Un gruppo di circa 300 cristiani del Nord Est, laici e laiche, preti, religiosi e religiose, dal novembre 2018 si incontrano a Limena (Padova) per riflettere insieme sulla situazione del Paese e delle Chiese Trivenete nel nuovo contesto sociale e politico.
Leggi qui il testo completo del documento Il futuro che vogliamo (link sicuro)
Estratto del “DOCUMENTO DI LIMENA”:
“Vi sono stati periodi nella storia recente in cui un mondo migliore è sembrato possibile. Oggi guardiamo al domani con diffidenza e paura. Non possiamo procedere in questo modo. Dobbiamo reagire. Stiamo vivendo tempi fuori dell’ordinario, uno di quei crocevia della storia in cui i contorni essenziali della convivenza vengono ridefiniti. Siamo da ciò obbligati a chiederci tutti: «Che futuro vogliamo per noi e per i nostri figli?». Sappiamo che in periodi come questi ci sono rischi, ma anche nuove opportunità, e che queste ultime potranno realizzarsi solo se proviamo seriamente a riprendere in mano il nostro futuro; se non restiamo a guardare, ma ci facciamo parte attiva e responsabile. Vorremmo porre dapprima cinque questioni fondamentali.”
Inizia così il documento Il futuro che vogliamo, scritto da un gruppo di cristiani del nord-est formato da laici e laiche, preti, religiosi e religiose che da novembre 2018 si incontrano a Limena, in provincia di Padova, per riflettere insieme sulla situazione del Paese nel nuovo contesto sociale e politico. Mossi dalla volontà di condividere la propria condizione di disagio nei confronti di certe decisioni politiche e ancor più per il linguaggio usato dalle nuove élites, che per loro hanno il proposito di rendere accettabili orientamenti culturali e morali sconcertanti, il loro obiettivo è quello di capire quanto sta avvenendo, non solo in Italia. Sulla base della constatazione che nelle chiese c’è un vuoto di riflessione su temi che sono fondamentali per i cristiani, hanno deciso di pendere l’iniziativa per rompere il silenzio e aprire una discussione.
I temi che più preoccupano sono il rischio di involuzione autoritaria della democrazia, l’impegno a costruire muri piuttosto che gettare ponti, l’affermarsi di identità che si chiudono su sé stesse. Ma, come cristiani, quello che li colpisce e amareggia di più è che l’individuazione di un nemico esterno, anche se inventato, viene ritenuto più importante del sentimento di compassione. Per questo, serve dar vita a spazi educativi per pensare il nostro tempo alla luce del Vangelo. I temi che nel documento vengono indicati come più urgenti sono:
- ambiente e salvaguardia del creato: va perseguita la logica di uno sviluppo realmente sostenibile;
- eguaglianza: va favorita una più equa distribuzione del reddito;
- contrasto alla povertà, agendo sul complesso delle cause e coinvolgendo le istituzioni e le comunità locali;
- trasformazioni demografiche: la bassa natalità va contrastata, con un fisco e servizi a misura delle nuove generazioni e dunque delle famiglie con figli;
- rapporti tra le generazioni: le politiche dovrebbero impegnarsi a non trasferire sulle generazioni future i problemi dell’oggi;
- educazione: si deve invertire la prolungata tendenza a trascurare la scuola nell’ordine delle priorità pubbliche, prendendo sul serio il compito di trasformare i ragazzi in cittadini;
- economia e finanza: vanno sostenute e irrobustite imprese in grado di creare posti di lavoro qualificati e i mercati finanziari devono essere regolamentati diversamente;
- emigrazioni: per contrastare l’emorragia di giovani verso l’estero, va creato lavoro all’altezza delle aspettative delle nuove generazioni;
- immigrazioni: quelle provenienti dai paesi poveri derivano anche da una richiesta di manodopera per lavori non specializzati di cui ci sarà inevitabilmente bisogno anche nei prossimi decenni. Andrebbe perciò posto fine ai meccanismi prevalenti di ingresso irregolare in Italia, riaprendo i canali di immigrazione regolare per lavoro;
- richiedenti asilo: per gli attuali richiedenti la questione andrebbe risolta al più presto e in modo realistico, per il bene degli italiani e dei richiedenti stessi. Per il futuro la riapertura di una via d’accesso regolare per lavoro renderebbe possibile riservare la via dell’asilo a chi davvero soffre la discriminazione e la guerra;
- integrazione: specialmente per le seconde generazioni – i figli degli immigrati – vanno migliorati i percorsi di integrazione e inclusione, attraverso la scuola, le associazioni della società civile e il riconoscimento della cittadinanza.
- cooperazione internazionale: appare necessario pensare ai Paesi “poveri” non come oggetto di sfruttamento e mercato per le armi, ma come partner effettivi in uno sviluppo sostenibile.