9 aprile 2023. Domenica di Pasqua
LIEVITO

Parlerò dunque del lievito come chiave interpretativa della Pasqua di Gesù e della Chiesa.

Pasqua di risurrezione

1 Lettera di Paolo ai Corinti, 5, 6-8.
Non sapete che un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta?
 Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità.

 

Ho cercato un’immagine che raccogliesse in sé e potesse esprimere il significato della Pasqua ebraica, di Cristo e della Chiesa. L’ho trovato nel segno del lievito.  Non è invenzione mia perché del lievito se ne parla nella Bibbia una ventina di volte nell’Antico e nel Nuovo testamento.
«Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova». Parlerò dunque del “Fattore L cioè del lievito come chiave interpretativa della Pasqua di Gesù e della Chiesa. Risaliamo un attimo a 2000 anni prima di Cristo, quando agli ebrei, in occasione della loro Pasqua, veniva intimato, pena l’eliminazione dalla comunità, di buttare via il lievito vecchio per una settimana affinchè nella farina del nuovo raccolto non andasse a finire del lievito vecchio, ma venisse fermentata da lievito nuovo. Mettere il lievito vecchio nella pasta del pane ricavata dal nuovo raccolto del grano significa profanarne la santità. Ciò che viene dalla terra è considerato santo perché è dono di Dio. Ecco allora le prescrizioni di Esodo 12 per i preparativi della notte del passaggio dalla schiavitù alla libertà e delle successive celebrazioni: «Il 14 del primo mese di Nisan sarà per voi un memoriale e lo festeggerete come festa del Signore di generazione in generazione come rito perenne. Nel primo giorno, e per 7 giorni, farete sparire il lievito dalle vostre case. Non mangerete niente di lievitato e mangerete pani azzimi».
Il lievito ha dunque una funzione di fermentazione: se è vecchio corrompe, se è nuovo dà volume, bontà e consistenza.
Gesù ha usato questo linguaggio del lievito sia per parlare della sua funzione di corruzione e sia per parlare della sua funzione positiva. Come riferisce Matteo (13,33) ha usato questo segno per parlare di sè e del Regno di Dio: «Il Regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con 3 misure di farina perché tutta si fermenti».
Matteo riferisce anche un’altra frase di Gesù: «Fate bene attenzione e guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei»(16,6) e si riferiva alla loro dottrina legalistica ed esibizionistica (Luca parla proprio dell’ipocrisia in 12,1).
Iniziamo dunque a vedere cosa celebriamo oggi.

  1. Nel giorno della Pasqua di Gesù viene confermato un sospetto: che fin dal giorno della Incarnazione Dio avesse nascosto nella piccola e povera carne e storia di Gesù, il lievito dell’uomo nuovo. Ci sono voluti 33 anni di lievitazione, ora finalmente Dio approva la vita di Gesù e ne fa l’icona di ogni uomo che viva o voglia vivere rigonfiato dal soffio dello Spirito. L’evento pasquale è la lente con cui possiamo leggere da vicino la vita di Gesù come nostra icona.
  2. Nel giorno dell’epifania abbiamo proclamato che la festa di Pasqua è il lievito di tutte le feste. Occorre togliere il vecchio lievito di generiche religiosità per far passare le domeniche, le feste dei santi, di Maria, dei defunti, del Natale, alla loro vera funzione pasquale. Non celebrazioni light, inconsistenti, consolatorie; ma provocanti le nostre uscite, il nostro coraggio, la dimensione comunitaria della fede.
  3. Voi siete azzimi, cioè privati della malizia e del camminare fuori pista. Il fattore L permette di reinterpretare le vicende della vita in chiave pasquale. Mi basti citare un breve passo dell’Enciclica Evangelii nuntiandi di Paolo VI :«Il campo proprio dei laici è il vasto e complicato mondo della politica, della realtà sociale, dell’economia; così pure della cultura, delle scienze, delle arti, della vita internazionale, degli strumenti di comunicazione sociale; ed anche di altre realtà particolarmente aperte all’evangelizzazione quali l’amore, la famiglia, l’educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza» (E.N. 70). Per tornare al segno del lievito: occorre far atterrare le beatitudini che sono la resurrezione anticipata. La santità cristiana non è assenza di difetti o perfezione morale, ma la trasparenza della presenza e della azione di Dio. Occorre dare spazio all’emergere della sua azione nella storia. Ci fu un tempo in cui occorrevano santi re, papi e regine; ci fu un tempo in cui occorrevano santi preti e monaci; oggi è tempo di santi laici negli ambiti della famiglia, del lavoro, della politica e dell’economia. Come il lievito diffonde la sua forza in tutta la pasta, così anche voi – vuol dire Gesú – dovete trasformare il mondo intero. Come è impossibile che i fatti naturali non si realizzino, così quanto io ho preannunciato avverrà infallibilmente. Non venite a dirmi che non potrete far nulla essendo solo dodici tra un’immensa moltitudine di uomini. Proprio in questo la vostra forza risplenderà, quando cioè, essendo in mezzo al mondo, non fuggirete. Come il lievito fermenta la massa quando lo si mescola, lo si nasconde dentro alla farina, e non semplicemente lo si accosta, così anche voi, quando sarete spinti dentro e vi troverete in mezzo alle folle che da ogni parte vi faranno guerra, allora le vincerete. E come il lievito si diffonde in tutta la pasta senza perdersi, ma anzi pian piano trasforma tutta la pasta nella sua sostanza, così lo stesso fatto accadrà della predicazione del Vangelo. Non abbiate quindi timore delle sciagure di cui vi ho parlato. Questi ostacoli saranno la vostra gloria, e li supererete tutti. In questa parabola si parla di tre misure di farina per indicarne molta: sappiamo infatti che tale numero si usa per una notevole quantità. «Se dodici uomini hanno fermentato tutta la terra, pensate quale deve essere la nostra cattiveria e la nostra inerzia, se oggi, pur essendo noi cristiani moltissimi, non siamo capaci di convertire il resto dell’umanità, mentre dovremmo bastare e diventare lievito per mille mondi!» (S. Giovanni Crisostomo, In Matth. 46, 2)
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