Lavoro dalle 9 alle 17. Non ho più una vita

31 OTTOBRE 2023

Stati Uniti, lo sfogo di una giovane scatena il dibattito social: “Lavoro dalle 9 alle 17 e non ho più una vita”

“Benvenuta nel mondo degli adulti”, “L’intero sistema è progettato per esaurirti in modo che tu non combatta per cambiarlo”: sono alcuni dei commenti degli utenti

Una 21enne della Carolina del Sud, negli Stati Uniti, ha pubblicato un video su TikTok in cui racconta – in lacrime – dei problemi legati alla gestione del nuovo lavoro.
In particolare, Brielle Asero, questo il nome della ragazza, che si è trasferita in New Jersey, facendo la pendolare verso Manhattan, dice di lavorare dalle 9 alle 17 – a cui si aggiunge un tragitto di un’ora e mezza la mattina e di un’ora e quindici minuti il pomeriggio – e di non avere “tempo per fare nulla, nemmeno per cucinarmi la cena, o le energie per fare sport”. “Sono così triste. Ho paura di non avere tempo per vivere”, aggiunge. Il video è diventato virale e ha scatenato le polemiche sui social.
Le polemiche – Il video di Asero ha collezionato diverse critiche negative: “E gli infermieri che lavorano 7-7 con turni di 12 ore?”, “Benvenuta nel mondo degli adulti”. Ma anche parecchi commenti di supporto: “100000% sì sì sì. L’intero sistema è progettato per esaurirti in modo che tu non combatta per cambiarlo. Non ti lascia nemmeno il tempo per pensare”, “La settimana lavorativa da 40 ore è antiquata ormai, fai bene a sentirti così”.
Dopo le polemiche, la 21enne, laureata in marketing all’Università della Carolina del Sud, ha rilasciato un’intervista a Rolling Stone. “Non mi aspettavo che il video provocasse una tale reazione. Stavo solo cercando di aprire un dibattito sul tema e di essere rispettosa verso le persone che lavorano anche più ore delle mie“, commenta Asero. “Ma gli hater hanno trovato i miei social media personali e li hanno inondati di commenti orribili. Inoltre, alcuni siti di news hanno ripreso il mio video e dipinto i laureati come pigri, il che è tutt’altro che vero“, prosegue la giovane. “La Generazione Z lavora tanto quanto le persone che ci hanno preceduto, con salari più bassi e costi della vita più elevati“, conclude Asero.

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