O Padre, che nella Pasqua domenicale ci chiami a condividere il pane vivo disceso dal cielo, aiutaci a spezzare nella carità di Cristo anche il pane terreno, perché sia saziata ogni fame del corpo e dello spirito.
Autore: Augusto Fontana
«In sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra, ma nel settimo giorno ha cessato e ha ripreso fiato» (Esodo 31,17). Prendere fiato, respirare profondo: non è un’oziosa eccezione per borghesi, ma vocazione universale per creature interpellate dal Qoelet: «Quale utilità ricava l’uomo da tutto l’affanno per cui fatica sotto il sole?».
Il Regno di Dio non è una partita di Champions League, pochi campioni che giocano incitati dal tifo di molti. Chi lo vuol seguire non può stare in panchina. Tutti ad evangelizzare. E senza attrezzi o, meglio, con quei soli attrezzi compatibili con il suo, una croce.
I simboli della Chiesa cristiana sono sempre stati il leone, l’agnello, la colomba, il pesce, ma mai il camaleonte.
I miracoli sono insufficienti a condurre alla fede, sono inaffidabili. Il vento che scuote, il sisma che abbatte, il fuoco che ustiona, il cieco che vede, il pane che si duplica, l’acqua che è vino, la mummia che si rianima sono SEGNI, come dice l’evangelista Giovanni. Ma solo la croce è, come direbbe Lévinas, voix de fin silence, voce di sottile silenzio.