ORIGINI DELLA FESTA DEL CORPUS DOMINI.

ORIGINI DELLA FESTA DEL CORPUS DOMINI.
don Maurizio Ceriani
Da Il Popolo settimanale della diocesi di Tortona del 22 giugno 2006

La festa del Corpus Domini è stata estesa alla chiesa universale da Papa Urbano IV, l’ 11 agosto 1264, con la Bolla “Transiturus”. Il Papa incaricò San Tommaso d’Aquino di comporre i testi liturgici della nuova festa e promulgò la Bolla da Orvieto, ove risiedeva e dove, l’anno precedente, aveva accolto il lino che, si diceva, fosse intriso del sangue miracolosamente sgorgato dall’ostia consacrata, durante una celebrazione eucaristica nella chiesa di Santa Cristina di Bolsena. Comunemente si afferma che fu il miracolo eucaristico di Bolsena ad indurre Urbano IV ad istituire la festa del Corpus Domini. Ma a monte di questa celebrazione liturgica c’è la determinazione di tre donne del medioevo. Urbano IV (Giacomo Pantaléon) era un francese, nativo di Troyes. Per lunghi anni, prima della sua elezione al soglio pontificio avvenuta nel 1261, era stato arcidiacono della cattedrale di Liegi in Belgio. In questa veste conobbe e apprezzò Giuliana di Mont Cornillon, l’eremita Eva di Liegi e la beghina Isabella. Tre donne tenaci dalla cui alleanza spirituale nacque una nuova sensibilità verso l’eucaristia nella Chiesa del 13° secolo, percorsa dal rifiorire delle idee eterodosse di Berengario di Tours e dalla eresia albigese. Berengario, morto nel 1088, aveva insegnato sulla scorta di Scoto Eriugena che la trasformazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo durante la messa era da intendersi in senso simbolico. Le sue teorie, erano vive più che mai, nonostante la definizione dogmatica della transustanziazione al Concilio Lateranense IV nel 1215, cioè della reale trasformazione della sostanza del pane e del vino in quella del Corpo e Sangue del Signore. Gli Albigesi o Catari, riprendendo le teorie dei Manichei persiani passate in occidente attraverso i Bogomili bulgari e diffuse rapidamente nell’Italia settentrionale e nella Francia, vedevano la storia come il teatro della guerra eterna tra il Bene e il Male, alla cui origine stavano due principi divini eterni. La materia era considerata come l’opera del principio perverso; di conseguenza l’Incarnazione e i Sacramenti, Eucaristia in primis, altro non erano che inganni diabolici. Il Cristianesimo ne usciva sovvertito nel suo cuore stesso. Contemporaneamente però un movimento di radicamento della spiritualità eucaristica nel popolo cristiano prendeva vita nelle Fiandre e velocemente si diffondeva in Francia e in Germania.  Giuliana entrò tra le monache cistercensi di Mont Cornillon nel 1207 a quindici anni di età. Fu presto privilegiata da fenomeni mistici. Verso i diciott’anni ebbe la sua prima visione; in seguito ne ebbe molte altre. Per diverse volte al momento della preghiera le apparve il globo della Luna attraversata da una misteriosa striscia buia; dopo due anni le fu rivelato il senso simbolico della visione: la “luna incompleta” raffigurava la liturgia, al cui pieno splendore mancava l’essenziale: una festa che onorasse il Corpo di Cristo sacrificato per l’umanità. Bisognava istituirla per tre ragioni: “Perché la fede diminuisce; perché gli uomini che cercano la verità ne siano istruiti e attingano forze nuove a questa sorgente di vita; perché l’irriverenza e l’empietà contro questo sacramento siano riparate”.
Per vent’anni Giuliana tenne per sé questa visione, e infine la confidò solo all’eremita Eva e alla beghina Isabella, infermiera dei lebbrosi. Un’alleanza a tre, che riassume la spiritualità della vita religiosa femminile dell’epoca: vita comune in preghiera, penitenza eremitica, carità nel servizio di malati e pellegrini. Un’alleanza a tre per dare forma precisa a una religiosità eucaristica già ben presente in Liegi, nelle comunità religiose, nella predicazione e negli scritti di sacerdoti famosi, a cominciare dal X secolo con Raterio, futuro vescovo di Verona.
Le tre donne iniziano la loro “battaglia” per l’istituzione della festa eucaristica coinvolgendo sacerdoti, monaci, comunità religiose, parrocchie. Vengono a parlare con Giuliana i vescovi di Cambrai e di Liegi. A quest’ultimo, Roberto di Thourotte, lei chiede di istituire subito in diocesi quella festa, che si chiamerà del Corpus Domini. Molti però sono contrari, il vescovo esita. Allora Giuliana, che nel frattempo era diventata badessa, ruppe ogni indugio; con l’incoraggiamento di un canonico di S. Martino di Liegi, del teologo Giovanni da Losanna, profondamente convinto della verità delle sue rivelazioni, fece comporre i testi liturgici per la festa del Corpus Domini e ne promosse la diffusione. I testi per la nuova celebrazione, che saranno chiamati “Animarum cibus” per via delle parole latine con cui iniziano, appassionano molti fedeli e sacerdoti, tra cui l’Arcidiacono della cattedrale di Liegi, Giacomo Pantaléon (il futuro Urbano IV) che diventerà subito uno strenuo promotore dell’iniziativa di Giuliana.
Forzato dagli eventi e dalla determinazione di Giuliana, Eva e Isabella, il 1246 il vescovo di Liegi istituì la festa diocesana del Corpus Domini. Giuliana lasciò la carica di badessa nel 1248 per ritirarsi nella clausura di Fosses, presso Namur, dove morì dieci anni dopo, consolata dalla notizia che la festa del Corpus Domini si era estesa anche alla Renania, al Palatinato e alla Baviera per l’intervento del legato papale per la Germania Ugo da San Caro, cardinale di Santa Sabina. Ugo da San Caro, già priore e provinciale dei Frati Domenicani, era stato fra quelli che, consultati da Giovanni di Losanna, ne avevano favorito il progetto. Il 29 dicembre 1253 confermò il decreto del vescovo di Liegi e lo estese a tutte le terre di sua giurisdizione, concedendo una indulgenza di cento giorni a tutti coloro che, contriti e confessati, avessero visitato devotamente le chiese in cui si celebrava l’Ufficio della festa, il giorno stesso oppure durante l’Ottava.
Giuliana non riuscì a vedere, invece, il compimento del suo sogno nel 1264, grazie al Papa che da giovane la conobbe e la apprezzò in terra belga e che fu membro della commissione diocesana che esaminò e approvò il contenuto delle sue visioni. Vi assistette invece Eva dal suo eremo presso la chiesa di San Martino a Liegi. Quando, il 29 agosto 1261, Giacomo Pantaléon divenne Papa, Eva vide l’atteso segno della Provvidenza e tanto insistette che il nuovo vescovo di Liegi, Enrico di Gueldre, dovette scrivere all’eletto Papa per congratularsi con lui e per pregarlo di confermare con la sua sovrana approvazione la festa del Corpus Domini. Proprio a Eva di Liegi lo stesso Urbano IV inviò una bolla in data 8 settembre 1264 per informarla dell’istituzione della festa del Corpus Domini per la Chiesa universale.
Alla Reclusa di San Martino il Papa chiedeva di diffondere il nuovo ufficio della celebrazione, in sostituzione dell’ “Animarum cibus” modellato sull’antica liturgia gallicana di Francia. Da questo documento sappiamo inoltre che Urbano IV celebrò in Orvieto per la prima volta tra l’11 agosto e l’8 settembre 1264 la liturgia del Corpus Domini secondo l’ufficiatura composta da San Tommaso d’Aquino. Sia Giuliana di Mont Cornillon che Eva di Liegi furono subito venerate come Sante; il loro culto fu approvato nel 1902 con il titolo di Beate. Anche la beghina Isabella ebbe un culto locale che si fuse presto con quello della coeva Isabella di Francia, sorella di San Luigi IX, Beata che sta all’origine del ramo delle Clarisse chiamate “Urbaniste”, perché adottarono una regola mitigata rispetto a quella di Santa Chiara, stesa dalla stessa Isabella e approvata nel 1263 da Urbano IV».
Ebbene, «il motivo apologetico che de­terminò il sorgere della festa ne ha costitui­to anche il limite del contenuto: l’attenzione alla presenza reale considerata in modo trop­po indipendente dal mistero eucaristico tota­le» (A. Bergamini, Cristo festa della Chiesa).
Questo limite è stato, almeno nell’inten­zione, superato dalla riforma liturgica pro­mossa dal concilio Vaticano II mediante il cambiamento della denominazione (Solennità del Corpo e Sangue del Signore) e l’arric­chimento del numero delle Preghiere Eucaristiche e dei testi biblici. Il risultato è che oggi la festa del corpo e san­gue di Cristo non è più la festa della presen­za reale, ma del mistero eucaristico nei suoi vari aspetti. La solennità del corpo e sangue di Cristo, pertanto, può essere un’occasione unica, dal punto di vista pastorale, per pro­porre una catechesi organica del mistero del­l’eucaristia.

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