Riders in Europa. Si cambia?
Avvenire

Più regole sui contratti dei rider: c’è l’intesa tra i governi dell’Ue.

Giovanni Maria Del Re (AVVENIRE 13/06/2023)

 Il punto essenziale dell’accordo è la giusta classificazione dei lavoratori in base a criteri comuni. Al momento 5,5 milioni sono inquadrati come “autonomi”, anche se in molti sono trattati a tutti gli effetti come dipendenti

Accordo fatto tra gli Stati membri per regolare il settore dei cosiddetti “rider”, i lavoratori delle piattaforme digitali, la “Gig Economy”, da Deliveroo a Uber, da MyMenu a Glovo. Un accordo arrivato ieri a Lussemburgo, nel quadro del Consiglio dei ministri Ue per gli Affari sociali, che giunge dopo quello raggiunto a febbraio dal Parlamento Europeo, l’altra istituzione legiferante. Nel dicembre 2022 era fallito un precedente tentativo di accordo tra i Ventisette. Ieri i ministri hanno superato le divergenze – in realtà non del tutto, visto che se si sono astenuti cinque Stati membri (Germania, Spagna, Grecia, Estonia e Lettonia), visti i perduranti dubbi di un impatto troppo pesante sulle società del settore –, ora potrà iniziare il negoziato interistituzionale (trilogo) per l’approvazione definitiva. La base è il testo presentato dalla Commissione Europea il 9 dicembre 2021, con l’idea di porre fine al far west che vige in un settore che genera introiti schizzati dai 3 miliardi di euro del 2016 ai 14 miliardi del 2020, per un totale previsto di addetti di 48 milioni di addetti nel 2025. « La Gig Economy – ha dichiarato, per la presidenza di turno Ue, la ministra svedese per la Parità dei sessi e la vita lavorativa Paulina Brandberg – ha portato molti benefici alle nostre vite, ma questo non deve andare a spese dei diritti dei lavoratori». L’accordo, ha aggiunto, «trova un buon equilibrio tra la protezione dei lavoratori e la certezza giuridica per le piattaforme che danno loro lavoro». Il punto essenziale è anzitutto la giusta classificazione dei lavoratori. Secondo la Commissione, al momento 5,5 milioni di lavoratori del settore sono classificati come “autonomi” con partita Iva. Moltissimi di loro, però, in realtà sono trattati a tutti gli effetti come dipendenti, in quanto, sottolinea una nota del Consiglio dei ministri Ue, «devono rispettare le stesse regole dei lavoratori dipendenti». Questo, si legge ancora, «indica che vi è di fatto una relazione di lavoro dipendente, e dunque devono godere degli stessi diritti e della stessa protezione sociale concessa ai dipendenti nel quadro della normativa nazionale e Ue», ad esempio ferie pagate, contrattazione collettiva, salario minimo o una liquidazione. Per dare certezza giuridica, la Commissione aveva indicato cinque criteri di cui due dovevano esser soddisfatti per affermare che in realtà vi è un rapporto di lavoro dipendente. Gli Stati membri hanno aumentato i criteri a sette, con un minimo di tre per stabilire il rapporto di dipendenza. Tra questi, un tetto massimo agli introiti che può ricevere un rider, restrizioni sulle possibilità di rifiutare un incarico, regole sull’abbigliamento e un codice di condotta. L’accordo degli Stati membri ha confermato una novità che aveva già introdotto il testo del Parlamento Europeo: il ribaltamento dell’onere della prova. E cioè, si legge nel comunicato del Consiglio Ue, «nel caso si applichi la presunzione di rapporto dipendente, starà alla piattaforma digitale dimostrare che invece tale rapporto non sussiste». Una norma che ha suscitato critiche da varie aziende del comparto. Sul testo del Parlamento Europeo, per la cronaca, si erano spaccati i partiti di governo: FdI e Lega a favore, mentre Forza Italia aveva votato contro. Tra gli altri punti, da segnalare la richiesta di maggiore trasparenza nell’uso degli algoritmi utilizzati per la gestione delle risorse umane. Al momento, afferma il Consiglio Ue, «i lavoratori delle piattaforme si trovano confrontati con mancanza di trasparenza su come vengono prese le decisioni e come sono utilizzati i dati personali». L’Ue, invece, si legge nella nota, « vuole assicurare che i lavoratori siano informati sull’utilizzo del monitoraggio automatico e dei sistemi decisionali». Nel testo si richiede che «tali sistemi siano monitorati da personale qualificato, che gode di una protezione speciale da trattamenti ostili. La supervisione umana è richiesta anche per alcune decisioni significative come le sospensioni degli account ».

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