LA CRISI POLITICA OSCURA I 240.000 CHE RISCHIANO IL POSTO. Don Augusto Fontana
(fonte ed elaborazione da Marco Patucchi, La Repubblica, 14 agosto 2019, pag.11)
Francesca Re David guida il sindacato dei metalmeccanici della Fiom e dice: «Da quando è iniziata la crisi di governo è come se operai e immigrati fossero scomparsi. Nessuno parla più delle persone, che siano lavoratori o gente disperata in mare».
Tra esuberi, delocalizzazioni e ammortizzatori sociali scaduti o in scadenza, cosa c’è in ballo?
- i tavoli di crisi aperti al ministero dello Sviluppo Economico sono 158
- i lavoratori coinvolti oltre 240 mila
- le ore di cassa integrazione autorizzate in giugno erano 27,6 milioni aumentate del 42,6% sul 2018.
Molte aziende sono in una specie di limbo perché è vero che il 6 agosto scorso il Consiglio dei ministri aveva sbloccato un pacchetto di milioni di euro, ma il Decreto era stato varato “salvo intese” e quindi non poteva essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ed è quindi congelato in attesa di essere convertito in Legge. Tutte norme, quindi, scritte sull’acqua. Una precarietà assoluta che allontana gli investimenti e le multinazionali. Dice ancora Francesca Re David «Quel decreto oltretutto è solo una goccia nel mare. Va assolutamente confermato e, se possibile, ampliato. Non si parli di ordinaria amministrazione, qualsiasi tipo di governo ci sarà nei prossimi giorni dovrà mettere in sicurezza i lavoratori». Anche Marco Bentivogli, leader della Fim-Cisl lancia un appello dalle pagine de La Stampa: «L’industria italiana rischia davvero il colpo di grazia».
Le emergenze industriali (dietro le quali ci sono volti, persone, famiglie e drammi) si riferiscono a:
- in Sardegna (Portovesme con la ex-Alcoa e Porto Torres La ex-Alcoa (alluminio), ora SiderAlloys con i suoi 700 operai in attesa degli sconti sull’energia e della proroga della cassa in scadenza a fine agosto);
- in Sicilia (Termini Imerese con Blutec in primis. Guidata da un commissario dopo i guai giudiziari della proprietà: 700 operai senza salario da giugno);
- La Embraco di Riva di Chieri (400 operai) in vana attesa, da un anno, della partenza del piano di rilancio dei nuovi proprietari.
- le tutele legali “a scadenza” per i manager di ArcelorMittal che guidano l’Ilva, disinnescando così il rischio di chiusura dell’acciaieria (14 mila dipendenti, di cui 1.400 in cassa, che senza il ripristino dell’immunità penale per i manager, il 6 settembre potrebbe essere abbandonata)
- L’Industria Italiana Autobus che, tra Avellinoe Bologna, occupa 450 persone, e che era in attesa del partner industriale da affiancare a Invitalia
- La Whirlpool di Napoli che continua a puntare alla dismissione della fabbrica di lavatrici (412 dipendenti), nonostante i 17 milioni promessi da Di Maio.
- La Bekaert di Fìgline Valdarno (fili di ferro, 318 addetti) che, dopo la “fuga” della multinazionale belga, ha ottenuto dal governo il ripristino della cassa per cessazione, ma non la proposta di una nuova proprietà.
- La Piaggio Aero (1.000 operai in Cassa integrazione con scadenza a dicembre) guidata da un commissario straordinario e in attesa di contratti da 700 milioni assicurati dal governo.
- la Fca di Pomigliano: per la fabbrica è stata chiesta la cassa integrazione da settembre, ma: il governo non ha ancora dato una risposta.
Cgil, Cisl e Uil scrivono, tra l’altro, in una Nota unitaria: «Occorre che le forze politiche parlamentari pongano al centro gli interessi generali del Paese e del lavoro e non l’interesse particolare di breve respiro».