Anche chi ascolta meravigliato la spiegazione biblica di Gesù nella sinagoga di Nazaret sarà tentato di dire: «Non è il figlio di Giuseppe?» (Lc 4,22). Origini troppo banali, le sue, per uno che dichiarava di essere l’oggi delle promesse di Jahweh: «Oggi lo Spirito del Signore mi manda a portare ai poveri il lieto annuncio e proclamare l’anno di grazia del Signore».
La Parola viene da Dio, ma viaggia nella carne e si annida nella storia. Parola di Dio viene consegnata, fragile, al sapere di esegeti e scribi, alle intuizioni ingenue del popolo, alla faticosa ruminazione dei credenti, alle maldestre mie liturgie, alla infinita speranza dei falliti: «Ti benedico, o Padre perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli» (Matteo 11, 25).
Dunque torniamo alla prima Lettura e agli antefatti del solenne rito in quella piazza di Gerusalemme.
Erano già passati molti decenni dal decreto con cui il re Ciro aveva permesso il ritorno degli ebrei dalla deportazione di Babilonia, ma pare che molti giudei non si mossero da Babilonia perchè ben integrati nel sistema imperiale. Venivano chiamati “giudei della diaspora”. Lì a Babilonia i giudei della diaspora vengono a sapere che a Gerusalemme e in Giudea le cose non andavano bene tra i rientrati, soprattutto nei rapporti tra la classe sacerdotale e il popolo. Neemia, uno della diaspora e amico del re persiano Artaserse, fu il primo a sentire la necessità di intervenire. Egli va a Gerusalemme mandato dal re che gli mette a disposizione oro e soldati (Neemia 2,5-9). Deve affrettare la ricostruzione di Gerusalemme, ma soprattutto ricondurre al potere il gruppo sacerdotale più gradito al re. Con grande sforzo Neemia riesce a ricostruire le mura di Gerusalemme e ad obbligare una parte della popolazione ad abbandonare le campagne per lavorare nella città al servizio del gruppo sacerdotale (Neemia 6, 15; 11, 1-2). Separa la Giudea dalla Samaria, organizza un sistema di imposte e tributi sui contadini, soprattutto la DECIMA, per garantire il pieno funzionamento della città (Neemia 5, 14-18; 10, 1-40; 10, 38b). Torna a Babilonia con in mano i risultati raggiunti senza prevedere che, in sua assenza, i contadini si sarebbero ribellati non sostenendo più, economicamente, il tempio e i sacerdoti. Allora da Babilonia parte Esdra per ridurre alla ragione i contadini delle campagne di Giudea. Egli sa che non ci sarà soluzione ai conflitti finché la campagna non tornerà sotto il controllo della classe sacerdotale. Arriva, dunque, con la forza della Legge/Torà e l’appoggio dal re, per garantire la proprietà della terra per i giudei di razza e di sangue. I meticci (come lo era la maggioranza dei contadini che avevano sposato donne straniere) non avevano diritto alla proprietà terriera e potevano solo lavorare come servi (Esdra 9, 12; 10, 8). Esdra organizza un sistema giudiziario nelle campagne per far applicare questa nuova Legge, con pene severissime a chi non le avesse rispettate (Esdra 7, 25-26). I giudei meticci saranno equiparati agli stranieri che non potevano possedere terre in Israele (Esdra 9, 1-2). Con questa politica i contadini perdono le proprie terre che passano sotto il controllo del gruppo sacerdotale. La missione di Neemia ed Esdra è appoggiata economicamente e militarmente dall’impero. La commistione tra evangelizzazione e politica diventa un abbraccio mortale. Esdra, uomo espertissimo nella Bibbia e machiavellico, era tornato a Gerusalemme con una lettera del re che suonava così: «Verso chiunque non osserverà la legge del tuo Dio e la legge del re, sia fatta prontamente giustizia o con la morte o con il bando o con ammenda in denaro o con il carcere» (Esdra 7, 26). La legge di Dio si mescola con la legge del re. Muore la figura del profeta e nascono rabbini, maestri, teologi, esperti di interpretazione del testo. Il libro di Neemia, nel capitolo 8, ci parla di questo cambiamento significativo. Abbiamo Esdra sopra al palco con il libro aperto e circondato da 12 scribi. Sta emergendo un gruppo, i discendenti di Levi “che spiegavano la Legge al popolo che restava in piedi. Lessero il libro della legge di Dio spiegando e interpretando il senso perché tutti comprendessero ciò che stavano leggendo” (Neemia 8, 7-8). Non è più il profeta che parla.
Leggere, chiarire, interpretare, spiegare, comprendere sono i nuovi verbi legati al Libro. Il tempio controlla così definitivamente la Parola. Il profeta scompare. Dovremo attendere Giovanni il Battista e Gesù.
Parole destinate a vite sgangherate.
Gesù, a differenza di Giovanni il Battezzatore, non resta nel deserto ma, spinto dallo Spirito Santo, torna nei luoghi della convivenza civile e tra i suoi; il suo insegnamento predilige 3 luoghi: la sinagoga (Israele), la strada (tutti), la casa (i discepoli). L’attività di Gesù è itinerante e instancabile per raggiungere l’uomo in tutte le situazioni.
Gesù, un bravo ebreo che legge la Toràh in sinagoga e in comunità. Dice S. Gregorio Magno: “So per esperienza che il più delle volte in presenza dei miei fratelli ho compreso molte cose della Parola di Dio che da solo non ero riuscito a comprendere“. Gesù, Logos-Parola di Dio, come si è messo in fila con i peccatori sul fiume Giordano partecipando al movimento di riforma di Giovanni Battezzatore, così si mette in fila per entrare ogni sabato in sinagoga per partecipare alla assemblea liturgica della Toràh; e pare che fosse davvero bravo nei commenti, considerati i complimenti che gli rivolgevano.
La fedeltà di Gesù al Rotolo della Torah (“come era solito”), svela la paradossale indifferenza dei cristiani alla assiduità della celebrazione-custodia-pratica della Parola. Alle origini della Chiesa non era così perchè, come scrive il Libro degli Atti 2,42: “Erano assidui nell’ascoltare gli insegnamenti degli apostoli“. Il suo insegnamento è di sabato perchè la Parola di Dio apre all’uomo il Sabato di Dio, giorno nel quale si entra nell’ascolto e nella obbedienza, giorno del Sabato definitivo della Risurrezione. Gesù apre il Rotolo come dirà l’Apocalisse 5,9: “Tu sei degno di prendere il Rotolo e aprirne i sigilli“. Gesù chiude il Rotolo dichiarando così concluso il tempo della promessa e inaugurato il tempo del compimento: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» .
Tuttavia l’evangelo si appoggia sull’Antico Testamento e ogni cristiano dovrebbe essere, come Gesù, un po’ ebreo. Prima di essere cristiani siamo ebrei. Le nostre radici sono ebraiche, ma non sioniste. Gesù e la sua novità si colgono solo a partire da quella bibliotechina di 73 libricini della Bibbia, formatasi progressivamente dentro la storia di grazia e di peccato di un popolo nell’arco di quasi duemila anni. Ma Gesù è anche l’esegeta e lo scriba della Bibbia; sarà infatti Luca stesso che rammenterà la vicenda dei discepoli di Emmaus a cui Gesù “spiega” ed attualizza le Sante Scritture.
Con la Bibbia Dio rompe il silenzio e si pronuncia non parlando solo di se stesso, ma anche dell’uomo.
Gesù prende spunto dal brano profetico per esternare il suo programma pastorale: primo annuncio, approfondimento, pratica liberatrice: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Gesù rivoluziona il modo di leggere la Toràh perchè sposta l’attenzione da ciò che si dice a ciò che accade, dal testo all’avvenimento, dal passato all’oggi, dagli impegni degli altri al proprio coinvolgimento personale diretto: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi ascoltate».
Luca non è il solo tra gli evangelisti ad aver raccontato la visita di Gesù alla sinagoga di Nazaret. Anche Marco e Matteo riferiscono questo episodio, senza tuttavia fare il nome della città, designata semplicemente come “la sua patria”(Mc 6,1; Mt 13,54). Ci sono però parecchie notevoli differenze tra il racconto di Luca e quelli di Marco e Matteo. Luca è l’unico a menzionare un anno giubilare. Inoltre Luca è il solo a dare un contenuto alla predicazione di Gesù. Gli altri due evangelisti si limitano a riferire che Gesù “incominciò a insegnare nella sinagoga”(Mc 6,2; Cf Mt 13,54) senza precisare cosa avesse insegnato. L’espressione di Is 61,2 tradotta “anno di grazia” si rifà chiaramente alla legislazione del Libro del Levitico sull’anno giubilare (Lev 25,10-13) dove per 5 volte in poche righe viene ripetuta la parola “liberazione” (in ebraico derur, in greco aphesis).
Giubileo: liberazione e non riti!
[1] Ho elaborato questa sezione servendomi del testo del biblista italo-brasiliano Sandro Gallazzi Por uma terra sem mar, sem templo, sem làgrimas, Ed. Vozes, Petròpolis, 1999.