LA PREGHIERA EUCARISTICA
Goffredo Boselli

La preghiera eucaristica
di Goffredo Boselli[1]
in “Vita Pastorale” del 28 giugno 2022

Aprendo ampiamente i tesori della Bibbia, il Vaticano II ha dato nuova linfa alla liturgia della Parola, che oggi si presenta come la parte più viva e coinvolgente dell’eucaristica domenicale, soprattutto quando le letture sono ben proclamate e l’omelia è degna del suo nome. Come la tavola della parola di Dio anche la tavola eucaristica è stata preparata con maggiore abbondanza: il Messale romano presenta sei nuove preghiere eucaristiche, senza contare quelle per le celebrazioni con i bambini. Se, tuttavia, si confronta la qualità della partecipazione dei fedeli durante la liturgia della Parola con quella durante la preghiera eucaristica si è costretti ad ammettere in questa seconda un notevole calo di interesse e di attenzione. Ma l’anafora è il cuore della liturgia eucaristica, è la grande azione di grazie, la benedizione, l’adorazione, il memoriale, l’intercessione, la dossologia. L’anafora è la sintesi della preghiera cristiana e tuttavia non riesce a coinvolgere e trascinare i fedeli che la vivono perlopiù passivamente, come muti spettatori di un lungo e, il più delle volte, apatico monologo del presbitero. Nell’immediato post Concilio si è capito che dal rinnovamento della preghiera eucaristica passava il rinnovamento di tutta la preghiera liturgica. È stata una stagione tanto feconda quanto controversa per la creazione “selvaggia” di nuove preghiere eucaristiche, di sicuro non tutte mirabili ma alcune, ancora oggi, esemplari per l’ispirazione biblica, la profondità teologica, la qualità letteraria, l’affiato poetico, l’efficacia delle immagini, la freschezza del linguaggio. In particolare quelle dell’olandese Hubb Oosterhuis, del belga Robert Gantoy e del francese Dieudonné Dufraisne. Quella stagione è finita da decenni, ma essa richiama ancora oggi la Chiesa al dovere di fare della preghiera eucaristica il cuore e l’anima dell’eucaristia.

Occorre avere il coraggio di ripensare a fondo la forma di monologo, affidato a chi presiede, che l’anafora ha da secoli. L’assemblea deve essere coinvolta con acclamazioni in canto, parti recitate in comune e una più ricca gestualità del corpo. Bisogna rendere vivo, espressivo ed eloquente un testo che ora passa sopra le teste e non tocca i cuori. Rendere grazie a Dio è un’attitudine talmente fondamentale del credente che la Chiesa non può chiudere gli occhi di fronte all’attuale estraneità dei fedeli all’anafora, alla sua incapacità di coinvolgimento generato dalla monotonia del linguaggio, dalla ripetitività di formule dottrinalmente esatte ma incapaci di porre sulle labbra dei fedeli parole eloquenti e coinvolgenti. L’ora è venuta per riavviare un serio lavoro di ricerca nell’ambito della teologia eucaristica applicata alla celebrazione. E, al tempo stesso, di dare ad alcune e scelte comunità la possibilità di adattare le preghiere eucaristiche del Messale e di comporne nuove sotto la guida di persone preparate biblicamente e teologicamente, che abbiano il senso della preghiera liturgica. Serve coraggio per osare, ricercare, sperimentare anche a rischio di sbagliare.
(boselli.goffredo@gmail.com)


[1] monaco e liturgista. Dottore in teologia a l’Institut Catholique di Parigi.

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