26 maggio 2024. Trinità
IL NOME CHE NON C’E’

Cacciari: «La Chiesa non è più di fronte a un ateismo militante, ma a un’indifferenza radicale. Non si trova più di fronte a un Nietzsche che dice “Dio è morto”, ma a chi dice “di Dio che me ne importa”. È un salto pazzesco». E noi continuiamo a dire: “Trinità…”.

PadreFiglioSpiritoSanto nella Chiesa

Preghiamo:  Dio, che nelle acque del Battesimo ci hai fatto tutti figli nel tuo unico Figlio, ascolta il grido dello Spirito che in noi ti chiama Padre, e fa’ che, obbedendo al comando del Salvatore, diventiamo annunciatori della salvezza offerta a tutti i popoli. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Deuteronomio 4,32-34.39-40
Mosè parlò al popolo dicendo: “Interroga pure i tempi antichi, che furono prima di te: dal giorno in cui Dio creò l’uomo sulla terra e da un’estremità dei cieli all’altra, vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l’hai udita tu, e rimanesse vivo? O ha mai tentato un dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un’altra con prove, segni, prodigi e battaglie, con mano potente e braccio teso e grandi terrori, come fece per voi il Signore vostro Dio in Egitto, sotto i vostri occhi? Sappi dunque oggi e conserva bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra; e non ve n’è altro. Osserva dunque le sue leggi e i suoi comandi che oggi ti dò, perché sii felice tu e i tuoi figli dopo di te e perché tu resti a lungo nel paese che il Signore tuo Dio ti dà per sempre”.
Salmo 32  Beato il popolo scelto dal Signore.
 Retta è la parola del Signore e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto; dell’amore del Signore è piena la terra.
Dalla parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera.
Perché egli parlò e tutto fu creato, comandò e tutto fu compiuto.
Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme, su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame.
L’anima nostra attende il Signore: egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore, come da te noi speriamo.
Lettera ai Romani 8,14-17
Fratelli, tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà, Padre!”. Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.
Matteo 28,16-20
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato.Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. E Gesù, avvicinatosi, disse loro: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. 

IL NOME CHE NON C’È. Don Augusto Fontana

Il prof. Cacciari intervistato da AVVENIRE (22 maggio 2024) ha detto, tra l’altro: «La Chiesa non è più di fronte a un ateismo militante, ma a un’indifferenza radicale. Non si trova più di fronte a un Nietzsche che dice “Dio è morto”, ma a chi dice “di Dio che me ne importa”. È un salto pazzesco». E noi continuiamo a dire: “Trinità…PadreFiglioSpiritosanto”.
I novantanove Nomi di Dio…
Nella mia Bibbia tascabile tengo un consunto foglietto su cui campeggia il titolo: “I 99 Nomi di Allàh”. Incredibilmente ogni tanto ne vengo attratto e, in comunione con l’Islam, lodo Dio con la splendida litania dei 99 Nomi: AR-RAHAMAN (il Misericordioso), AL-MALIK (il Signore), AL-MUMIN (il Fedele), AL-FATTAH (il Vincitore)… La litania non varca la soglia del centesimo attributo che rappresenta quell’inconoscibile e indicibile Nome che solo Lui conosce e che sarà rivelato quando Lui vorrà, se vorrà (Esodo 20,7). Su quel novantanovesimo Nome mi viene spontaneo stendere la mano sulla bocca e stare davanti a Lui con il silenzio. Il salmo 65,1 dice “Per il Signore anche il silenzio è lode”. Su questa soglia deve essersi trovato Mosè quando si tolse i sandali davanti al cespuglio, luogo impenetrabile e adorabile del grande Nome di Dio. Io prete, abituato a parlare (e a straparlare) di Dio con i punti esclamativi, oggi ho l’opportunità di lasciarmi attrarre dal fascino del punto interrogativo di questo centesimo e impronunciabile Nome e di sospettare che «Il timore del Signore è sapienza e istruzione» (Siracide 1,24). Un timore che non è paura bensì affettuoso rispetto dovuto al mistero presente in ogni evento o persona o linguaggio[1]. Parlare o tacere di Dio? Ma se decido di parlarne non posso farlo inducendo una mortifera noia, ma solo con gioia nei confronti di Uno che, lo so, incenerirà ogni volta le parole che ho faticosamente trovato per capirlo, annunciarlo, lodarlo. «Non possiamo parlare di Dio e tuttavia l’evangelo ci impone di farlo» (Karl Barth). Il mistero di Dio è scritto nelle mie piccole parole, è affidato alla teologia del nostro piccolo quotidiano vivere nell’amore, si lascia prendere in ostaggio ed impigliare dalla ragnatela dei miei ragionamenti, pur di metterci in contatto con Lui, Dio nascosto («Veramente tu sei un Dio nascosto» Isaia 45,15), ma sempre prossimo («Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato» Giovanni 1,18), incartato nella nostra storia ma avvolgente l’universo[2]: «In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (Atti 17,28).
Il Mistero e i luoghi comuni di una fede pigra.
Trinità: è un territorio da calcare con prudenza, curiosità intellettuale e fede itinerante. Nessuno abbia vergogna dei propri dubbi: «Una fede senza il dubbio corre il rischio di spegnersi, come il corpo senza appetito corre il rischio di ammalarsi. La fede infatti non nasce da una verità ingessata e posseduta con saccenteria, ma da una verità dinamica che è sempre oltre ciò che conosco e rivela sempre nuove meravigliose novità[3]». Territorio su cui hanno camminato i maggiori Padri dei primi secoli, teologi, eretici, mistici; S. Agostino ci ha scritto sopra 5 volumi.
Trinità: si tratta di un termine che è ignoto alla Bibbia e alla formula del “Credo” cristiano e non appartiene, in quanto parola, al primitivo annuncio cristiano essendo apparso per la prima volta verso la fine del II° secolo. Noi – battezzati “nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”- fatichiamo a dare risposte che concilino il radicale monoteismo biblico con un arcobaleno di Nomi e di storie di questo Unico e di cui abbiamo un piccolo saggio in una frase di Paolo, molto simile al testo della seconda lettura di oggi: «E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre![4]». Nuovo Dizionario di Teologia[5]: «Ai nostri giorni già la stessa parola “Dio” sembra non evocare quasi nulla per un numero crescente di uomini, mentre è diventata per molti praticamente irrilevante. Che cosa può mai suggerire un termine astratto come “trinità”? Non è una tragica ironia affermare che la Trinità è la verità centrale della fede e riconoscere che essa è la dottrina meno incidente sulla vita?». Mi intriga molto la parola di Gesù: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli» (Matteo 11,25). Di questi piccoli conosco volti e nomi e si guadagnano il pane quotidiano senza rinunciare alla obbedienza di scrutare le Sante Scritture e di affidarsi con semplicità di cuore al Dio che è amore, come ha affermato l’evangelista Giovanni che di queste cose se ne intendeva: «Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore» (1 Giov 4,8). Ecco trovata una porticina di ingresso in questo misterioso labirinto: «L’umanità non è destinata a perire per mancanza di conoscenza, ma soltanto per mancanza di meraviglia. Quello che ci manca non è la disposizione a credere quanto la disposizione a meravigliarci. La consapevolezza del divino comincia con la meraviglia[6]».
Raccontare Dio con un occhio alla croce e un orecchio ai nostri gemiti e canti.
Mi colpisce una citazione del teologo Bruno Forte[7] che riferisce una frase di Eberhard Jüngel: «Occorre parlare di Dio raccontando l’Amore». Così hanno fatto gli autori della tradizione biblica: giungere a Dio attraverso la lettura di una storia che documenta, ad  occhi vedenti nel chiaroscuro e ad orecchi che sopportano il silenzio, ciò che Dio compie per noi. «Interroga i tempi!» dice il Cap. 4 del Deuteronomio da cui è tratta la prima lettura della liturgia odierna[8].«E’ questa la sfida di Dio che si fa trovare mettendo sul cammino dell’uomo dei richiami precisi (la sua voce, la sua parola), delle azioni concrete (segni, prodigi in vista della liberazione), delle testimonianze inequivocabili della sua sollecitudine paterna. Noi vorremmo scoprire chi è Dio in se stesso. Lui, invece, si fa conoscere mediante ciò che opera per noi. Il Dio-per-noi è l’unica faccia del mistero che ci è consentito vedere. Dio in una certo senso lascia cadere un lembo del suo mistero, scoprendosi attraverso la sua “debolezza” nei confronti dell’uomo[9]». L’unica guancia che possiamo vedere del volto della Trinità è la guancia rivolta verso di noi, quella guancia che soffre e sorride in noi incapaci di sopportare un Dio impassibile. Per noi cristiani questa storia di soffusi incontri con i segni di un Dio che si racconta, incomincia da lontano, nelle nostre origine ebraiche. Le orme di questo Dio sembrano, certo, più orme lasciate sull’acqua e cancellate dalle onde successive degli avvenimenti: «Sul mare passava la tua via, i tuoi sentieri sulle grandi acque e le tue orme rimasero invisibili» (Salmo 77, 20). Il baricentro di questo amore narrato è Gesù e all’interno della vita di Gesù tutto il contrappeso si sposta sulla croce pasquale, luogo tremendo di ateismo, laboratorio di disinfestazione dalle illusioni della religione, inusuale santuario dove Dio si rivela chi è per noi: «nessuno ha amore più grande di chi consegna (depone) la vita per i suoi amici» (Giovanni 15,13).
Occorre parlare di Dio narrando l’amore, suo e nostro. «Non basta un milione di sillogismi per dimostrare che uno è innamorato: soltanto l’esperienza dà prova e certezza…La caratteristica della fede secondo l’insegnamento biblico è che essa si fonda, più che sull’intelligenza che specula, sulla memoria che rievoca[10]». E io quando mai ho “visto” e creduto che Gesù e il Padre sono una sola cosa? Quando posso raccontare che a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune? O che io sono mandato da Cristo come lui è mandato dal Padre? Quando potrò dire un Amen detto con la vita affinchè il paradosso trinitario non appaia come un rompicapo matematico, ma come un’opera dinamica di bontà verso il singolo e la comunità umana?


[1] «Se tu comprendessi Dio, non sarebbe Dio» dice S. Agostino (Sermoni, 117, 5). «Dio si onora col silenzio non perché non si debba parlare o indagare di Lui, ma perché prendiamo coscienza di rimanere sempre al di qua di una sua comprensione adeguata» scrive S. Tommaso (Expositio super Boetium de Trinitate)
[2] Bellissimo il Salmo 139 (138).
[3] Averardo Dini, in Servizio della Parola, Queriniana, 287/97.
[4] Lettera di Paolo ai Galati 4, 6.
[5] Andrea Milano, Trinità, in Nuovo Dizionario di Teologia, Ed. Paoline, 1988, pagg.1782-1808.
[6] A.J.Heschel, Dio alla ricerca dell’uomo, Borla, Roma pag. 65.
[7] in AA.VV. Trinità, Città Nuova, Roma, 1987, pag 108.
[8] «Ma guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno viste: non ti sfuggano dal cuore, per tutto il tempo della tua vita. Le insegnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli» (Deuteronomio 4, 9).
[9] Alessandro Pronzato, Parola di Dio! Commenti alle 3 letture – ciclo B, Gribaudi, Torino, pag. 127-128.
[10] Ernesto Balducci, Il mandorlo e il fuoco, Vol. 2°, Borla, pag. 178 e 180.

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