Luca procede narrando una liturgia di gesti, di rivelazioni, di riti, di silenzi, di canti. I cinque sensi del nostro corpo sono coinvolti nella meditazione e nella celebrazione di questo evento. Qui incomincia la sinfonia dei sensi a dirci che il mistero di Dio viene raccolto da noi, uomini e donne concrete, che hanno dei recettori sensibili e delle porte aperte sull’infinito. Perché i nostri sensi, la nostra materia è così: porta aperta sul mistero.
Liturgia
Ultima domenica di Avvento, a ridosso della Festa dell’Incarnazione. Tempi di affollamento dei supermarket e dei nuovi santuari delle cose. Tempi di lockdown vuoti di mistero e di rapporti. Oggi le chiese hanno più banchi vuoti, le case odorano di fritture. E il Signore parla ugualmente a chi lo vorrà ascoltare in una piccola tenda o in un piccolo villaggio del cuore.
Un’antica tradizione francese provenzale pone in ogni presepe, tra le statuine, quel personaggio che si chiama IL MERAVIGLIATO: egli non fa altro che allargare le braccia e spalancare gli occhioni su quel bambino. Arriva davanti a Gesù con le mani vuote; si dice che gli altri lo rimproverino, ma Maria gli dice: «Non ascoltarli. Tu sei stato messo sulla terra per meravigliarti. Il mondo sarà meraviglioso, finché ci saranno persone come te, capaci di meravigliarsi».
Scelti in Cristo per essere santi e immacolati nella carità (Efesini 1).Oggi è festa di Gesù, santo, immacolato nella carità, figlio di Dio fin da prima della creazione del mondo. Ugo di San Vittore si esprime così: “Tutta la divina Scrittura costituisce un unico libro e quest’unico libro è Cristo, parla di Cristo e trova in Cristo il suo compimento” (De arca Noe, 2, 8). Noi oggi, come scriveva l’evangelista Giovanni (1,14), contempliamo “la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità”. Noi oggi celebriamo la nostra liturgia con Gesù, uomo come noi “escluso il peccato”(Eb 4,15-16). Sì, il mio occhio si ferma su Gesù, concepito uomo immacolato, figlio santo, fratello giusto.
I gufi sono solenni, regali, ma sono bestiacce della notte, delle macerie e dei paesaggi desolati. Come gli avvoltoi che planano su carogne. Lo confesso: non amo una chiesa lagnosa che piange sul proprio ombelico purulento né quella che gufa su problemi e moralizza su disgrazie, tuona da balconi o da pulpiti su cuori già devastati e gambe infiacchite e piedi sanguinanti. Preferisco i galli, anche quelli che svegliando l’aurora mi ricordano il mio tradimento notturno. Tento di osare l’Avvento, come posso. Perché l’Avvento è il mio gallo mattutino. Che infastidisce i miei sogni delusi, ma mi apre il giorno. A volte i profeti hanno la voce monotona del gufo che annuncia sventure o il grido stridulo dell’avvoltoio. Fanno il loro compito pure così. E incutono inquietudine. Ma anche di inquietudine vive l’uomo. Ne abbiamo bisogno dentro le nostre quiete abitudini che nutrono cancri silenti e che, prima o poi, diventeranno metastasi invasive. Dacci oggi, Signore, la tua inquietudine quotidiana.
Oggi c’è chi nutre ancora attese significative di giustizia e santità ma, a causa della dilazione e dei ritardi, rischia di entrare nella massa di chi non attende più nulla. E mi scopro fra questi. Ci occorre un supplemento di pazienza attiva, di resistenza. C’è un’inquietudine della coscienza che è indizio di sensibilità, di vita, di fede. Con lo scrittore francese Julien Green potremmo dire “Quando si è inquieti si può stare tranquilli”. Non nutriamo più alcuna attesa significativa, soprattutto noi vecchi. Abbiamo gli occhi disillusi rivolti in basso. Ma ce n’è anche per i più giovani: benessere, distrazioni, banalità e superficialità sono come una rete che imprigionano il cervello.
Papa Francesco ha scritto: «“Tendi la tua mano al povero” (cfr Sir 7,32). La sapienza antica ha posto queste parole come un codice sacro da seguire nella vita. Esse risuonano oggi con tutta la loro carica di significato per aiutare anche noi a concentrare lo sguardo sull’essenziale e superare le barriere dell’indifferenza. La povertà assume sempre volti diversi, che richiedono attenzione ad ogni condizione particolare: in ognuna di queste possiamo incontrare il Signore Gesù, che ha rivelato di essere presente nei suoi fratelli più deboli (cfr Mt 25,40)