La porta è strettissima per chi si vuol salvare con le opere religiose. Per essa invece passano tutti i poveri, gli storpi, i ciechi, gli zoppi. Unico biglietto di ingresso è riconoscere di “aver bisogno”. Resta fuori solo chi “sta bene”.
Liturgia
«Ipocriti! Sapete riconoscere i segni atmosferici per comportarvi di conseguenza e non sapete riconoscere i tempi provvidenziali di Dio».
Molti di noi forse possono raccontare di persone che hanno vissuto esperienza di vita terribili restando credenti e fedeli, oranti, resistenti e pieni di speranza avendo trovato in Gesù il piolo dove attaccare la propria vita stracciata.
«Anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni… Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio»
Nel culto cristiano esistono 2 brevissime preghiere: una consiste nel dire “Padre” e l’altra consiste nel dire “Amen”. Nessuno dica più che “non ha tempo di pregare!”.
Dobbiamo essere dei contempl-attivi, con due t, cioè della gente che parte dalla contemplazione e poi lascia sfociare il suo dinamismo, il suo impegno nell’azione. Alzarsi da tavola come ha fatto Gesù significa che non si può star lì a fare la siesta; che non è giusto consumare il tempo in certi narcisismi spirituali che qualche volta ci attanagliano anche nelle nostre assemblee.
Per arrivare non solo a “sentire compassione”, ma a “fare la compassione” (S.Gerolamo traduce “fecit misericordiam” = fece la compassione).
La Pasqua settimanale non va in ferie né pare che dia tregua al rilassamento organico estivo: «Pregate…andate».
Il pane che manca urla più forte dei nostri devoti canti e delle nostre annoiate processioni.


