Se “baptizô” significa “immergere, sommergere”, allora il vero Battesimo Gesù lo ha compiuto nei tre giorni della sua Pasqua: morte sepoltura e risurrezione. Lì ha compiuto la sua discesa-immersione-uscita. Più che di un rito si è trattato di una trasfigurazione della vita, di una immersione nel Padre.
Liturgia
Dissi: i magi non erano re e non erano tre; e non avevano offerto né oro, né incenso, né mirra. Fu così che, da quella omelia, alcuni parrocchiani si defilarono per sempre. Chi osa toccare la leggenda, muore. La leggenda coccola gli appetiti fantastici, la profezia li turba.
Quando nella Liturgia il presbitero “benedice” il popolo, non duplica, non moltiplica, ma invita a fare memoria dell’unica, originaria e irrevocabile benedizione della Creazione e del Battesimo. Semmai è come se dicesse «Dio ci ha benedetti una volta per tutte in Cristo. Ora andiamo e viviamo da benedetti».
Angeli o non angeli, comunque loquaci presenze movimentano la nascita e la resurrezione del Signore. Sulla loro bocca (o sullo stilo dell’evangelista narratore) sfugge un invito: «Non temete».
Sulla soglia della Festa dell’Incarnazione io e te ascoltiamo un TU!, rivolto proprio a me e te. Non ci sono alibi, sembra dirci la liturgia di domenica.
La logica mondana del pessimismo, della rassegnazione e del malcontento spesso mi fa accodare alle varie cassandre di turno per cui non so di fatto trovare e mostrare vie d’uscita, alternative al tono grigio e tragico della mia rassegna-stampa quotidiana, alle ombre cupe che mi si allungano sul cuore per la vecchiaia e la malattia. I tempi del profeta Sofonia non erano migliori dei miei…
Siamo invitati, oggi, a recarci sulle alture delle nostre rassegnazioni, stanchezze, delusioni, diagnosi realistiche da cui non vediamo nulla di nuovo nè prospettive ragionevoli di miglioramento. L’uomo della speranza, guardando in direzione di Dio, non si limita a fare l’inventario delle cose che vede, ma riesce a chiamare le cose che ancora non esistono come se già esistessero. Quando scoppia una gemma si alza una speranza. Una gemma sola turba l’equilibrio di una foresta. Se c’è una novità che entra, tutta la foresta deve allargarsi per farle posto.
Domenica 28 novembre, prima domenica di Avvento, per noi cristiani inizia un Nuovo Anno in cui ci farà compagnia l’evangelista Luca. «Buon Anno!» dunque, guardando alla nostra storia.
L’ultima Domenica dell’Anno liturgico ha tutte le connotazioni della festa di Pasqua. La festa, di fatto, celebra in sintesi tutto il mistero di Cristo nel tempo. La festa fu istituita da Pio XI nel 1925 per reagire al laicismo: se Cristo è Re, vuol dire che la chiesa è Regina! Ciò è avvenuto sia in epoche di clericalismo e sia in epoca laicista quando la Chiesa rivendicò leadership per il traino di legislazioni a favore delle proprie strutture e per la salvaguardia di valori ritenuti irrinunciabili. E’ anche vero che con il franare del regime di cristianità, la società rischia di mettere in causa una giusta concezione della regalità di Cristo relegandola al puro ambito dello spirito e delle sacrestie, ma ciò non giustifica nostalgie bigotte ed integraliste; semmai spinge i cristiani ad inventare nuove forme dolci e convincenti di presenza nella convivenza sociale evitando forme di massoneria o di lobby cattoliche.
E’ inutile gonfiare i pettorali per far paura al nostro pianeta. Siamo un’inezia nel cosmo, a rischio di apocalisse: «Signore, che cos’è un uomo perché te ne curi? L’uomo è come un soffio, i suoi giorni come ombra che passa» (Salmo 143, 3-4). I testi biblici di oggi (Daniele 12 1-3; Marco 13, 24-32) abbondano di visioni apocalittiche che solleticano paure e sollecitano sapienze.