CEI. 1° Seminario nazionale pretioperai

Bologna. 19 giugno 2023.

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Evento da ricordare; anzi: da tenere vivo. Dopo quasi 40 anni di ostilità o sopportazione o indifferenza, riprendono i contatti ufficiali della presidenza della CEI con i pretioperai. L’hanno chiamato “1° SEMINARIO NAZIONALE DEI PRETI OPERAI IN ITALIA”, convocato dall’Ufficio Nazionale per la pastorale sociale e del lavoro della CEI e dal Card. Zuppi. È il primo seminario che la CEI convoca da quando esistono i PO in Italia. Qualche dialogo era stato tentato negli anni tra vescovi e Segreteria dei pretioperai, ma furono dialoghi aspri tra sordi. Ho il sospetto che questo incontro sia stato innescato dalla consultazione sinodale in atto che vorrebbe ascoltare anche i reprobi, i lontani, gli allontanati, gli uomini e donne della soglia. Ci ha accarezzato la prima Lettura dell’Eucarestia del giorno concelebrata da tutti e presieduta da Zuppi: « 4in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio con molta fermezza: nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce…. 8nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama; come impostori, eppure siamo veritieri; 9come sconosciuti, eppure notissimi; come moribondi, e invece viviamo; come puniti, ma non uccisi; 10come afflitti, ma sempre lieti; come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto» (2Cor 6,4-10). Noi siamo stati al gioco volentieri anche perché, essendo il “Primo” Seminario, nutriamo la speranza di una continuità nel futuro, anche quando noi, della prima ora, saremo estinti e forse (forse!) sarà sorta una nuova generazione di vescovi e presbiteri che vivranno una nuova “prossimità” con la gente fino ad essere “Come loro. Nel cuore delle masse”, come scrisse René Voillaume, Piccolo Fratello di Gesù, e come ha scritto don Luisito Bianchi preteoperaio e scrittore, citato ampiamente dalla relazione introduttiva di don Bignami: «Il problema è se possiamo ancora accontentarci di essere “vicini” al popolo e non uno del popolo. Essere “vicini” non fa che accentuare la separazione: è una forma di paternalismo illuminato, più pericoloso di ogni distanza chiara e non camuffata» (L. BIANCHI, I miei amici. Diari).

Circa 150 i pretioperai censiti viventi, 50 quelli presenti, ormai pensionati. Al Seminario era presente anche il Vescovo Bregantini, lavoratore in fabbrica durante il periodo di formazione al presbiterato. Oggi quelli ancora al lavoro non risultano più di 5. Vista nell’ottica dei numeri, e della stasi culturale di ampi settori della Chiesa cattolica, la nostra storia può sembrare un’esperienza senza futuro. Ma la storia può diventare, per scelta dei protagonisti, memoria generativa e profetica. Il card. Matteo Zuppi, presidente della CEI e don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale di pastorale del lavoro, «hanno ripreso un filo spezzato al Convegno ecclesiale di Loreto nel 1985, quando – come ha ricordato Don Roberto Fiorini di Mantova –  la Commissione della Cei decise di chiudere il dialogo con noi. Da allora sono trascorsi 38 anni». Il cardinale ha precisato più volte che l’incontro di Bologna non doveva essere interpretato come un raduno di “combattenti e reduci”. In effetti l’eredità che abbiamo lasciato ha fatto affiorare lieviti di futuro: l’assetto di un ministero presbiterale non clericale, la valorizzazione dei preti che sono approdati ad una scelta matrimoniale, la formazione dei preti e il ruolo dei seminari, la testimonianza e la presenza di credenti nel cuore della vita sociale e politica accanto ai poveri e agli ultimi, il senso di una prassi sacramentale non devozionale ma che intrecci la vita degli uomini e delle donne.

E così sono risuonate, come lievito dal fondo di storie di vita, alcune domande: Come essere Chiesa incarnata nella storia, non solo vicina alle persone, ma Chiesa di popolo? Come essere Chiesa che annuncia l’amore di Dio gratuito nella gratuità? I preti operai hanno mostrato questa dimensione della vita cristiana, ben presente in san Paolo che ha lavorato per mantenersi… Come testimoniare una Chiesa libera dalle logiche del potere e che non vive di mezzi esclusivamente umani? L’esperienza dei preti operai è ancora utile? Ha ancora un senso che possiamo condividere e rilanciare? Come può questa esperienza evangelizzare una Chiesa clericale?

Papa Francesco nella Evangelii Gaudium al n. 183 scrive: «nessuno può esigere da noi che releghiamo la religione alla segreta intimità delle persone, senza alcuna influenza sulla vita sociale e nazionale, senza preoccuparci per la salute delle istituzioni della società civile, senza esprimersi sugli avvenimenti che interessano i cittadini. Una fede autentica – che non è mai comoda e individualista – implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo, di trasmettere valori, di lasciare qualcosa di migliore dopo il nostro passaggio sulla terra. Amiamo questo magnifico pianeta dove Dio ci ha posto, e amiamo l’umanità che lo abita, con tutti i suoi drammi e le sue stanchezze, con i suoi aneliti e le sue speranze, con i suoi valori e le sue fragilità. La terra è la nostra casa comune e tutti siamo fratelli. Sebbene il giusto ordine della società e dello Stato sia il compito principale della politica, la Chiesa non può né deve rimanere ai margini della lotta per la giustizia».

Don Augusto Fontana.

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