ALBERI IN CITTA’ PER COMBATTERE LO SMOG
Carlo Timio (ROCCA n. 19)

Alberi in città per combattere lo smog

Carlo Timio[1] (ROCCA 1 ottobre 2022)

Complice la pandemia da Covid-19 che ha spinto la gran parte della popolazione mondiale a un forzato e prolungato periodo di lockdown – sperimentando quanto sia fon­damentale avere un’area verde vicino a casa per il proprio benessere fisi­co e mentale -, il tema della presenza de­gli alberi nelle città è tornato prepotente­mente alla ribalta. Ma da dove deriva que­sta rinnovata sfida a rendere i centri ur­bani sempre più verdi? Una nuova moda, inediti interessi, oppure questo confronto cela significati ben più profondi? Faccia­mo un po’ di ordine. Va da sé che la pian­tumazione di alberi genera numerosi ef­fetti positivi tra cui un miglioramento del­lo stile di vita e della salute pubblica gra­zie alla capacità di ridurre l’inquinamen­to sia ambientale che acustico. Il verde pubblico produce una riqualificazione estetica dei paesaggi urbani e mitiga il fe­nomeno delle isole di calore urbano – che in climatologia rappresentano delle aree più calde all’interno della città che coinci­dono con le zone maggiormente antropiz­zate rispetto alle circostanti aree periferi­che – dovuto a una diffusa cementifica­zione, alle superficie asfaltate, alle emis­sioni di Co2 di autoveicoli, impianti di ri­scaldamento e raffreddamento. Ed è così che la forestazione urbana, secondo nu­merosi studi scientifici, viene considerata la soluzione più efficace ed economica per mitigare l’inquinamento atmosferico, in quanto gli alberi sono eccezionali purifi­catori d’aria. Infatti, grazie al processo della fotosintesi clorofilliana, assorbono tramite le foglie, il tronco e le ramifica­zioni, una grande quantità di particolato atmosferico e gas inquinanti, producendo in cambio ossigeno. Tenuto conto che con ogni probabilità è proprio nelle città che si gioca la partita più decisiva per il futu­ro, è nei settori quali la rigenerazione ur­bana, consumo del suolo, mobilità, acces­sibilità, qualità dell’aria e dei servizi che si dovranno concentrare maggiori energie e finanze. Il tutto per garantire più benes­sere per le città e i suoi abitanti. C’è chi pensa perfino che gli alberi dovrebbero essere ritenuti come un’infrastruttura di salute pubblica. Del resto, mentre da un lato sono sotto gli occhi di tutti i benefici che il verde genera nelle città, dall’altro va considerato che ogni anno, tra i tre e i quattro milioni di persone in tutto il mon­do muoiono a causa dell’inquinamento atmosferico (asma, malattie cardiache, ictus, ecc.). E allora cosa aspettare? Se­condo uno studio dell’organizzazione americana Nature Consevancy si è dimo­strato che con otto dollari a persona all’an­no si potrebbe prevenire la perdita di al­beri, documentando anche che oggi le cit­tà investono di meno nella cura del verde urbano rispetto agli anni passati. È stato anche evidenziato che la carenza o scarsa presenza di alberi è spesso connessa con il reddito medio dei quartieri, creando di­suguaglianze rispetto alla salute delle per­sone. Negli Stati Uniti la differenza nelle aspettative di vita tra quartieri vicini può arrivare a variare addirittura di un decen­nio. Il verde urbano è ormai diventato un’esigenza imprescindibile, un elemento che fa da sfondo alla ricerca di qualità della vita in città: che sia un parco o un singolo albero, l’importante è che si individui, nella fase di progettazione urbana, la giu­sta collocazione per il verde. Una buona soluzione potrebbe essere quella di inco­raggiare politiche che inducono i privati cittadini a piantare alberi, educandoli sui benefici della salute pubblica così come sull’impatto economico delle zone verdi. Lo sostiene anche Ban Ki Moon, ex Segre­tario Generale dell’Onu, quando afferma che «le città sono il luogo in cui la batta­glia per lo sviluppo sostenibile sarà vinta, o persa». Anche nella dichiarazione finale del vertice G20, tenutosi a Roma il 31 ot­tobre 2021, si riconosce «l’urgenza di com­battere il degrado del suolo e creare nuo­ve vasche di assorbimento del carbonio, condividendo l’obiettivo ambizioso di pian­tare collettivamente mille miliardi di al­beri entro il 2030». Un impegno che per l’Ue si è tradotto nella «Strategia europea per la biodiversità al 2030» che mira a piantare almeno tre miliardi di alberi sup­plementari entro la fine del decennio. Anche nel Pnrr si parla della necessità di una riforestazione urbana. Ma ciò non basterà a creare degli ecosistemi sosteni­bili finché gli alberi verranno considerati un arredo urbano – l’ultimo tassello da aggiungere alla fine di una pianificazione urbana – e non piuttosto elementi indispen­sabili in una visione ecosistemica del ver­de urbano attorno a cui sviluppare una progettazione urbanistica. Gli alberi, in­fatti, fanno bene alla città. Questa affer­mazione dovrebbe rappresentare un man­tra cui gli amministratori locali non devo­no sottrarsi. Ma in Italia, cosa si sta fa­cendo su questo fronte? Secondo Asvis, l’Al­leanza italiana per lo sviluppo sostenibile, sono otto su centonove (il sette per cento) i Comuni capoluogo di provincia che di­chiarano di aver elaborato un Piano del verde. Tuttavia, ad oggi sono diverse le città che si stanno dando da fare. A Mila­no, con il progetto Forestami si cerca di creare ecosistemi urbani innovativi e so­stenibili in cui natura vegetale e città agi­scono come un unico organismo, con l’obiettivo di piantare tre milioni di alberi entro il 2030. A Torino il portale aperTo raccoglie open data in cui si riportano le alberate del territorio comunale. A Pado­va è partito il progetto «diecimila nuovi alberi» con una pianificazione di lungo termine. Il Cnr di Bologna ha stilato una lista per identificare le piante migliori da utilizzare, mentre la Regione Toscana ha emanato le linee guida da seguire per la qualità dell’aria in merito ad alberi e alla loro messa a dimora nei centri urbani. E ancora, la piattaforma Forest City per il crowdfunding a Prato, un progetto di fo­restazione urbana che coinvolge anche i cittadini, e i piani di Parma, Rimini e Man­tova aprono sempre di più a una diffusio­ne di nuove giungle urbane. Ad ogni modo, se questa è l’attuale situazione italiana, allora c’è ancora molto da fare. Forse è bene ricordare quali sono i numerosi be­nefici degli alberi. Gli alberi producono ossigeno, nello specifico, in una sola sta­gione, un albero adulto genera la quantità di ossigeno necessaria a dieci persone; puliscono l’aria, fungendo da barriere con­tro l’inquinamento e filtro per l’aria in quanto un albero adulto in ambiente ur­bano può incorporare una quantità di carbonio pari a 10-20kg di Co2 ogni anno; contribuiscono al controllo delle acque grazie alle chiome che intercettano fino al quindici per cento delle precipitazio­ni; riducono il caldo grazie alla loro tra­spirazione che fa diminuire la tempera­tura dell’aria da due a otto gradi; miglio­rano la salute mentale e il benessere per­ché la natura è terapeutica e aiuta a recuperare il senso del tempo biologico; contribuiscono a incrementare l’apparte­nenza alla comunità, riducendo isolamen­to e emarginazione, promuovendo nuovi stili di vita; proteggono il suolo, renden­do più stabili i terreni; difendono dai ru­mori grazie alle fronde che attutiscono una buona parte del caos delle città me­tropolitane; valorizzano gli immobili com­plice la loro bellezza che rende i palazzi di maggiore valore; stimolano lo sviluppo dei bambini, contribuendo alla loro crea­tività e aumentando la loro capacità di resistere alle avversità; rappresentano una memoria storica, divenendo parte integrante del paesaggio circostante. Con questi innumerevoli benefici sia pubblici che privati, e anche in un’ottica di com­battere seriamente il riscaldamento glo­bale, per riprendere le parole del botani­co Stefano Mancuso: «Occorrerebbe pian­tare mille miliardi di alberi». Il quale poi continua: «Negli ultimi due secoli l’uomo ha tagliato due mila miliardi di alberi. Gran parte di ciò che sta accadendo al pianeta è dovuto anche all’alterazione conseguente a questa enorme riduzione della superficie arborea. Gli alberi sono l’unica cosa che assorbe l’anidride carbo­nica. In Italia se ne potrebbero piantare sei miliardi soltanto usando le terre agri­cole abbandonate dagli anni Ottanta ad oggi». E allora, se con ogni probabilità, uno dei modi più semplici ed economici per migliorare la salute delle persone è piantare alberi – che oltre ad essere belli e a rendere più gradevoli i centri abitati, regalano anche una preziosa aria pulita -, perché la piantumazione di al­beri non viene inclusa nei finanziamenti per la salute pubblica?


[1] Laureato in Scienze Politiche all’Università degli Studi di Perugia, Master in Relazioni Internazionali presso la London Metropolitan University e in Comunicazione Digitale e Web Marketing presso il Sole 24 Ore. Ha lavorato come Addetto Stampa presso il Ministero dell’Interno e come consulente per le relazioni internazionali presso l’Università per Stranieri di Perugia, con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, e con l’Unesco. Redattore del “Corriere dell’Umbria”. Collaboratore del quindicinale ROCCA.

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