INCARNAZIONE 2022
Dio per noi. La speranza nella precarietà.

C’è il fondato sospetto che abbiamo frettolosamente deglutito il mistero della natività di Dio rendendolo poltiglia con gli acidi gastrici delle nostre banalità.

Incarnazione 2022

DIO PER NOI. SPERANZA NELLA PRECARIETA’

 (testi della liturgia della notte)

Dal libro del profeta Isaìa 9,1-6
Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia,  hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come nel giorno di Màdian[1]. Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine  sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre. Questo farà lo zelo del Signore dell’universo.
Salmo  95  Oggi è nato per noi il Salvatore.
Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.
Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria, a tutti i popoli dite le sue meraviglie.
Gioiscano i cieli, esulti la terra, risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene, acclamino tutti gli alberi della foresta.
Davanti al Signore che viene: sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia e nella sua fedeltà i popoli.
 Dalla lettera di san Paolo Apostolo a Tito 2,11-14
Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.
Dal Vangelo secondo Luca 2,1-14
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama».

Il diritto del mistero a non essere ridotto a banalità e ad essere notizia. Don Augusto Fontana.

Quando Dio muore sulla croce, l’evento lo connotiamo come Mistero incomprensibile, inaccettabile: una fede a caro prezzo. La nascita di Dio in Gesù ci appare invece un evento immediatamente accessibile alla mente e ai sentimenti, comunque più facilmente accettabile dall’atto di fede: una fede a basso prezzo.  C’è il fondato sospetto che abbiamo frettolosamente deglutito il mistero della natività di Dio rendendolo poltiglia con gli acidi gastrici delle nostre banalità. Siamo qui oggi per restituire alla Incarnazione il suo diritto a restare Mistero sconosciuto[2], proposto al nostro stupore prima che ai morsi della nostra vorace dentatura che lo vorrebbe triturare. Siamo qui perchè si trasformi da informazione a notizia:

  • «Un bambino è dato per noi» (Is.9,5),
  • «è apparsa la grazia di Dio apportatrice di salvezza per tutti gli uomini…egli ha dato se stesso per noi» ( Paolo a Tito 2,11),
  • «oggi è nato per voi un salvatore» ( Luca 2).

La differenza non è di poco conto.  L’informazione diventa notizia quando riguarda me o te. Non basta oggi far sapere che “è nato un bambino”, ma occorre il coraggio di coltivare il sospetto che ciò avvenga “per noi”.
Le narrazioni evangeliche della Natività, e dintorni, pullulano di angeli e di sogni: è una tecnica narrativa biblica adottata non per ridurre gli eventi alla portata delle nostre mai sopite fantasie infantili, ma per far passare l’informazione a livello di notizia.
Nel racconto di Matteo tira un’aria meditativa: Mentre Giuseppe stava pensando a queste cose…(Mt.1,20); e per 4 volte c’è il sogno che è un simbolo di una rivelazione meditata, ruminata, digerita (Mt.1,20; 2,12-13. 19). Più ancora in Luca: Tutti quelli che udirono si stupirono….Maria conservava queste cose meditandole nel suo cuore  (symballein= meditare in modo coordinato).
Nella Bibbia, ogni manifestazione e venuta di Dio è accompagnata da una sfida. Il “Giorno di Jahwè – dicevano i profeti- sarà il giorno in cui verremo purificati dal fuoco”. Il Giorno di Jahwè provoca una ristrutturazione della nostra condotta. «Egli ha dato se stesso per noi, per liberarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro, zelante nelle opere buone. E’ apparsa la grazia di Dio che porta salvezza a tutti gli uomini e che ci insegna a rinnegare la malvagità e i cattivi desideri e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo nell’attesa dell’avvento definitivo» (Paolo a Tito, 2,11-14).
Valorizzazione, dunque, della vita umana, e riscoperta della possibilità di una vita divina nel senso che l’Incarnazione non è solo un’esaltazione dell’uomo così com’è, ma è una proposta di un’ulteriore meta e avventura al di là del possibile.
Dice la Bibbia che Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. Sono stati i Padri greci a distinguere tra immagine e somiglianza di Dio. L’immagine indica le caratteristiche scolpite nel segreto del nostro essere e che nessuno può cancellare o cambiare. La nostra somiglianza con Dio invece dipende da noi, da ciò che crediamo e facciamo. Un criminale non distrugge l’immagine di Dio in lui, ma altera la sua somiglianza con Dio. L’incarnazione vuole ricomporre la somiglianza con l’immagine; è l’inizio del restauro di questa icona di Dio, è l’inizio di una guarigione.
Un po’ della nostra storia.
Anche la Natività che celebriamo quest’anno, come quella di 2000 anni fa, è circostanziata da alcuni eventi di portata collettiva che hanno diritto di risuonare in questa Liturgia.
«In questi giorni non è facile festeggiare, a meno di restare non vulnerabili dalle situazioni di sofferenza che sembrano cancellare ogni speranza. Ubriacati dal clima festoso non ci indigniamo più per la guerra in Ucraina, per i migranti che continuano a morire nel Mediterraneo e sulle fredde rotte europee, per l’oppressione delle donne in Iran, per i maltrattamenti subiti dai carcerati nelle nostre prigioni. Come si può celebrare Natale senza essere consapevoli di queste realtà delle quali in certi casi siamo anche responsabili? Mi rincuora il fatto che il Natale, per i cristiani, non è solo una festa per Gesù che nasce, ma è una festa per il Messia che viene a reintegrare nella pienezza della vita tutti quelli che ne sono privi. Natale è festa di speranza per tutti quelli che, cristiani o non cristiani, vogliono che il mondo cambi»[3].
Ci mancano molto i 3 principali diritti umani: il sorriso, l’amicizia, la speranza[4].  E poi: le crisi interiori, i conati personali di vivere la sequela di Gesù, le insoddisfazioni di ognuno.
«Troverete un bambino» (Luca 2,12): Dio poteva presentarsi come adulto fatto, saltando quegli inutili anni infantili e privati. Invece «un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio» (Isaia 9,5). Ogni realtà appena nata possiede le stesse connotazioni di un neonato: essere il risultato di una storia di amore, essere il punto terminale di una lunga generazione, diffondere un entusiasmo utopico sgombro dal realismo che presto lo avvolgerà. Oggi stiamo vivendo, con un respiro di sollievo, alcuni piccoli germogli storici che ci aiutano anche a scrutare la natività di Dio.
Gesù nasce, secondo Luca e Matteo, al termine di una genealogia.
Matteo mette in campo una (apparentemente inutile e noiosa) genealogia di Gesù (Mt 1,1-17) e vi inserisce personaggi di dubbia moralità, non appartenenti alla pura razza e religione ebraica; anche 4 donne con storie, a dir poco, contorte (Tamar, Rahab, Rut e Betsabea). Perchè non ha scelto le grandi matriarche Sara, Rebecca, Rachele? Ogni tappeto persiano, splendido del suo disegno geometrico, possiede un rovescio fatto di fili contorti e di apparentemente irrazionali trame; eppure ogni gesto del tessitore era finalizzato ad un disegno. Sembra che Dio abbia bisogno di tempo per tessere le sue trame, che abbia necessità di tempi di fidanzamento per convincere l’uomo a sposarsi con Lui. Siamo dunque chiamati a far parte della genealogia di Gesù, costituiamo il suo ventre materno, il suo padre adottivo.
La natività di Gesù, per l’evangelista Matteo, è immediatamente minacciata. Siamo chiamati ad adottare questo Dio bambino e tutte le situazioni neonate che Lui ci regala, cariche di speranza, ma già minacciate dalla voracità e dalla paura dei vinti. Dio cresce nella carne di Gesù solo per la cura amorosa di chi lo ha adottato. La shalòm di Dio non diventerà adulta per crescita spontanea; attende di essere adottata, nutrita e difesa. Dovrebbe essere la fine di una fede ingenua e passiva che ci esclude da un forte protagonismo personale, sociale ed ecclesiale. Si avverte oggi il dovere di mettere il Dio-bambino in condizioni di crescere, di vivere dignitosamente di garantirgli tutti i suoi diritti. Non basta adorare il Dio bambino. Di fronte agli attacchi della cultura contemporanea fatta di furbizie singole o collettive, di tentativi di soppressione da parte dei becchini e dei necrofili di Dio e dell’uomo, occorre difendere la vita di questo Dio bambino che cresce fra noi e in noi: «Alzati, prendi il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, perchè Erode sta cercando il bambino per ucciderlo» (Mt. 2,13). Occorre rispettare il radicalismo evangelico che ci propone eroismi che sembrano disumani, ma occorre anche ricordarci che Dio è stato eliminato dal radicalismo religioso deviato.
Mi sto convincendo che quanto più saremo umani tanto più saremo divini e che il radicalismo cristiano è proposto unicamente per accelerare il processo di identificazione con l’Uomo Gesù, il nuovo Adamo. Siamo poco divini, perchè poco umani, siamo ribelli Figli di Dio perchè non ci pieghiamo ad essere figli d’uomo.
Gesù nasce fuori dal tempio e dal circuito sacrale e diplomatico ed è accolto da quei pastori che costituivano una classe socialmente precaria e religiosamente poco praticante. Non sono i sani e gli autosufficienti che hanno bisogno del medico, ma i malati.
Quattro verbi descrivono questi pastori, primi discepoli: ricevono l’annuncio, si muovono, riconoscono il segno, tornano ad annunciare. Queste sottolineature del testo evangelico non sono coreografiche, ma sostanziali all’annuncio di chi è Dio e di chi è il suo discepolo. Dio, in questa liturgia, ci visita; lacera la tenda che separa il mondo sacro da quello profano; accarezza nella benevolenza i non autosufficienti che attendono di essere umanizzati; chiede di essere adorato nel suo mistero e adottato nei suoi neonati progetti.
Rendiamo grazie a Lui.


[1] Nella Bibbia, Madian è un figlio di Abramo. I suoi discendenti, i Madianiti, colonizzarono il territorio a est del Giordano. Esodo 3,1 afferma che l’apparizione di Dio nel cespuglio ardente sull’Horeb (o monte Sinai) sia accaduta a Madian. Come afferma la Bibbia, negli ultimi anni i Madianiti furono spesso ostili nei confronti degli Israeliti.
[2] Isaia 45,15: “veramente tu (sei) Dio misterioso”. ( El mistatter  אֵל מִסְתַּתֵּר)
[3] Enzo Bianchi in “la Repubblica” del 19 dicembre 2022
[4] E.Peyretti Due sguardi in ROCCA n.22 del 15.11.97 pag. 51.

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