2a domenica di Pasqua. 19 aprile
Dall’utero della Pasqua nasce una chiesa così…

Papa Francesco, nell’udienza generale dell’11 settembre 2013 aveva detto: «Un cristiano non è un’isola. Noi non diventiamo cristiani da soli e con le nostre forze, ma la fede è un dono di Dio che ci viene dato nella Chiesa e attraverso la Chiesa». Le Letture liturgiche di oggi ci offrono uno sguardo panoramico sulla vita della chiesa nascente dopo la resurrezione. La fede in Cristo risorto e l’aver ricevuto il suo Spirito ci incorpora alla comunità cristiana, alla chiesa, che ovviamente non si riduce al Papa, ai vescovi e ai preti, ma è costituita da tutti i credenti: uomini e donne di tutte le età, che esercitano in essa diversi ministeri e conducono diverse forme di vita, ma hanno molte cose in comune

Preghiamo. Signore Dio nostro, che nella tua grande misericordia ci hai rigenerati a una speranza viva mediante la risurrezione del tuo Figlio, accresci in noi, sulla testimonianza degli apostoli, la fede pasquale, perché aderendo a lui pur senza averlo visto riceviamo il frutto della vita nuova. Per Gesù Cristo nostro Signore. Amen.
Dagli Atti degli Apostoli2,42-47
Quelli che erano stati battezzati erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.

Sal 117 Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre.
Dica Israele: «Il suo amore è per sempre».

Dica la casa di Aronne: «Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore: «Il suo amore è per sempre».
Mi avevano spinto con forza per farmi cadere, ma il Signore è stato il mio aiuto.
Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza.
Grida di giubilo e di vittoria nelle tende dei giusti: la destra del Signore ha fatto prodezze.
La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci in esso ed esultiamo!
Dalla prima lettera di san Pietro apostolo 1,3-9
Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per essere rivelata nell’ultimo tempo. Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell’oro – destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco –, torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime.

Dal Vangelo secondo Giovanni 20,19-31
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
 

DALL’UTERO DELLA PASQUA NASCE UNA CHIESA COSI’…Don A. Fontana.
Papa Francesco, nell’udienza generale dell’11 settembre 2013 aveva detto: «Un cristiano non è un’isola. Noi non diventiamo cristiani da soli e con le nostre forze, ma la fede è un dono di Dio che ci viene dato nella Chiesa e attraverso la Chiesa». Le Letture liturgiche di oggi ci offrono uno sguardo panoramico sulla vita della chiesa nascente dopo la resurrezione. La fede in Cristo risorto e l’aver ricevuto il suo Spirito ci incorpora alla comunità cristiana, alla chiesa, che ovviamente non si riduce al Papa, ai vescovi e ai preti, ma è costituita da tutti i credenti: uomini e donne di tutte le età, che esercitano in essa diversi ministeri e conducono diverse forme di vita, ma hanno molte cose in comune, precisamente quelle che ci segnala oggi la lettura del libro degli Atti (insieme a 4,32-35; 5,12-16).

In primo luogo la fede comune, “gli insegnamenti degli apostoli“, il Vangelo insomma.
In secondo luogo la comunione, una caratteristica molto vistosa della prima comunità.
Viene poi “la frazione del pane”, il condividere il pane, cioè, la celebrazione eucaristica nel corso del pranzo comunitario, un’agape fraterna nella quale si fa memoria di Gesù, della sua morte e resurrezione.
Infine le “orazioni”, momenti speciali di preghiere comunitarie, forse nelle stesse ore in cui erano soliti farle i giudei: alba, mezzogiorno e pomeriggio.

E’ veramente la chiesa quella che viene ritratta in questa lettura? La risposta evidente è no: la lettura ci presenta piuttosto un progetto da raggiungere. E’ possibile che la comunità cristiana primitiva non sia stata cosi perfetta; lo stesso libro degli Atti ci informa delle sue imperfezioni e problemi. Ma Luca ha voluto lasciarci questo ritratto ideale forse per evitare che ci accontentiamo della mediocrità.

La seconda lettura è presa dalla prima lettera di San Pietro diretta ai pagani convertiti al cristianesimo, che vivono la loro fede in mezzo a gravi difficoltà in un ambiente ostile. E’ una chiesa pasquale che non fugge dalla società né la aggredisce: la paura genera fuga, piagnisteo, fondamentalismi, contrapposizioni, e una forma di sguardo negativo e manicheo su tutti quelli che ti circondano.

Il Vangelo di Giovanni ci presenta due apparizioni (parola da prendere con le pinze!) del Signore Risorto ai suoi discepoli, una nello stesso giorno della resurrezione, l’altra otto giorni dopo.

Gesù e i discepoli.

  1. I discepoli pur avendo visto la tomba vuota e avendo sentito la notizia della risurrezione da parte di Maria di Magdala, non avevano ancora incontrato Gesù risorto. Occorre arrivare a incontrarlo personalmente. I segni e i testimoni sono necessari, come tappe di avvicinamento, ma mi viene chiesto di arrivare ad incontrare Lui. La scena che si apre è speculare all’ingresso nel sepolcro da parte dei discepoli: qui è Gesù che entra nel sepolcro della comunità, sepolcro ancora chiuso dalla pietra della paura e dell’incredulità, non ancora ribaltata. Maria di Magdala lo cerca e Lui si fa trovare; qui i discepoli non lo cercano e Lui si offre (venne) prendendo l’iniziativa. Il Signore garantisce la sua presenza anche in mezzo a un popolo mormoratore che si chiede: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?»(Esodo 17, 3-5).
  2. Bisognerebbe leggere questa scena dopo aver letto i discorsi d’addio nel cap. 16, dove Gesù diceva: “vi darò il mio Spirito“, ecco che dà lo Spirito; diceva ” vi darò la mia pace” ed ecco la pace; diceva “ritornerò a voi” ed ecco che è ritornato; diceva “avrete la gioia” ecco la gioia. Secondo Giovanni, Gesù non aspetta ad offrirci nell’altra vita i beni promessi, ma già ora, anche se evidentemente non in pienezza. Il racconto narra una solenne epifania, manifestazione, nel Giorno del Signore e mentre la chiesa è riunita sebbene per paura. La si potrebbe chiamare “La Pentecoste”. Per Giovanni avviene tutto all’interno di poche ore: morte, glorificazione, costituzione della Chiesa, dono dello Spirito. Non c’è bisogno di 50 giorni. E’ l’inaugurazione di un modo stabile di presenza d’ora in avanti.
  3. …soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo». Gesù fa un’azione simbolica: dopo aver detto “pace voi” alita su di loro. Il verbo che usa Giovanni (emfusaô) ricorre due volte nell’AT: una quando Dio crea l’uomo e gli soffia nelle narici l’alito di vita (Gen. 2,7) e l’altra in Ezechiele 37 dove lo Spirito plana su una valle di cadaveri e di ossa(Ger. 31,33)[1].
  4. «mostrò loro le mani e il fianco». Gesù è risorto ma con le stigmate da crocifisso. Le mani che mostra sono quelle stesse che hanno lavato i piedi ai discepoli, quelle inchiodate per sempre ad un amore crocifisso, quelle dalle quali nessuno può rapirci (Gv 10, 28). Il fianco (pleura= la stessa parola che usa Genesi per il costato di Adamo da cui fu tratta Eva) è la roccia percossa da Mosè e da cui scaturisce acqua per i nostri aridi deserti (Esodo 17,3-5), è il lato destro del tempio da cui scaturisce un fiume di acqua viva che svelena e feconda come aveva promesso il profeta Ezechiele 47, 1-12: «Mi condusse poi all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua sotto il lato destro del tempio…Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il fiume, vivrà: ….quelle acque dove giungono, risanano e tutto rivivrà». Queste stigmate aperte sono l’Eucaristia domenicale e i poveri che vivono tra noi.
  5. Gesù dice «Accogliete (prendete) Spirito Santo». E’ una supplica più che un ordine: si riceve se si accoglie. Già sulla croce lo Spirito era stato donato; ora si tratta di accogliere quel dono. E siccome Spirito Santo è amore, eccone le conseguenze: «A chi rimetterete i peccati saranno rimessi». Il perdono è “iper-dono”, super-amore. «Noi sappiamo di essere passati da morte a vita se amiamo i fratelli» (1 Giov. 3, 14). La comunità da una parte deve presentare una parola che inquieta l’uomo e dall’altra deve far prevalere più la pazienza di Dio che l’impazienza efficientista ed escludente.
  6. Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi“. La presenza di Gesù apre una direzione verso l’esterno. In Mt e Lc il discorso è più ampio. GV se la cava con una frase, però che contiene tutto. Oggi si direbbe: “Una chiesa in uscita”.
  7. C’è un passaggio dalla “paura” alla “gioia” dove però la “gioia” non si intende solo “il sorriso del devoto beota” ma la franchezza inossidabile della testimonianza. Il tema della paura è presente altre tre volte nell’Evangelo Giovanni:
    • 7,13, dove si dice che la folla aveva paura delle autorità a prendere posizione in pubblico in favore di Gesù.
    • 9,22: i genitori del cieco nato avevano paura di essere scomunicati dalla sinagoga.
    • 12,22: alcuni altolocati erano dalla parte di Gesù, ma avevano paura a dichiararsi perché non volevano rimetterci la loro posizione.

C’è una parola creata proprio dal quarto evangelista che testimonia la grande paura: apo-synagogòs (cioè “scacciato/scomunicato dalla sinagoga”).
* 9,34: il cieco nato riconosce pubblicamente Gesù e viene cacciato fuori dalla sinagoga;
* Gv 12,42: i farisei decidono di scacciare chi confessa Gesù come “Cristo”;
+ Gv 16,2: Gesù predice: «Vi cacceranno dalle sinagoghe».

Il vangelo di Giovanni scaturisce da una fede sofferta, che necessita una confessione a caro prezzo. Il vangelo di Gv è orientato a sostenere una fede “adulta”. La fede – secondo Gv – non è soltanto conoscenza intima, ma anche testimonianza. Ad esempio, Nicodèmo arriverà a fare la sua professione non a parole, ma con un gesto: insieme a Giuseppe di Arimatèa andrà ad accogliere Gesù calandolo dalla croce, con un’azione che lo escluderà addirittura dalla Pasqua giudaica. Infatti il libro dei Numeri legifera che chi tocca un cadavere si contamina e quindi non può celebrare la Pasqua (Nm 19,11-13). Quando Gesù muore, la Pasqua sta per essere celebrata ed è necessario togliere subito i cadaveri dalle croci; Nicodèmo e Giuseppe di Arimatèa preferiscono la Pasqua di Gesù alla Pasqua ebraica.
Gesù e Tommaso.
L’ultimo episodio riguarda l’incontro tra Gesù e Tommaso, il discepolo che elabora il proprio cammino di fede dentro una comunità, in giorno di domenica. “Tommaso” significa “gemello” in aramaico (in greco “Didimo”). Tommaso Didimo (Gemello) potrebbe essere il gemello di Giuda con cui condivide il rischio della incredulità; gemello mio e della mia incredulità.

«Non era con loro»: Giovanni intende valorizzare la comunità come laboratorio e utero per la germinazione della fede. Infatti tra poco finalmente «c’era con loro anche Tommaso».
Mettere le dita nel sigillo (impronta = tupos ) dei chiodi: sono il sigillo dell’identità di Gesù. Tommaso non vuole che le ferite siano rimarginate, ma restino aperte anche dopo la risurrezione. C’è un tocco di Tommaso che lo porta alla soglia della fede. Ma “Beati quelli che crederanno senza aver visto” non significa andare verso una fede spiritualizzata. Gesù risorto resta con le stimmate della crocifissione, nell’Eucaristia e nei poveri.
Lo stesso Giovanni nella sua prima lettera al cap. 4, 14: «Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi». L’incontro con Cristo è pasquale, ma è anche materialissimo, perchè abita nelle nostre relazioni, nell’incontro con gli altri, dentro la comunità.

Mio prefazio a Pasqua
David Maria Turoldo

Io voglio sapere
se Cristo è veramente risorto
se la Chiesa ha mai creduto
che sia veramente risorto.
Perché allora è una potenza, schiava come ogni altra potenza?
Perché non battere le strade, come una follia di sole, a dire: Cristo è risorto, è risorto?
Perché non si libera dalla ragione e non rinuncia alle ricchezze per questa sola ricchezza di gioia?
Perché non dà fuoco alle cattedrali, non abbraccia ogni uomo sulla strada, chiunque egli sia,
per dirgli solo: è risorto! E piangere insieme, piangere di gioia?
Perché non fa solo questo e dire che tutto il resto è vano?
Ma dirlo con la vita
con mani candide
e occhi di fanciulli.
Come l’angelo dal sepolcro vuoto con la veste bianca di neve nel sole,
a dire: «non cercate tra i morti colui che vive!»
Mia Chiesa amata e infedele,
mia amarezza di ogni domenica,
Chiesa che vorrei impazzita di gioia
perché è veramente risorto.
E noi grondare luce perché vive di noi:
noi questa sola umanità bianca a ogni festa
in questo mondo del nulla e della morte. Amen.

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[1] «Questa sarà l’alleanza che io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore: Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo».

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