Domenica 12 gennaio 2020.
GESU’ DECIDE COSA VUOL FARE DA GRANDE. Don A.Fontana

Battesimo di Gesù. Devo premettere che il lemma “battesimo di Gesù” – riferendosi all’immersione nel Giordano nel rito di Giovanni il Battezzatore – si presta ad un equivoco. Quando Gesù parla del proprio “battesimo” fa riferimento alla sua morte-risurrezione, come ricorda Luca (12,50): «C’è un battesimo (un’immersione) in cui devo essere battezzato (immerso); e come sono angosciato, finché non sia compiuto». Il rito di Giovanni fu, per Gesù, un inizio, un acconto preliminare del vero Battesimo che “si compirà” nei giorni pasquali, 3 anni dopo, là dove i cieli non si aprono e la Voce di Dio non si farà sentire se non attraverso la bocca di un impuro: «Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!» (Mc 15,39).

Preghiamo.
Padre d’immensa gloria, tu hai consacrato con potenza di Spirito Santo il tuo Verbo fatto uomo, e lo hai stabilito luce del mondo e alleanza di pace per tutti i popoli; concedi a noi che oggi celebriamo il mistero del suo battesimo nel Giordano, di vivere come fedeli imitatori del tuo Figlio prediletto, in cui il tuo amore si compiace. Egli è Dio, e vive e regna con te…
Dal libro del profeta Isaìa42,1-4.6-7
Così dice il Signore:«Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui;egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono,non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra,e  le isole attendono il suo insegnamento. Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre».
Sal 28 Il Signore benedirà il suo popolo con la pace.
Date al Signore, figli di Dio, date al Signore gloria e potenza.

Date al Signore la gloria del suo nome, prostratevi al Signore nel suo atrio santo.
La voce del Signore è sopra le acque, il Signore sulle grandi acque.
La voce del Signore è forza, la voce del Signore è potenza.
Tuona il Dio della gloria, nel suo tempio tutti dicono: «Gloria!».
Il Signore è seduto sull’oceano del cielo, il Signore siede re per sempre.
Dagli Atti degli Apostoli 10,34-38
In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga. Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti. Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui».
Dal Vangelo secondo Matteo 3,13-17
Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui.
Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

DAL CIELO UNA VOCE. Don Augusto Fontana

 Il battesimo di Gesù.
Devo premettere che il lemma “battesimo di Gesù” – riferendosi all’immersione nel Giordano nel rito di Giovanni il Battezzatore – si presta ad un equivoco. Quando Gesù parla del proprio “battesimo” fa riferimento alla sua morte-risurrezione, come ricorda Luca (12,50): «C’è un battesimo (un’immersione) in cui devo essere battezzato (immerso); e come sono angosciato, finché non sia compiuto». Il rito di Giovanni fu, per Gesù, un inizio, un acconto preliminare del vero Battesimo che “si compirà” nei giorni pasquali, 3 anni dopo, là dove i cieli non si aprono e la Voce di Dio non si farà sentire se non attraverso la bocca di un impuro: «Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!» (Mc 15,39).

Il rito di Giovanni Battezzatore.
Siamo di fronte ad una pagina evangelica che portiamo scolpita nei nostri cuori e nel nostro “immaginario” fin dall’infanzia. Anche nelle nostre chiese il dipinto del Battesimo di Gesù è molto ricorrente. Spesso lo troviamo nelle prossimità del battistero. “In realtà si tratta di una teofania, cioè di una scena costruita dalla comunità o dall’evangelista per collocare in una cornice ben evidente la persona e la missione di Gesù; in altre parole per far capire che si ha a che fare con una autentica chiamata divina e non di autosuggestione” (padre Ortensio da Spinetoli). Dietro il quadro pittorico del cielo aperto, della voce e della colomba c’è uno scarno dato di fatto. Gesù, alla ricerca della volontà di Dio, fece tante ricerche … In qualche misura ebbe contatto con gli esseni[1], con il mondo della sinagoga, ma fu determinante la proposta profetica di un noto profeta itinerante: Giovanni il battezzatore. Da lui ricevette una immersione nelle acque, come segno di immersione nel cammino dell’esodo e come adesione alla proposta di riforma spirituale da parte di Giovanni. Tutto lascia intendere che Gesù divenne suo discepolo e che, proprio anche alla scuola del battista, scoprì progressivamente la missione che Dio gli affidava. Quindi siamo di fronte ad un piccolo nucleo storico che, inserito in un quadro teologico assai consueto nella concezione teologica ebraica, assume un profondo significato.
Posto all’inizio del “ministero pubblico” itinerante di Gesù, questo racconto di grande intensità teologica, ci offre l’orizzonte entro il quale “pensare “ e “capire” Gesù. Quello che lui ha fatto e detto, ciò che Gesù è stato, la missione che ha svolto… tutto questo è spiegabile solo alla luce dell’azione di Dio nella sua vita. Il “Cielo” lo ha investito di questa missione e Gesù ha accolto nel suo cuore, dentro la sua esistenza quotidiana, la luce e la voce che provenivano da questo “Cielo” aperto. Gesù è vissuto ed ha operato sempre in dialogo con Dio, in pace con Lui, sospinto dal Suo spirito. Gli scrittori dei vangeli, attingendo a piene mani dalle Scritture di Israele, ci enunciano questo messaggio con un linguaggio poetico incantevole: il cielo che si apre, la colomba che scende, la voce dal cielo. Si direbbe che spesso gli scrittori biblici sono anche dei pittori, degli scultori, tanto sanno usare i toni e i colori degli artisti. Forse perché hanno scritto con amore e l’amore, si sa, colora la vita … e illumina anche i paesaggi più consueti.

Il cielo aperto
Isaia 63 «[7]Voglio ricordare i benefici del Signore, le glorie del Signore, quanto egli ha fatto per noi. Egli ci trattò secondo il suo amore, secondo la grandezza della sua misericordia. [8]Disse: «Certo, essi sono il mio popolo, figli che non deluderanno» e fu per loro un salvatore [9]in tutte le angosce. Non un inviato né un angelo, ma egli stesso li ha salvati; con amore e compassione egli li ha riscattati; li ha sollevati e portati su di sé, in tutti i giorni del passato. [10]Ma essi si ribellarono e contristarono il suo santo spirito. Egli perciò divenne loro nemico e mosse loro guerra. [11]Allora si ricordarono dei giorni antichi, di Mosè suo servo. Dov’è colui che fece uscire dall’acqua del Nilo il pastore del suo gregge? Dov’è colui che gli pose nell’intimo il suo santo spirito. [15]Guarda dal cielo e osserva dalla tua dimora santa e gloriosa. Dove sono il tuo zelo e la tua potenza, il fremito della tua tenerezza e la tua misericordia? Non forzarti all’insensibilità. Tu, Signore, tu sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore. [17]Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema? Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore delle tribù, tua eredità. [18]Perché gli empi hanno calpestato il tuo santuario, i nostri avversari hanno profanato il tuo luogo santo? [19]Siamo diventati come coloro su cui tu non hai mai dominato, sui quali il tuo nome non è stato mai invocato. Se tu squarciassi i cieli e scendessi!».
Possiamo capire meglio, alla luce di questa pagina, tutta la storia del nazareno e tutto il suo messaggio, ma questi cieli sopra Gesù che prega costituiscono un annuncio prezioso anche per ciascuno di noi. Sulla nostra piccola, povera e semplice vita, spesso travagliata ed affannata, il cielo è aperto. Non dobbiamo mai pensare che, per i nostri errori o per i nostri smarrimenti, per le nostre contraddizioni o fragilità, Dio abbia interrotto con noi la comunicazione, il dialogo. Il “cielo” sorride non sui “santi” o sui perfetti ma proprio sulle persone come noi. Gesù ha annunciato, anzi ha fatto esperimentare a molte persone che Dio non cessa mai di sorriderci anche se il Suo sorriso qualche volta è oscurato dalle nostre o altrui nubi. Egli incontrò molte persone che si erano ormai convinte che Dio le “giudicasse dall’alto dei cieli” e non riuscivano più a vedere il “cielo aperto”, cioè il Suo caldo invito a vivere con fiducia. La samaritana, la donna adultera, il centurione, l’emarginato di Gerasa… quanti, incontrando Gesù, videro riaprirsi i cieli. Qualche volta penso che forse anch’io ho vissuto e ho predicato in modo tale da aver chiuso i cieli per qualche fratello e qualche sorella.

Chi chiude il cielo?
Talune chiese cristiane, quando ribadiscono certe regole corrono il rischio di chiudere il cielo su tanti fratelli e sorelle. E’ sempre molto pericoloso predicare come “voce di Dio” ciò che è farina del nostro sacco, ciò che è una legge ecclesiastica, una tradizione umana, una convenzione societaria che può essere frutto di una determinata cultura, frutto di interessi o di pregiudizi. Mi viene in mente un’altra severa immagine biblica che Matteo, in una pagina di polemica rovente, dirige verso alcuni maestri della Torah e farisei: “Voi chiudete agli uomini la porta del regno di Dio: non entrate voi e non lasciate entrare quelli che vorrebbero entrare” (Mt. 23,13).

E io?
Ma questa pagina evangelica può anche suonare per noi come un invito alla vigilanza e alla responsabilità. Poiché, se è vero che Dio non interrompe mai il dialogo con noi, è altrettanto vero che siamo noi che possiamo chiudere il cielo sopra di noi, cioè possiamo mettere da parte la presenza di Dio, metterLo alla porta della nostra vita. Questo mi sembra, oggi, uno dei rischi più concreti. In questa società delle “cose” e degli “oggetti”, nella cultura del “vedo e tocco”, non c’è nulla di più facile che accantonare Dio come non evidente, non concreto. Se io Gli chiudo la porta della mia casa, Dio si lascia mettere fuori gioco. Forse, sempre più concentrati sui nostri desideri, sulla veloce giostra degli affanni e degli affari, il “Cielo” comincia a non interessarci più, a farsi lontano. Concentrati su noi stessi, l’operazione di chiusura del Cielo avviene lentamente, quasi insensibilmente. Riusciamo a disfarci di Dio in modo gentile e Dio accetta il Suo tramonto nelle nostre vite senza buttarci nell’angoscia o farci penare nei sensi di colpa.

 O Dio, voglio seguire Gesù anche in questo. Egli ha camminato molto concretamente su questa terra, ma ha sempre guardato il Cielo. Egli ha mantenuto il cuore aperto a Te, ha costruito la sua vita su di Te come si costruisce una casa sulle fondamenta. Sei Tu, o Dio, il Cielo della mia vita: il Cielo che illumina i miei passi e riscalda il mio cuore. Se io chiudo, Ti prego, riapri come sai fare Tu. Se Ti metto alla porta, bussa, o Dio della mia vita.


[1] Gli esseni erano una corrente religiosa del giudaismo. Molto probabilmente furono attivi dalla metà circa del II secolo a.C. Avevano regole assai simili a quelle che vivranno in seguito i monaci cristiani. Praticavano un rigoroso ascetismo e il celibato ed erano caratterizzati da una forte attesa escatologica. Erano diffusi tra la popolazione ebraica e avevano costituito anche una comunità di tipo monastico a Qumran, nel deserto della Giudea.

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