Domenica di Passione. 5 aprile 2020
SE TU SEI FIGLIO DI DIO SCENDI DALLA CROCE

«Abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare». Così ci disse Papa Francesco nella sua meditazione nella preghiera di venerdì 27 marzo scorso. E noi domenica abbracceremo il Vangelo della Passione secondo Matteo. I racconti evangelici della passione/resurrezione sono un Vangelo nel Vangelo, un finale sinfonico che ci fa capire tutta la melodia precedente, una lente interpretativa con cui capire parole e fatti narrati prima.

SE TU SEI FIGLIO DI DIO, SCENDI DALLA CROCE![1]
Matteo da 26,14 a 27,66
Premessa al racconto: tradire…consegnare…
Matteo 26,1-2Terminati tutti questi discorsi, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi sapete che fra due giorni è Pasqua e che il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso».  Matteo registra che Gesù affida più che mai il Vangelo alla sua testimonianza. Un’omelia afona affidata alla vita: è il tempo della consegna. Per 14 volte[2] Matteo ripete che Gesù viene consegnato, sta per essere consegnato, c’è uno che lo consegna… Ricordiamo che traditore vuol dire consegnatore. Tradire è esatta traduzione del latino tradere = consegnare. L’ultima citazione Mt 27,26 dice: Lo consegnò perchè fosse crocifisso. E’ l’unica volta in cui consegna e crocifissione vengono abbinati. E’ importante notare che questo consegnare è molte volte espresso al passivo: venire consegnato… E’ un consegnato e non parla più, o dice molto poco: il Gesù della passione è il Gesù che sta zitto e accetta di essere ridotto a cosa che passa di mano in mano; si fa di lui quel che si vuole, si dice di lui quel che si vuole. E’ l’accettazione dell’impotenza. Ma per Matteo è Gesù che “mena lo spago”, non sono gli altri; non sono vicende che gli piovono addosso.
  1
La Cena pasquale (26,14-29)
La passione prende inizio da una parola di Gesù: Terminati tutti questi discorsi Gesù disse ai suoi discepoli: Sapete che fra due giorni è Pasqua e che il Figlio dell’uomo è consegnato per essere crocifisso (Mt 26,1). Gesù dice: Fra due giorni è Pasqua, ed è nella situazione della Pasqua che Gesù viene consegnato per essere crocifisso.
il primo giorno degli azzimi (v.17). Così è chiamato il giorno di Pasqua (il 14 di Nisan) con il quale inizia una settimana in cui si mangia pane azzimo, non lievitato. Gesù dà le disposizioni. Matteo precisa che i discepoli chiedono: «Dove vuoi che ti prepariamo la Pasqua?»; i discepoli vanno a preparare, ma è lui che deve compiere la Pasqua, la sua Pasqua. Noi quest’anno non celebreremo in assemblea la “nostra” Pasqua, ma parteciperemo – uniti anche se distanti – alla “Pasqua di Gesù”.
...
Uno di voi mi consegnerà (tradirà) … In ciascun discepolo c’è il dubbio che ciascuno possa essere un potenziale traditore, uno che “lo consegna”, che lo molla in mano ad altri. Ciascuno senta le parole di Gesù come rivolte a se stesso.
…Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?»… Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». I discepoli si rivolgono a Gesù con il titolo di “Signore”; Giuda invece lo chiama “maestro”. E’ una sottolineatura intenzionale e unica di Matteo. Gesù non è solo Maestro, ma Signore. Se Gesù è un maestro è più facile per me andarmene a cercare un altro. Se Gesù è il Signore, non è rimpiazzabile.
…Mangiate… In Genesi 2,17 Dio aveva intimato «dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare». Ora pare che quel divieto sia tolto. Gesù è il frutto che possiamo cogliere e mangiare. Uno vive di ciò che mangia: mangiando di lui viviamo di lui.
   2- Al Getsemani (26,30-56)
…«Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia (inciamperete su di me) in questa notte. Sta scritto infatti…». Giovanni Battista, gli abitanti di Nazareth, i farisei si erano scandalizzati di Gesù. Ora sono i discepoli che patiscono lo scandalo. Matteo dice: sta scritto. Il motivo è lo sta scritto. Lo scandalo del discepolo compie le Scritture. «Sta scritto che il Cristo deve patire»; ma sta scritto anche che il discepolo «si scandalizzerà».
…E Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzassero di te, io non mi scandalizzerò mai…Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò». Lo stesso dissero tutti gli altri discepoli. Pietro ha il coraggio di dire: io non mi scandalizzerò mai, io non ti rinnegherò. E non ce la farà, povero Pietro. Matteo ha il coraggio di dire che anche Giuda si pente[3] e più di Pietro. Si pentì, dice Matteo. E va a buttare le monete, e subito dopo però va anche ad impiccarsi. In 2 Cor 7,10 Paolo parla di una tristezza secondo Dio e di una tristezza secondo il mondo. La tristezza secondo Dio opera il pentimento, la tristezza secondo il mondo genera, al massimo, un senso di colpa senza speranza.
…Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Dimorate qui, mentre io vado là a pregare». E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedèo, cominciò a provare tristezza e angoscia. Episodio di grande importanza per capire la passione che segue. E’ una scena di rivelazione. Mentre la Trasfigurazione (Mt 17,1-9) rivelava in anticipo la gloria del Figlio dell’uomo pur incamminato verso la croce, qui viene rivelata la profonda umanità del Cristo, la sua “debolezza”. Quest’uomo che prova “tristezza e angoscia” è il portatore di una Rivelazione che il discepolo non comprende: anziché vegliare e condividere, si abbandona al sonno. Occorre notare un duplice movimento del racconto: da una parte Gesù che si allontana da solo (quasi a dire che la sua preghiera è un mistero inaccessibile); dall’altra Gesù che si avvicina ai discepoli intontiti. I racconti che seguono (processo, condanna, insulti, crocifissione) sono la faccia esposta della passione, i fatti, la cronaca; qui ci viene svelata la reazione intima di Gesù. E come reagisce la sua chiesa.
Getsemani (eb. Gat shemanim) significa torchio degli oli. Qui sarà torchiato colui nel quale la terra darà il suo frutto (salmo 67,7). Dalla sua umanità spremuta uscirà l’essenza del figlio.
Dimorate qui e vegliate…. rimanete (in greco: meinate da menô= continuare ad essere presente, sopportare, attendere qualcuno). Discepolo è colui che fa della passione di Dio per il mondo la propria dimora.
…cominciò a rattristarsi e angosciarsi… Questa notte comprende tutte le nostre notti. Il Figlio ci si immerge e le riempie della sua presenza. Gesù dice di vegliare con lui. In questa notte non siamo soli: lui è con noi e noi con lui.
…«Abbà». Da ora in avanti in ogni abisso, da una sponda all’altra del caos, risuona la voce del Figlio verso il Padre: «Abbà». Lettera agli Ebrei 5,7-10:« nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì».
Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E disse a Pietro: «Così non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me?». Gesù si rivolge di continuo alternativamente al Padre e ai discepoli, sperimentando il silenzio di tutti. Lui sta tra noi e il Padre, è l’inter-cessore (in latino: inter-cedere=camminare in mezzo), colui che si mette in mezzo e cuce la lacerazione. I discepoli sono vicini e lontani da lui. Pietro Giacomo e Giovanni furono i testimoni della trasfigurazione (17,1); ora sono i testimoni della sfigurazione. Allora brillava la divinità nell’umanità di Gesù, ora la divinità fa trasparire la sua umanità.
... dormite ancora e riposate? Sarebbe meglio tradurre la frase come una domanda anziché, come le solite traduzioni, con una constatazione, poiché subito aggiunge “Svegliatevi, andiamo”.
… Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una gran folla con spade e bastoni… Le folle che erano andate dietro a Gesù sono le stesse che adesso cercano di impadronirsi di Gesù. Dove non basta il denaro si ricorre a spade e bastoni. Appropriarsi di Dio e dell’uomo: è questo il peccato. Una delle parole-chiave del brano potrebbe essere “impadronirsi” (gr. krateô) usato ai vv. 48, 50, 55, 57.
Anche i tre interventi verbali di Gesù possono costituire parole-chiave:
v.
50, E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!».
v.
52: Allora Gesù gli disse: «Rimetti la spada nel fodero…
v.
55: Allora Gesù gli disse: «Come contro un brigante siete venuti per prendermi….
Giuda gli si avvicina, lo bacia gli dice: Rallegrati, Rabbi. Il verbo rallegrati (in greco chaire) è il saluto dell’angelo a Maria (Lc 1,28), che ripete l’annuncio del profeta Sofonia (3,14) a Israele: «Gioisci, figlia di Sion, esulta, Israele, e rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme». E’ un normale saluto, ma costituisce anche un’ironica “annunciazione”. E Gesù gli dice: Amico, usando un’espressione che Matteo usa in altri 3 casi[4]. Giuda è l’unica persona che Gesù chiama “amico”[5]. Sembra che Gesù abbia come sfondo il salmo 56(55), 13-15: «Se mi avesse insultato un nemico, l’avrei sopportato; ma sei tu, mio compagno, mio amico e confidente; ci legava una dolce amicizia, verso la casa di Dio camminavamo in festa».
… uno di quelli che erano con Gesù colpì il servo del sommo sacerdote staccandogli un orecchio. Il nostro zelo non colpisce il nemico alla testa. Gli taglia solo l’orecchio: gli toglie la possibilità di ascoltare la Parola.
…Rimetti la spada nel fodero…Spesso, nella Chiesa, dalla “crociate” in giù, si è ragionato così: Dobbiamo essere forti e non lasciarci calpestare da musulmani o da uno Stato laico e materialista. E’ una contaminazione dell’evangelo.
…Allora tutti i discepoli, abbandonatolo, fuggirono…Ciò che mi fa scappare è un Dio impotente. Ma questo è il modo della presenza di Dio fra gli uomini.
   3 – Il processo giudaico (26,57 – 27,10).
Gesù e condotto nel palazzo di Caifa, sommo sacerdote. Non si tratta di un vero processo ma di un’istruttoria preliminare anche se decisiva. Il racconto ha due scene congiunte: nella prima il protagonista è Caifa e nella seconda è Pietro. L’istruttoria non è sincera. Dicendoci che cercavano una ” falsa testimonianza“, Matteo vuole ricordarci un testo precedente (15,19): “dal cuore escono pensieri cattivi, omicidi, adulteri, fornicazione, furti, false testimonianze, bestemmie“.  L’unico atto di accusa che riescono a trovare è una parola di Gesù sulla distruzione del tempio. Esistevano gruppi giudei contestatori che si opponevano al tempio e al culto corrotto. L’accusa verrà ripresa dai passanti sotto la croce (27,40): ” tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso“. Anche ai discepoli Gesù avevano detto (24,3): “Amen vi dico, non resterà pietra su pietra“.
…Ma Gesù taceva…Gesù tace per compiere la profezia di Isaia 53,7 “maltrattato egli accettò la umiliazione e non aprì la sua bocca, come un agnello condotto al sacrificio“. Quando il sommo sacerdote gli chiede di identificarsi, Gesù parla di se stesso come del figlio di Dio.. il Cristo. Ora lo si può riconoscere come Dio: non c’è più rischio di ambiguità. Dio è questo “consegnato” e di cui tutti si sono “impadroniti”. Una bestemmia, come dice il sommo sacerdote.
…Che ve ne pare?…La domanda è rivolta al Sinedrio, ma ovviamente a noi: tu che ne dici?
…Sputarono…Per un attimo il volto umano di Gesù si scopre per rivelare il suo volto divino e gli uomini gli rimettono il velo coprendolo di sputi. Per meglio comprendere la scena degli oltraggi occorre confrontarla con la profezia di Isaia 50,6 da cui la descrizione evangelica sembra dipendere: “ho presentato il mio dorso alle percosse, le mie guance a chi mi strappava la barba; non ho sottratto il mio volto gli schiaffi e agli sputi“.
…Pietro lo seguiva da lontano…Gesù gli aveva chiesto “Seguimi”. Pietro per ora lo fa a modo suo: “da lontano”. Anche Pietro subisce un piccolo processo. Un Pietro che si allontana sempre più, anche scenicamente: all’inizio è seduto nel cortile; dopo la prima accusa va verso l’atrio; dopo la seconda esce in strada. E’ un Pietro che si allontana sempre più da Gesù. La riflessione che fa Matteo è che questo tentativo di Pietro di restare fedele diventa l’occasione esplicita del suo rinnegamento. Pietro sta con Gesù più degli altri e rischia più degli altri. E notiamo la progressione del suo (e nostro?) rinnegamento:… Pietro negò davanti a tutti … non conosco che cosa tu dici … negò di nuovo, giurando: non conosco l’uomo….cominciò ad imprecare e a giurare: Non conosco l’uomo. Pietro non mente quando dice di non conoscerlo. Per la prima volta si accorge di non conoscerlo. In Mt l0, Gesù aveva detto: Chi mi confesserà davanti agli uomini, io lo confesserò davanti al Padre. Chi non mi riconoscerà davanti agli uomini, io non lo riconoscerò davanti al Padre mio. Pietro ha una chiara coscienza del punto in cui è arrivato; piange quando si ricorda della Parola che gli aveva detto Gesù! Attendo anch’io una Parola che mi svegli come il chicchiricchio di un gallo mattutino. La vita del discepolo è un continuo prostrarsi dubitando.
      4- Il processo romano (27,1-31).
Matteo inserisce, prima del processo romano, un’ampia parentesi: il suicidio di Giuda; quasi una scena cuscinetto. La scena serve a illuminare non tanto la morte di Giuda (per la quale Matteo spende pochissime parole), ma i “30 denari” (espressione che ricorre 4 volte) e il “sangue” (espressione che ritorna 3 volte). Pare che i ” 30 denari” facciano riferimento al testo di Zaccaria 11,12-13 dove si legge che un profeta-pastore, inviato da Dio, fu valutato da Israele per 30 sicli d’argento; nel libro dell’Esodo (21, 32), invece, trenta pezzi d’argento era il risarcimento dovuto al padrone nel caso che il suo schiavo venisse anche incidentalmente ucciso. Ora è il Messia in persona che è barattato per soldi.
Gesù e Barabba. Matteo dà a Barabba lo stesso nome di Gesù; infatti lo chiama “ Bar àbba” (figlio del padre) o Bar rabban (figlio del maestro)”[6]. Dunque, per Matteo, l’alternativa che ci pone Pilato è molto netta: “Chi volete che vi rilasci: Barabba detto anche Gesù o Gesù chiamato Messia?”. Matteo non colora Barabba a tinte fosche, come fa invece Marco 15,7 (un rivoltoso, un omicida): dice solo che era ” carcerato famoso”, senza giudizi negativi. Si tratta di scegliere tra due Gesù (Jehoshuah in ebraico vuol dire “salvatore”), uno dei quali è “chiamato Messia”.
… liberò loro Barabba…. Barabba è il primo liberato da Gesù. Diventa davvero Bar-abbà=figlio del Padre.
Mentre Marco e Luca fanno ricadere la responsabilità della morte di Gesù sulle autorità giudaiche che sobillano la folla, Matteo accentua la responsabilità delle folle che vengono persuase dalle autorità giudaiche. Le folle nel Vangelo di Marco chiedono che sia Pilato a crocifiggere Gesù: “crocifiggilo”; nel Vangelo di Matteo gridano: “sia crocifisso“, come se fossero loro a decidere e a sentenziare; e infatti Pilato non emetterà alcuna condanna, si limiterà a consegnare Gesù ai soldati “perché fosse crocifisso”.
Il sogno della moglie di Pilato, caratteristica di Matteo, serve a proclamare l’innocenza di Gesù da parte dei pagani i quali si dimostrano più favorevoli dei giudei ad apprezzare la “giustizia” di Gesù. Anche la scena di Pilato che si lava le mani in segno d’innocenza è una caratteristica di Matteo: gesto non rituale nel diritto romano ma più simile a un rituale ebraico così come cita Deuteronomio 21,6: «tutti gli anziani di quella città, i più vicini al cadavere, si laveranno le mani… e prendendo la parola diranno: “le nostre mani non hanno sparso questo sangue e i nostri occhi non l’hanno visto spargere”».
5-
Il calvario ( 27,32-61).
Simone di Cirene (ossia di origine africana), e non Simone Pietro, è lì con Gesù. Discepolo è colui che porta la propria croce. Qui addirittura porta la croce del Signore completando ciò che manca alla passione di Cristo per la nostra salvezza (Paolo ai Colossesi 1,24). Rappresenta la numerosa schiera di tutti poveri e i dannati della terra; tutti i piccoli del mondo sono cirenei.
… lo spogliarono. E’ la nudità dell’antico Adamo e ora del nuovo Adamo[7] che non si nasconde più davanti agli occhi di Dio. E’ la nudità di Giobbe (Giobbe 1,21: «Nudo uscii dal seno di mia madre, e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!»).
…gli diedero vino mescolato con fiele… si spartirono le sue vesti tirandole a sorte…lo insultavano scuotendo il capo… Ai condannati si dava una bevanda anestetica di vino e mirra[8] (o incenso), come ricorda Marco 15,23 secondo le usanze: “quando un uomo dev’essere ucciso, gli si fa bere un grano d’incenso in una coppa di vino perché perda coscienza” (cf. Proverbi 31,6). Per Matteo invece gli viene dato fiele (salmo 68,22). Il salmo 68 è il salmo del giusto innocente perseguitato. Tra poco Matteo aggiungerà nel racconto che Gesù in croce prega il salmo 21, altro salmo del giusto e innocente perseguitato, di cui non solo cita la prima frase “Dio mio perché mi hai abbandonato“, ma anche il versetto 19 “si dividono le mie vesti, e sulla mia tunica gettano la sorte. Matteo continua la citazione del salmo 21 ricorrendo al versetto 9: “ ha confidato in Dio, lo liberi (adesso) se gli vuole bene” e al versetto 7 «Ma io sono verme, non uomo, infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo» come bene descrivono i versetti di Matteo dal 39 al 44.
Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra. Due banditi o guerriglieri sono messi uno alla destra e uno alla sinistra, ironica allusione alla domanda della madre dei due figli di Zebedeo (20,21)[9]. Accanto a lui non ci sono i suoi discepoli bensì dei delinquenti (“è stato conteggiato tra gli empi” così profetizzava Isaia 53,12).
L’ora sesta è mezzogiorno; e l’ora nona sono le tre del pomeriggio. Sono le ore del buio in pieno giorno come era stato profetizzato da Amos (8,9): “in quel giorno farò tramontare il sole a mezzogiorno e oscurare la terra in pieno giorno”. Il giorno del Signore tanto atteso dai profeti e da Israele si rivela essere tenebra e non luce; siamo come alla fine del mondo. Matteo in 24,29 riportava una parola di Gesù: “subito dopo la tribolazione di quei giorni il sole si oscurerà e la luna non darà il suo chiarore… e allora apparirà in cielo il segno del figlio dell’uomo“.
…emise lo spirito... La morte è descritta con una frase significativa: “emise – rilasciò (apheken) -lo spirito”, modo di dire unico negli evangeli sinottici che quasi anticipa Giovanni 19,30 “diede lo spirito (paredoken to pneuma). Per tutti gli esegeti, queste frasi descrivono non solo la morte, non solo l’inizio della risurrezione ma anche l’inizio della Pentecoste.
…Costui era veramente il Figlio di Dio…. Il libro del Deuteronomio (21,23) scrive: “il suo cadavere non dovrà rimanere tutta la notte sull’albero, ma lo seppellirai lo stesso giorno“. Questo testo insegna che colui che è appeso è una maledizione di Dio proprio perché in lui l’immagine di Dio che è nell’uomo viene deturpata, e la legge ebraica vuole porre un limite a questo scempio della immagine di Dio nell’umanità. Tutto il Vangelo dei tre sinottici corre verso questa dichiarazione, questo Credo dichiarato non dai discepoli o dalle discepole ma da un pagano che riconosce il figlio di Dio nel figlio dell’uomo, l’immagine di Dio nel volto tumefatto e sconfitto dalla morte.
…Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono. E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. La scenografia che accompagna la morte (terremoto, apertura dei sepolcri, risurrezione, ingresso nella città santa) chiarisce la realizzazione della profezia di Ezechiele 37, la famosa profezia delle ossa aride che si ricompongono in un popolo di viventi.
….C’erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano…. Le donne, di cui Matteo fino ad ora non aveva parlato (a differenza di Luca) diventano le sole testimoni oculari della crocifissione e della sepoltura e in seguito protagoniste dell’annuncio pasquale. I discepoli sono fuggiti e dispersi. Vi sono però molte donne che, seppur da lontano, osservano. Il verbo usato è theoreo che indica non un’osservazione curiosa o neutrale ma contemplativa e partecipativa.
… in un sepolcro nuovo…. Profezia di Isaia 53,9: Gli avevano assegnato la sepoltura con gli empi, ma alla sua morte fu posto col ricco, perché non aveva commesso alcuna violenza e non c’era stato alcun inganno nella sua bocca. Il ricco Nicodèmo porta una mistura di mirra e di aloe di cento libbre (45 kilogrammi!) destinata a emanare un prezioso profumo. Ora, nell’offerta del Figlio, si rivela, come già nell’unzione di Betània, un’esagerazione che ci ricorda l’amore generoso di Dio, la “sovrabbondanza” del suo amore. Dio “diffonde per mezzo nostro il profumo della conoscenza di Cristo nel mondo intero. Noi siamo infatti… il profumo di Cristo” (2 Cor 2, 14s). Nella putrefazione di molte ore del nostro oggi, la fede-carità potrebbe essere il profumo che ci riporta sulle tracce della vita. Nel momento della deposizione comincia a realizzarsi la parola di Gesù: “In verità, in verità, vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12, 24). Gesù è il pane di vita capace di sfamare l’umanità. Sopra la sepoltura di Gesù risplende il mistero dell’Eucaristia.


[1] Appunti di A.Mello. Inoltre: Maggioni “il racconto di Matteo”. Editrice cittadella
[2] Mt 26,2,15,16,21,23,24,25,45,46,48. Mt 27,2,3,4,18,26.
[3] Mt. 27 [3]Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d’argento ai sommi sacerdoti e agli anziani [4]dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente».
[4] Mt 11,19 «Ecco un mangione e un ubriacone, amico dei pubblicani e dei peccatori». Mt 20,13 «Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro?». Mt 22,12 «Amico, come hai potuto entrare qui senz’abito nuziale?».
[5] Nel greco classico il termine hetaîros (usato da Matteo) significa primariamente “compagno di mensa”.
[6] Molti manoscritti riportano così: «un noto {episêmon} carcerato {desmion}, detto {legômenon} Barabba o [anche] Gesù {Barabban e Iêsoun}». Non tutti i manoscritti conservano la versione del nome “Barabba-Gesù” che era conosciuta da Origene il quale tuttavia la esclude per il motivo che nessun peccatore può portare il nome di Gesù. I copisti devono aver fatto altrettanto per gli stessi motivi. Il Vangelo di Matteo è l’unico in cui questa variante si sia conservata, anche se le traduzioni ufficiali continuano ad escluderla.
[7] Genesi 3,10-11 Adamo rispose:   «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Dio riprese: «Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?».
[8] ricordiamo la mirra offerta dai re Magi.
[9] Mt 20 [20]Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo: «Dì che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». [22]Rispose Gesù: «… non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio».

image_pdfScarica PDFimage_printStampa