La trasfigurazione non è un prodigio; è lo svelamento di una realtà permanente alla quale avevamo dedicato, fino a quel momento, sguardi assonnati e increduli. Per manifestarsi, Dio non ha più bisogno di lampi e tuoni; gli basta un poveraccio, un decaduto dalla nostra stima o che ha perso la sua veste regale, un umiliato privato della veste sacerdotale della sua dignità, uno sfigurato dagli schiaffi della vita, della malattia, della vecchiaia e dei prepotenti.
Liturgia
Per la Bibbia il diavolo non è il contrario di Dio, ma la caricatura di Dio, il surrogato di Dio. E’ l’idolo che prende il posto di Dio facendosi credere Dio. E non viene mai a mani vuote: ha sempre qualcosa da promettere.
Siamo veramente aperti alle categorie dell’altro? Siamo critici sulla nostra fede oltre che su quella degli altri? Individuo quella situazione di lavoro, famiglia o gruppo in cui cerco solo la paglia nell’occhio altrui o non instauro un “colloquio dialogante”?
Anche chi si ritira nell’eremo rischia di contribuire alla violenza collettiva se si sottrae allo sforzo comune di coloro che vogliono una società non violenta.
Davanti alle Beatitudini mi prende questo godimento estetico, come davanti ad un Mistero che mi attrae. Ma insieme alla adesione emotiva arriva anche l’opaca malinconia di chi sa di essere dotato di ali ma non può volare a causa di un corpo appesantito dal becchime garantito. Come le galline.
Pare che Dio abbia bisogno di soci nella Rivelazione e nella realizzazione del suo regno. Oggi si è affievolita la cultura della partecipazione e della militanza ed è cresciuta piuttosto la cultura dell’utenza: la società è divenuta una catena di sportelli erogatori di servizi dovuti (compresi quelli religiosi).
Una vera Liturgia. E io dove sono? Seduto in platea a guardare stancamente una commedia già vista o a stupirmi delle cose che accadono o che vengono dette?
La fedeltà di Gesù al Rotolo della Torah (“come era solito”), svela la paradossale indifferenza dei cristiani alla assiduità della celebrazione-custodia-pratica della Parola.
Con la liturgia di oggi sfumano le Epifanie del Signore, quelle accadute tutte fuori dal Tempio: in una grotta di campagna tra i poveri del suo popolo; in una casa di villaggio tra pellegrini pagani; sulle rive di un fiume tra peccatori vogliosi di disintossicarsi; ora in un pranzo di nozze tra sposi, servi e discepoli attoniti. Queste Epifanie noi le celebriamo nel Tempio, ma non ci rassegniamo a doverle trovare solo lì.
Se “baptizô” significa “immergere, sommergere”, allora il vero Battesimo Gesù lo ha compiuto nei tre giorni della sua Pasqua: morte sepoltura e risurrezione. Lì ha compiuto la sua discesa-immersione-uscita. Più che di un rito si è trattato di una trasfigurazione della vita.